letterina 20120818

Messa, messe e due paroline...

In alcune messe di giorni feriali ci si sorprende per la numerosa partecipazione. E qualcuno commenta dicendo: era la messa del tale... che ha molti parenti.
A parte che la messa non è mai del tale o della tale, ma è il grazie di Cristo al Padre, nel quale poi chiediamo un aiuto nella preghiera anche per i defunti (e qui troviamo il senso delle norme diocesane su “i
nomi nella messa”), ma mi domando: ci si muove per ricordare un “morto”, ma ci rendiamo conto che la messa è la festa del Risorto (cioè di un “vivo”?)
Come troviamo il tempo per andare, in un giorno feriale, perché c’è la messa del papà, della zia, del nonno, dell’amico...morti, non possiamo trovarlo per celebrare un Dio vivo?
Non dico di non partecipare alle messe per il caro estinto, ma di partecipare anche alle altre. Cioè: il richiamo di un vivo -il Cristo- dovrebbe essere più forte del richiamo di un morto.
So che qualcuno potrebbe dire: faccio già fatica ad andare la Domenica, figuriamoci nei giorni feriali… Ma la sfida è proprio qui: renderci conto che c’è una Parola e un Pane che non attendono la “festa comandata” per essere accolti, ma ci vengono offerti ogni giorno, sia che la messa abbia l’intenzione per un defunto con tanti o pochi familiari, sia che non l’abbia.
Come ci “portiamo avanti” per avere la messa il tal giorno per i nostri cari, perché non potremmo “portarci avanti” con una presenza anche nei giorni feriali?

 

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letterina 20120810

Abbiamo giocato nella stessa strada

E’ così che si diventa davvero fratelli a Crabas, che venire dalla stessa madre non ha mai reso parenti neanche i gatti. Benedetto sempre sia il rispetto per la carne della nostra carne, ma la strada e l’averci giocato insieme offre ai bambini una più alta dimensione di parentela, che nemmeno da adulti sarà mai dimenticata. Non c’è niente di intuitivo nella generazione: il sangue segue percorsi torbidi e per questo nessun ragazzino crede davvero che basti condividere il cognome di un padre per rivendicarsi seme comune.
Come si è nati è una di quelle cose che bisogna farsi spiegare più volte, e dev’essere per questo che dopo, per tutta la loro vita, molti adulti cercano di liberarsi dalle parentele casuali affermandone altre decise da sé con puri atti di volontà. Testimoni di matrimonio vengono assunti come fratelli. Padrini e madrine dei proprio figli vengono eletti a parenti d’occasione. Compari e comari nascono all’inizio di ogni estate durante la notte di San Giovanni, quando l’intera isola scintilla dei fuochi da saltare insieme mano nella mano per conquistare una fratellanza che non sia in debito con alcuna madre.
Alberi genealogici spuntano di continuo dal fuoco, dal vino, dalla colpa e dall’acqua santa. Eppure neanche quei rituali millenari vincolano la memoria del cuore quanto il gioco dei bambini celebrato insieme per strada. Non c’è stato di famiglia che possa vincere la battaglia contro i pomeriggi di sole estivo in cui si è riusciti a infilare il primo pallone in porta tra le grida dei compagni, o liberato insieme una libellula gigante entrata per sbaglio in un retino per farfalle. Cosa può il richiamo del proprio sangue contro la consapevolezza di essere stati la causa involontaria del primo sangue sgorgato dal ginocchio di un amico? Nessun Natale trascorso in famiglia compete dentro all’anima con il vento in faccia di certe discese in bicicletta senza mani, col riflesso della treccia scura che dondola sulla schiena della bambina più bella o con la rovente vergogna di un giornale per grandi trovato tra gli sterpi e sfogliato in silenzio, attoniti.
In quelle verginità perdute c’è il segreto patto dei veri complici, il potere normativo delle prime consapevolezze comuni, contro le quali non esiste famiglia che possa pretendere maggiori diritti. Così li senti davvero certi adulti nei bar, uomini fatti e disfatti mille volte dalla vita, vantarsi ancora tra di loro dei legami nella strada dell’infanzia – abbiamo fatto il gioco insieme – come di un parto condiviso. 

Per una lettura sotto l’ombrellone. Michela Murgia: L’incontro

 

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Assunta 2012

Cartoline 2012

5 Porte

Cinque porte

 

Cinque soglie per accostarsi in punta di piedi all'anno della fede;
per tentare di rileggerlo a partire da un punto di vista più "profano".

 

Cinque tappe che si snodano all'interno della Chiesa di Palazzago
per profumare le giornate di una Comunità in Festa.

 

Cinque feritoie per svelare il mistero del "Sacro"
celato nella semplicità del quotidiano.

