letterina 20081207

L'affondo

Attesa

 

Attesa sostantivo del verbo sperare. E questo è un verbo che si coniuga sempre al futuro; “non possiede” né il passato, né il presente. Ciò che è stato ieri non si spera, si ricorda; e ciò che è oggi, accade, si vive! Solo il domani si aspetta. Attendere è un verbo che necessita un complemento oggetto e di un complemento di modo o maniera. Non preoccuparti; non stai leggendo una pagina di sintassi grammaticale, ma… una riflessione di vita che vorrei condividere con te, una riflessione sulla nostra vita.

Dicono che l’Avvento sia il tempo dell’attesa per eccellenza, io dico che tutta la nostra esistenza è e dovrebbe essere un Avvento. Ad uno sguardo superficiale l’atteggiamento potrebbe apparirci come qualcosa di statico, di fermo: aspetto inerme che qualcosa accada, perché tanto ciò che l’esistenza ha deciso accadrà! Più o meno la stessa cosa quando il rosso di un semaforo ci costringe a fermarci nell’attesa del verde; o quando alla fermata del tram aspettiamo che esso arrivi! Ora fermati su questi due esempi! Cosa fai, cosa pensi, cosa decidi in quel tempo che intercorre tra il rosso e il verde? in quel tempo di attesa? Prova a rispondere! È importante! È importante perché noi siamo le nostre attese. Il come aspettiamo (complemento di modo o maniera) non è meno importante del che cosa aspettiamo (complemento oggetto) se…aspettiamo. A questo proposito scriveva don Tonino Bello: “la vera tristezza non è quando la sera non sei atteso da nessuno al rientro in casa tua, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita. È tristezza quando non aspetti più neppure “la vita del mondo che verrà” quando pensi che oramai i giochi sono fatti, che la musica è finita, gli amici se ne vanno”…Hanno detto che la santità di una persona si commisura con lo spessore delle sue attese. Se questo è vero, aspettare non è solo una questione spazio-temporale, ma è anche e soprattutto una questione affettivo-spirituale; una questione che va a toccare le corde più intime di me, dei miei sentimenti e delle mie speranze, dei miei sogni! L’attesa non ci mette solo in relazione con il trascorrere del tempo (crono), proiettandoci nell’attesa di…, ma ci fa vivere il qui e ora con quegli atteggiamenti che, a seconda della mia decisione, faranno la differenza (kairos) non soltanto nel e per il nostro attendere quotidiano, ma anche nella e per la nostra intera esistenza e in particolare per quell’ora in cui sentiamo alla fine il grido “ecco lo sposo”, grido che il “complemento oggetto” ultimo di ogni attesa umana, omega della nostra esistenza terrena che ognuno di noi attende, consapevole o no. Verità ultima dell’Avvento!

Beati coloro che sanno attendere ogni giorno con gli occhi semplici e curiosi di un bambino perché, anche quando i sogni sono infranti, la speranza non li abbandonerà mai.

Suor Donatella Alessio del Caritas Baby Hospital di Betlemme

 

 

letterina 20081130

L'affondo

“STATO INTERESSANTE”

Sarà per la statua della Madonna incinta che ho spesso davanti agli occhi -raramente ma teneramente fissata in quei nove mesi che lei pure avrà vissuto col pancione- ma pensare all’Avvento e all’attesa, mi richiama immediatamente un grembo. Non per niente, di una donna incinta si dice “in attesa” ma, anche, la si colloca in uno “stato interessante”. Questa è bella: l’attesa è interessante e, forse proprio per questo, ogni anno ci misuriamo con essa. E in questo “stato interessante” la “tensione” non finisce mai: cosa mi succede? Ce la farò? Posso muovermi liberamente? Sarà sano? E se mangio qualcosa di piccante? Se faccio degli sforzi? Posso continuare a ballare? Sarà maschio o femmina? Avrà i begli occhi del papà?

La tensione per ciò che sarà diventa attenzione per ciò che già c’è e si sente. Forse, questo tempo, dovrebbe poter coniugare tensione e attenzione.

Ecco quindi l’Avvento: l’esatto contrario della disattenzione.

Ma allora attendere è vocazione all’attenzione, simile a quella di una madre che custodisce la vita nel grembo; molto vicina allo sguardo del contadino sul campo seminato, d’inverno. Uguale al fremito per lo squillo del telefono con una voce tanto desiderata. Attendere è sentire tua la sorte di ogni creatura. E’ vivere tra le stranezze dell’uomo e le consolazioni di Dio. Attendere è tensione per il bello, il giusto, il vero. E poiché “il pericolo non sta nella partenza e nemmeno nell’arrivo. Il rischio è la traversata” (Joào Guimaràes Rosa), esso è pure ricerca di una stella polare e obbedienza a qualche regola di navigazione. E’ già e non-ancora. E’ Proprio perché “è”, l’attesa si trasforma in “c’è”.

Avvento-Natale: l’”è” e il “c’è” di Dio, per l’uomo.

E per il suo at-tendere.

Questo è veramente uno “stato interessante”…

P.S.: articolo apparso su L’Eco di Bergamo martedì 25 novembre 2008