letterina 20120304

Dio è un'idea?   

Dov’è Dio oggi, che cosa nel mondo ci parla di lui? Se ci guardiamo intorno, non sono i segni della sua presenza a farsi avanti, ma piuttosto quelli della sua assenza. Non occorre essere particolarmente pessimisti per rendersi conto che la società che ci circonda, la società opulenta del ricco Occidente ha completamente smarrito il senso profondo del suo esistere. Viviamo ormai tutti immersi nel frastuono. Anche se non vogliamo, una valanga di suoni sintetizzati ci assedia da ogni parte.
Questo ossessivo bisogno di riempire il silenzio è uno dei fatti che più colpisce nel mutamento antropologico che sta avvenendo sotto ai nostri occhi, molte persone vivono ormai con la colonna sonora della loro vita perennemente nelle orecchie. A questo frastuono sonoro si aggiunge un continuo bombardamento di immagini, bombardamento che, fatalmente, porta l’attenzione a essere sempre al di fuori di noi, in qualcosa che ci viene suggerito e anzi, direi imposto... Non ascoltiamo, perchè non sappiamo più cos’è l’ascolto. Non vediamo, perchè abbiamo imparato ad assorbire passivamente soltanto ciò che ci viene imposto di vedere. Non vedendo e non ascoltando, non possiamo andare alla radice della nostra unicità di indivudui, non possiamo interrogarci su questo senso, perchè l’iperstimolazione alla quale siamo sottoposti ci suggerisce soltanto una cosa – che non c’è alcun senso.
Nella società della massima pluralità, della smisurata libertà- in una società che suggerisce all’individuo che l’unica vera realizzazione sta nel seguire il proprio estro creativo e nel successo che da esso può pervenire – la via che porta a Dio viene considerata soltanto come un’opzione tra le altre. Come ricordava Michele, il protagonista nel mio racconto, L’inferno non esiste, in una lettera a sua madre: “Dio è un’idea. Me l’hai detto tu stessa, ricordi? Un’idea uguale a tutte le altre. Posso credere in Dio o in Che Guevara. Posso anche credere soltanto nelle vittorie delle Ferrari”. Possiamo anche credere nella nostra squadra di calcio oppure nei riti tantrici perchè siamo liberi, siamo creativi.
Per raggiungere la felicità dobbiamo soltanto trovare la strada che più si adatta alla nostra indole. Le conseguenze antropologiche di questi assunti  –  che derivano in gran parte dalla rivoluzione ideologica del Sessantotto e dai suoi slogan più famosi quali “Vietato vietare” e “Fantasia al potere”  –  si vedono già da alcune generazioni nella catastrofe educativa.

Da Susanna Tamaro, L’isola che c’è

 

 

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letterina 20120226

Freedom, oh freedom!    

Vorrei mettermi ancora – chissà se il Signore mi darà la forza e la salute – non avanti a voi come capo fila, e neppure dietro di voi, ma in mezzo a voi, in mezzo al popolo a cantare: “freedom, oh freedom!”, libertà. Cantare questo anelito profondo che tutti quanti sentiamo nel cuore, cantarlo in mezzo agli altri giovani che sono un po’ logori dalla stanchezza, cantarlo in mezzo alla gente che non ci crede più, in mezzo a tante persone scettiche: “freedom, libertà!”.
Libertà non soltanto per noi da tutti i condizionamenti che ci stringono, ma libertà per tutti i popoli, libertà per tutti coloro che dalla fame, dalla sofferenza, dalla solitudine, sono costretti a vivere una vita a livelli subumani.  
Oh freedom, libertà!
Libertà: è un dono che dobbiamo implorare dal Signore perché tutti quanti i popoli della terra siano felici. E noi dobbiamo essere protagonisti di questo rinnovamento culturale, di questo cambiamento di mentalità. Non dobbiamo stancarci, non dobbiamo demordere anche se le difficoltà sono tantissime.
La libertà è questo anelito che viene dalle profondità più nascoste del nostro spirito, questo anelito che si rintana negli alveoli più profondi dei nostri polmoni, nei pori delle nostre mani, del nostro corpo, nell’empito delle nostre vene.
Libertà, freedom, che sentiamo batterci nel cuore.
Vi faccio tanti auguri per la vostra vita, per i vostri sogni, per il vostro futuro.
Non abbiate mai ad aver paura di essere carichi di utopie, carichi di queste idealità purissime, soprattutto quelle che si rifanno ai grandi temi della pace, della giustizia, della solidarietà che, tutto sommato, son temi che si stringono in quella parola: freedom.
Oh freedom, libertà!
Oh libertà! Vieni a togliermi i ceppi di questi condizionamenti a cui la società di oggi mi sottopone.
Libertà freedom! Vieni a darmi quell’ossigeno capace di raddoppiare le mie forze in modo tale che davvero il mondo possa cambiare anche con il mio impegno.

