letterina 20130602

 A seguito di segnalazioni di VIRUS/MALWARE posto la risposta di google alle analisi da me richieste:

 

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3 giugno 1963, ore 19.45

“Santo Padre, attorno al vostro letto ci sono poche persone, ma se vedeste la piazza…” Quando sente queste mie parole, il Papa apre gli occhi, mi guarda e dice: “E' naturale che sia così, è il Papa che muore. Io li amo e loro mi amano”».  
Questo dialogo in punto di morte accadeva in Vaticano, nella stanza da letto del Pontefice, il 3 giugno 1963, il giorno in cui Giovanni XXIII morì. Furono il Papa stesso e il suo segretario, mons. Loris Capovilla, a scambiarsi queste parole. Anche nella sua ora estrema Papa Roncalli seppe dire con umanità e intensità la sua fede e la sua passione per la Chiesa.
Lunedì 3 giugno, nel giorno del ricordo, gli oltre 3000 bergamaschi in pellegrinaggio a Roma (ci sono anche alcuni di Palazzago) parteciperanno alla Santa Messa nella Basilica di San Pietro al termine della quale incontreranno Papa Francesco. Alle ore 18,30 il Santo Padre venererà la salma del Beato Giovanni XXIII. Le Parrocchie della Diocesi sono invitate, per quell’ora, a far suonare le campane a festa. Anche noi ci uniremo.
Poi, all’inizio della settimana patronale, vivremo il pellegrinaggio a Sotto il Monte  che il Vescovo Francesco ha chiesto ad ogni parrocchia, nell’anno della fede e nel 50° della morte di Papa Giovanni, Raggiungeremo Sotto il Monte -a piedi (partenza ore 12.30) -in bici (partenza ore 13.30) -in pullman (partenza ore 14.15 dal piazzale Alpini con fermate lungo la Via Longoni; iscrizioni: Bar oratorio, Segreteria, Acconciature Idea Donna, Graziella Abbigliamento, Ferramenta Cimadoro) -e con mezzi propri.  
L’appuntamento è alle 15.00 alla Casa del Pellegrino; poi, visita alla chiesa parrocchiale e cripta, museo Ca’ Maitino, casa Natale e chiesa S.Maria in Brusicco dove alle 18.00 celebriamo la messa

 

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ESTATE 2013

 
   

letterina 20130525

Ognuno, Qualcuno, Chiunque, Nessuno

Dopo averne parlato in lungo e in largo in questo anno delle fede, dopo aver pubblicizzato l’iniziativa, dopo aver scritto ogni volta sulla Lettera, dopo aver invitato le famiglie delle frazioni e portato nelle case il lume da accendere sulle finestre, dopo aver aperto tutte le sette chiese per la riflessione proposta da don Maurizio, dopo aver presentato ai ragazzi la storia iniziata con San Filippo Neri tra le chiese di Roma, dopo aver ambientato il presepe nelle frazioni, ricostruendo in scala le sette chiese...dopo tutto questo, arriviamo al dunque: DOMENICA 2 GIUGNO vivremo il cammino di fede, passando tra le diverse chiese, celebrando l’Eucarestia, condividendo molti passi sulle strade del nostro paese. Ci potrebbero essere tanti motivi per non esserci (è Domenica, devo dormire, devo andare a pesca, non ho voglia, chi me lo fa fare? devo fare i mestieri, devo stirare quello che ho accumulato in settimana, sono stanco, ho qualcosa di più importante da fare, non ce la faccio a fare tutti quei chilometri, ho il bambino piccolo…), ma ce ne potrebbero essere molti di più per esserci; o, anche solo, uno che è più forte di tutti gli altri. Cerchiamo di trovarlo e di esserci, perché non succeda come nella storia dei quattro tipi. Ve la ricordate?


Questa è la storia di quattro individui: Ognuno, Qualcuno, Chiunque e Nessuno.
Bisognava fare un lavoro importante e si chiese a Ognuno di occuparsene.
Ognuno si assicurò che Qualcuno lo facesse. Chiunque avrebbe potuto occuparsene, ma Nessuno non fece mai niente. Qualcuno s'arrabbiò perché considerava che per questo lavoro Ognuno fosse responsabile. Ognuno credeva che Chiunque potesse farlo, ma Nessuno mai si rese conto che Ognuno non avrebbe fatto niente. Alla fine Ognuno rimproverò Qualcuno per il fatto che Nessuno non fece mai quello che Chiunque avrebbe dovuto fare. 

 

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Visita 7 Chiese

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ESTATE 2013

 
   

letterina 20130518

Giornate eucaristiche, prima Comunione, pane...