 

Spazi di un passaggio, a volte stretti: Porte.

 

Cinque Porte.

 

Apputamenti Estivi 2012

letterina 20120728

Quanto? Quanti?

Caro don Giuseppe
aprendo la busta del Cre mi è venuto in mente che, almeno nei soldi, uno studente è un po’ come una Parrocchia: si spende molto per mantenerlo, eppure questo ne ha sempre bisogno.
Eccoti allora mezzo del mio “gaudio”, per curare il “mal comune”.
Grazie lo stesso.


Un biglietto così va conosciuto, non tanto per la quota che è stata resa, ma perché rivela un sentire “da grande”. E, permettete, è un po’ di luce anche per gli animatori più giovani che, normalmente, guardano immediatamente a “quanto ?”.
Al termine del Cre, il grazie agli animatori vien significato da uno scritto con un “presente” (che ogni anno varia a seconda del tema) e una mancia. Tutto questo si aggiunge a ciò che viene già messo in cantiere per ciascuno: i costi della formazione, della due giorni in montagna, della maglietta, della mensa, delle piscine, delle gite, dei trasporti, della serata con gli animatori della bergamasca... del fegato che si deve mangiare con alcuni. Alla fine è bello se qualcuno dice grazie. L’ultimo giorno, dopo aver distribuito i presenti, un animatore si avvicina, toglie dalla busta il foglietto del grazie dicendo:” basta questo” e mi consegna i soldi che c’erano dentro. Dico di no, che è giusto che anche lui tenga la mancia...ma niente. Lo stesso giorno, un altro animatore, alla prima esperienza, si lamenta per aver ricevuto poco, confrontandosi con una animatrice di 20 anni che ha ricevuto di più (lui dice perché sta simpatica). Anche qui è necessario riflettere. Per un mese ha dato filo da torcere: richiami, sospensione, nuove possibilità concesse, condivisioni con l’equipe del Cre per vedere il da farsi salvaguardando fiducia nei suoi confronti, comprensione per i genitori, ma anche desiderio di far capire le cose all’interessato. E, alla fine, lui si paragona ad una che ha sgobbato da matti. Poi, il sabato, ritirando la posta, trovo il biglietto di cui sopra. Davvero qualcuno sta camminando. E allora non mi “spaventa” neppure l’animatore alla prima esperienza… Avrà bisogno di altri Cre. Quanti?

 

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letterina 20120804

Intorno al perdono (anche d'Assisi)

Una società che non conosce Dio ha smesso di elaborare il tema del peccato e di riflettere sul suo significato. Una società laica e agnostica tende, nella migliore delle ipotesi, a tradurre il peccato con tutto ciò che va contro la legge; rompere le regole del patto sociale, danneggiare oppure ledere i diritti degli altri: questa ad esempio potrebbe essere la traduzione moderna del termine peccato. Eppure “peccato” non è solo “andare contro la legge”. Il peccato ha una sua natura e una sua connotazione decisamente più morale che giuridica, nel senso che un peccato è sempre anche un atto contro di sé, contro la propria integrità, un mancare alla propria autenticità. L’offeso non subisce il peccato di un altro, l’azione di cui è vittima ha una sua oggettività, quella che si valuta nella colpa. Perciò per la sua natura intima e intrinseca un peccato non può esaurirsi nella colpa. Infatti se la pena estingue la colpa, la stessa pena non può estinguere il peccato. Perché il peccato possa essere estinto c’è bisogno del perdono. L’importanza del perdono infatti non sta nel cancellare il peccato e neppure nel rimuoverlo. Esso non ha l’effetto di lavare o di smacchiare. Ormai lo sbaglio è stato commesso ed esso, in sé, rimane irreparabile.
Nessuna pena può bastare. L’importanza di questo gesto sta allora nel fatto che ci giustifica.
Perdono vuol dire che qualcuno capisce il nostro limite e ci comprende; qualcuno ci ama nel nostro limite. In tal modo il limite cessa di spaventarci. Non lo sentiamo come un ostacolo che ci impedisce di vivere il mondo. Noi abbiamo bisogno di questo per i nostri peccati. Il perdono integra la parte scissa, non afferma né nega, nel senso che non emette giudizi, in conformità con quanto dice il Signore: “Non sono venuto per condannare il mondo” (Gv 12,47). Questo è semmai il compito della legge. Siamo stati perdonati vuol dire che siamo stati capiti, vuol dire che andiamo bene così. Noi stessi ci guardiamo con meno sospetto, diventa tutto più tollerabile perché qualcuno ci ha amati. Qualcuno che viene a cercare chi ha offeso, che viene a medicare le sue ferite dell’anima, perché anch’egli, come chi è stato offeso, ha bisogno di un lenimento, di un balsamo perché non si irrigidisca, non divenga sospettoso di sé, non si chiuda nell’ombra e alla bellezza del mondo. Noi abbiamo bisogno di questo perdono che cerca l’uomo, lo cerca e lo salva: prima che la sua rabbia possa trasformarsi in rancore e in di distruttività.