Don Tonino Bello

 

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letterina 20120219

Shemà Israel      

Giungiamo alla quarta tappa del cammino pastorale, con il tempo forte della Quaresima . Ancora lo sguardo alla terra di Gesù, in particolare a Gerusalemme, la città che testimonia gli eventi della nostra salvezza. E ancora uno dei cinque sensi: l’ascolto.

 

“Shemà Israel, Ascolta Israele”

 

“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.”

Deuteronomio 6,4-9


Quaresima come tempo di ascolto, di apertura del cuore, a Colui che ci  viene incontro sulla via della salvezza.

“ASCOLTA COLUI CHE CAMBIA IL CUORE”
Le occasioni non mancheranno: ognuno cerchi di scegliere  una modalità per vivere questo ascolto. I quaranta giorni possono sembrare lunghi, ma, se facciamo tesoro dell’esperienza, non è difficile giungere a dire- come a volte viene evidenziato nelle confessioni pasquali-: ”Questa Quaresima non l’ho sentita molto…”
Ora, questo tempo è davanti a noi: non rimandiamo.

 

Buona Quaresima

 

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letterina 20120212

Il vaso di maionese e i due bicchieri di vino.

Un professore stava davanti alla sua classe di filosofia con alcuni oggetti.
Quando la classe incominciò a zittirsi, prese un grande barattolo di maionese vuoto e lo iniziò a riempire di palline da golf. Chiese poi agli studenti se il barattolo fosse pieno e costoro risposero che lo era. Il professore allora prese un barattolo di ghiaia e la rovesciò nel barattolo di maionese. Lo scosse leggermente e i sassolini si posizionarono negli spazi vuoti, tra le palline da golf. Chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e questo concordarono che lo era. Il professore prese allora una scatola di sabbia e la rovesciò, aggiungendola nel barattolo; ovviamente la sabbia si sparse ovunque all'interno.
Chiese ancora una volta se il barattolo fosse pieno e gli studenti risposero con un unanime 'si'. Il professore estrasse quindi due bicchieri di vino da sotto la cattedra e aggiunse il loro intero contenuto nel barattolo, andando così effettivamente a riempire gli spazi vuoti nella sabbia. Gli studenti risero.
Ora, disse il professore non appena la risata si fu placata, voglio che consideriate questo barattolo come la vostra Vita.
-Le palle da golf sono le cose importanti: la vostra famiglia, i vostri bambini, la vostra salute, i vostri amici e le vostre passioni; le cose per cui, se anche tutto il resto andasse perduto e solo queste rimanessero, la vostra vita continuerebbe ad essere piena.
-I sassolini sono le altre cose che hanno importanza, come il vostro lavoro, la casa, la macchina...
-La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se voi mettete nel barattolo la sabbia per prima, non ci sarà spazio per la ghiaia e nemmeno per le palle da golf. Lo stesso vale per la vita: se spendete tutto il vostro tempo e le vostre energie dietro le piccole cose, non avrete più spazio per le cose che sono importanti per voi. Prendetevi cura per prima cosa di ciò che contano davvero. Fissate le priorità... Il resto è solo Sabbia.
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il vino.
Il professore sorrise: Sono felice che tu l'abbia chiesto...

La risposta nell’ultima facciata, in fondo alla letterina

 

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letterina 20120205

Cugini pongidi...