 

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Assunta 2012

Cartoline 2012

Apputamenti Estivi 2012

letterina 20120721

Parola, parole e due paroline

La bella avventura del Cre è terminata, anche tra le lacrime viste l’ultimo giorno, di chi vorrebbe non finisse mai.


Parola, parole e due paroline ad alcune mamme che, anche nell’estate (per non perdere il vizio di tutto l’anno) fanno colazione (e merenda e aperitivo e after hour…) non solo con brioche, tramezzini e patatine, ma con abbondanti commenti e giudizi. Su cosa? Dipende dal tempo. Nell’anno scolastico, ad esempio, sui prof e sui voti chiaramente troppo bassi per la bravura dei figli, su quella nota che proprio non ci stava, sui troppi compiti… Nell’estate, oltre ai gossip di turno, sul Cre (al quale certo non può non mandare i figli, altrimenti chi farebbe la balia per un mese?). Appunto, il Cre: ma come è possibile fare andare a piedi i bambini dall’Oratorio al Fontanèl? Chiameremo la Protezione Civile! E quei due animatori che fan fumare i ragazzi? (cinque minuti, lontano dagli sguardi dei bambini, per un vizio che la signora aveva iniziato proprio all’età di quei due) E le animatrici? Buone solo a scoprirsi il più possibile e a mandare sms ai loro amichetti (lei intanto fa l’occhiolino ad un uomo. E non è il marito). La lista potrebbe continuare, ma già così da’ l’idea dello stile.
Un piccolo suggerimento (due paroline, appunto):
*sciacquarsi abbondantemente la bocca (perché escano parole intelligenti, sincere, belle, vere, come quelle che abbiamo cercato di proporre con il tema del Cre);
*fare abbondante esercizio fisico (magari dando una mano a quelle persone che, per i suoi figli, puliscono l’oratorio, fan da mangiare seguono gli ateliers…);
*fare scorta di umiltà (servirà tra alcuni anni quando il figlio più grande farà l’animatore e inizierà a fumare, a fare i cavoli suoi, a mandare sms e a mandare... a quel paese anche lei) sperando che ci sia ancora una comunità che accoglie. Lei e i suoi figli.

 

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letterina 20120714

Poi e mai

Durante il CRE abbiamo inserito alcuni accorgimenti per aiutare i bambini, i ragazzi e gli adolescenti a non dimenticare la messa festiva e la “visita” alla chiesa, con un tagliandino su cui segnare l’orario, la chiesa della messa partecipata, con alcune semplici domande sul Vangelo e con delle locandine con la foto della porta laterale della chiesa -quella che dà sull’Oratorio- in una successione che trasmette l’idea di una porta che si spalanca.
Sono accorgimenti, appunto, attenzioni, sensibilità che vogliono aiutare anche le famiglie a non tralasciare la dimensione spirituale dell’esistenza, proprio nel periodo in cui si ha più tempo. Quante volte abbiamo ricordato che la messa va oltre la catechesi, anche se, come sono strutturati i tempi di entrambi lungo l’anno catechistico, lo fanno pensare. Cioè, i ragazzi normalmente vanno alla catechesi e poi alla messa (sia alla Beita, il sabato che in Parrocchia la Domenica), ma nell’estate?
Nell’estate deve per forza essere maggiormente presente la famiglia: per nove mesi (proprio quanti ne servono per far venire alla luce un bimbo) è la Comunità a garantire e sollecitare questo impegno (con i catechisti, gli itinerari, le diverse proposte, i don che rompono…) ; per gli altri tre dovrebbero essere i papà, le mamme, i nonni...Come? Guardando ad esempio gli orari delle messe quando si va in vacanza, cercando di programmare i tempi del fine settimana pensando anche alla celebrazione, facendo presente quando si arriva alla Domenica sera senza: “però oggi abbiamo dimenticato la messa…”, leggendo insieme una pagina di Vangelo quando proprio non si è trovata una chiesa (!), andando insieme in un giorno feriale, non perché questa sostituisca quella domenicale, ma per sottolinearne l’importanza. Insomma, come ci si dà da fare per tempo per trovare parchi, piscine, ristoranti, fiere, divertimento...anche attraverso internet, perchè lasciare il Signore come fanalino di coda? E non mi sta bene che si dica che anche “dalle altre parti è così, lasciamo correre, andremo quando riusciremo, che male c’è, bisogna riposare, un po’ di libertà almeno d’estate…” perché la strada del “poi” porta nel paese del “mai”.

 

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