Una società senza un Cielo verso cui tendere si trasforma ben presto in una società erratica, simile a quella dei grandi mammiferi erbivori che si spostano in grandi branchi alla ricerca di cibo migliore. Si bruca un po’ qui, si bruca un po’ la’, secondo la fortuna. Ma una società siffatta – che emigra costantemente perchè non ha un orizzonte stabile – è una società che non è più in grado di costruire. Non palazzi, macchine, industrie, cose – delle quali, anzi, ha una produzione ipertrofica – ma di edificare quell’unica realtà che per l’uomo ha senso. Il tempo.
Aver cancellato Dio dai nostri pensieri ci ha messi improvvisamente fuori dal tempo. E mettersi fuori dal tempo vuol dire mettersi fuori dal mistero dell’esistenza.
Che cos’è infatti la vita dell’uomo? E’ uno squarcio di luce tra due abissi oscuri. Veniamo da qualcosa di misterioso e andiamo verso qualcosa di altrettanto misterioso, di ignoto, di terribile. Qualcosa la cui stessa esistenza ferma il respiro anche alle persone più credenti. Da dove veniamo? Dove andiamo?
E – tra questi due estremi – che senso ha quel breve atto che siamo chiamati a recitare sul palcoscenico delle vita? L’uomo è una creatura anfibia, un essere, cioè che si trova costantemente a vivere due dimensioni – quella della terra e quella del cielo. Quest’idea – l’idea che siamo sospesi tra un Padre, che è il Cielo e una Madre, che è la Terra – non è imposta dal potere della Chiesa o da qualche altra dogma religioso, ma appartiene, in forma diversa, a tutte le culture del mondo perchè riguarda la natura stessa dell’uomo. Quella natura che oggi troppo spesso, e con troppa facilità, si vuole negare. E’ la nostra stessa formazione fisiologica che ci parla di questa natura. Noi soli, infatti, tra gli animali, abbiamo assunto una posizione verticale, come gli alberi. I piedi, quali radici, stanno sulla terra e reggono il resto del corpo che si spinge verso l’alto, la luce, verso il Cielo, appunto... La degenerazione spirituale dell’uomo si trasforma lentamente in degenerazione fisica. Non tendiamo più a essere simili agli alberi – come costantemente ci ricordano le Scritture – ma piuttosto, con un’evoluzione che sembra un’involuzione, torniamo a somigliare ai nostri cugini pongidi, le grandi scimmie.

Da Susanna Tamaro, L’isola che c’è

 

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letterina 20120129

Cara famiglia,

quest’anno dal  30 maggio al 3 giugno  si celebrerà a Milano il  VII Incontro Mondiale delle famiglie (IMF) sul tema: La famiglia, il lavoro e la festa. È una grande occasione per festeggiare insieme il nostro essere famiglie che trasformano il mondo col loro lavoro, che lo popolano e lo abitano generando la vita, non solo fisica ma più profondamente quella umana e spirituale. Noi famiglie accogliamo con gioia e dedizione i nostri figli, li avviamo allo stile umano e insieme cristiano di stare al mondo, ma sappiamo anche spenderci per il bene di altri figli accogliendoli nelle forme dell’affido o dell’adozione e sostenendoli e accompagnandoli con tenerezza e cura nel percorso talvolta difficile della loro vita. Pur nell’affanno dei ritmi odierni, riteniamo prezioso e vitale il momento della festa come rigenerazione degli affetti, di ringraziamento e di lode.  
È bella cosa che la Chiesa Universale ci proponga questo evento; è per noi occasione per riflettere, tra coniugi e in famiglia, sui nostri ritmi lavorativi, sugli orari del rientro a casa, sul lavoro precario e talvolta assente che mette a rischio la serenità delle nostre famiglie e dei nostri figli e chiama la comunità cristiana a farsi attenta e solidale, così che la festa sia resa possibile a tutti, sia difesa e celebrata con vigore e convinzione, come momento di riposo, ma anche di incontro: con il Signore, tra coniugi, tra genitori e figli, nella comunità cristiana. L’IMF è quindi una bella occasione per rinnovare le nostre vite e il nostro stile nel lavorare e nel far festa, per conoscere e incontrare tante famiglie, e infine per incontrare il Santo Padre e ricevere da Lui benedizione e coraggio nel proseguire il nostro arduo e affascinante servizio alla vita.  
Vi invitiamo perciò a prendere visione del programma e a valutare la possibilità di partecipare, secondo i tempi che ritenete più adatti. Ogni famiglia può festeggiare e partecipare, e non deve sentirsi esclusa per nessuna ragione. 

 

I Vescovi  italiani


Trovi i contatti per programmare la tua partecipazione a questo unico e speciale momento di incontro e di festa nella seconda pagina della Lette...Rina.

 

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