La tavola è il sito del pane, il luogo essenziale dell’umanizzazione. A tavola si dovrebbe convergere per mangiare da uomini, non da animali. Per questo la tavola è sempre stata percepita come l’emblema dell’umanizzazione, il luogo per eccellenza in cui ci si umanizza lungo tutta la vita, da quando da piccoli si è ammessi alla tavola ancora sul seggiolone, fino alla vecchiaia. Anche in queste due fasi estreme della vita stiamo a tavola, magari aiutati da altri, ma stiamo pur sempre a tavola.
Il nostro stare a tavola dice la nostra libertà: libertà di figli in famiglia, libertà di amici che si invitano, libertà di chi serve e qualità “signoriale” di chi è servito.
Ma a tavola si sperimenta anche l’uguaglianza, un’uguaglianza ordinata: tutti sono chiamati a mangiare con gli stessi diritti, vecchi e bambini, adulti e giovani; tutti possono prendere la parola, domandare e rispondere. A tavola si impara a parlare oltre che a mangiare, si impara ad ascoltare e a intervenire nella convivialità. Infine a tavola si fraternizza, si condivide il pane tra compagni, ossia persone che mangiano lo stesso pane, secondo l’etimologia di questa parola (cum-panis). La tavola ha un magistero decisivo per noi e per ogni essere umano che viene al mondo: ne siamo consapevoli?
A tavola si impara e si verifica che non di solo pane vive l’uomo, perché da piccoli abbiamo bisogno che qualcuno ci dia da mangiare, da adulti di qualcuno che ci prepari il cibo con amore e con il cibo esprima il suo amore; abbiamo bisogno di dire grazie e di capire che ciò che mangiamo non è solo l’unione di natura e cultura ma è anche dono che ci viene fatto. È a tavola che celebriamo la nascita, l’amore nelle nozze, gli eventi che ci rendono felici e che danno senso alla nostra vita. A tavola ci esercitiamo, o meglio dovremmo esercitarci, a condividere e a fare della tavola stessa un luogo in cui accogliamo e invitiamo l’altro. La tavola non è mai per uno solo, è per l’altro, per gli altri, per la fraternità, l’amore, l’umanizzazione: e il pane troneggia su di essa per essere spezzato e condiviso, per nutrire e per ricordarci che non di solo pane vive l’uomo.

Da una scritto di Enzo Bianchi

 

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ESTATE 2013

7 chiese

   

letterina 20130511

Essere libero

Ricordo una filastrocca che mi recitava la nonna Elisabetta quand’ero bambino:
<<Gigi cerca il suo berretto, dove mai l’avrà cacciato? Nei cantucci, sotto il letto? Cerca, sbuffa, smania, pesta, poi s’accorge che l’ha in testa>>.
Che sia così anche per la fede? Crediamo d’averla perduta e invece ce l’abbiamo nascosta in testa o nel cuore?  
Diventato un giovanotto, spesso discutevo di religione con questa mia nonna contadina e, da sciocco saputello, la interrogavo su cosa capivano i contadini delle orazioni pronunciate in latino. Cosa vuol dire <<Nunc et in hora…?>>. E allora lei, pazientemente, mi raccontava la storia di una bambina rimasta orfana. Il padre si era risposato e la matrigna, che aveva già una figlia, non amava la figliastra al punto che nella sua perfidia, per privarla dell’amore di Dio, le insegnava apposta a pregare con parole senza senso, ma che la piccola orfanella recitava con tutto il suo cuore:  <<Tira so ‘l sacol. Met so ‘l sacol…>> <<Tira su lo zoccolo, metti giù lo zoccolo…>> Una assurda tiritera. Ma la piccola innocente pregava con tutto l’ardore della sua devozione che contava più delle parole. Proprio come i poveri contadini che non conoscevano il latino. E concludeva: <<Così, per la sua fede, quella bambina si guadagnò il paradiso…>>. Poi mi ammoniva: <<E’ inutile che cerchi di confondermi: io credo come ho sempre creduto…>>.     
Ogni tanto riascolto nel ricordo le voci delle donne che recitano il rosario della sera. Sono soprattutto voci femminili. Il rosario è l’invocazione di tutte le madri rivolto alla Madre di Gesù: <<Perché- mi diceva ancora la nonna- se la Madonna chiede una grazia a Suo figlio Gesù, Lui non gliela può negare>>.              
Sull’onda di questo ricordo ho voluto consultare l’enciclopedia per avere notizie sull’origine della preghiera del rosario: 'Preghiera collettiva per le persone incolte a partire dal secolo XII.'
Cara Chiesa di quegli intellettuali che hanno sempre risposte pronte per qualsiasi quesito, perché non chiedi a costoro a chi parla più volentieri il Signore creatore dei cieli e della terra?  E dunque? <<Nunc et in hora…>> 

Da Ermanno Olmi : Lettera a una chiesa che ha dimenticato Gesù.

 

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ESTATE 2013

7 chiese

   

letterina 20130427

Maria, il gancio per il cielo

...E’ un po’ come quando vai a Lourdes e inizia la preghiera della sera: candele accese, come sgranate, l’Ave Maria in tutte le lingue, gli ammalati e i sani, chi aiuta e chi ha bisogno d’aiuto. Chi prega e chi si fa sostenere dalla preghiera degli altri perché di pregare non è capace. O si vergogna. Un fiume che racconta la tenerezza di Dio nel volto della Vergine Maria. Questa donna è il nostro gancio per il cielo. A Lei affidiamo i bambini, a Lei si consacrano nel segreto i cuori, a Lei chiediamo di proteggere le nostre mamme e i nostri papà, a Lei domandiamo di vigilare sui figli grandi lontani, a Lei si raccomandano gli ammalati. Lei chiamiamo quando i nostri cari partono per il Cielo. Lei ci accompagna tutto l’anno e per tutta la vita. Perché è la Maestra di vita. Le sue lezioni sono a portata di mano. Basta scorrere la corona del Rosario. Questo è il mese adatto per incominciare il corso: perché è il mese del Rosario.  
Scorriamo insieme almeno l’indice del primo giro di corona.


MISTERI GAUDIOSI, ovvero:  LEZIONI SULLA GIOIA
1. Maria riceve l’annuncio dell’angelo.  Siamo al mondo perché chiamati a ricevere una buona notizia: nessuno nasce come uno “scarto”, ma siamo benedetti e prediletti per collaborare all’opera d’Amore di Dio.
2. Maria corre da Elisabetta. Dall’esperienza della predilezione nasce il desiderio di far sentire speciali altri. Altrimenti è solo buona educazione.
3. Maria partorisce il Figlio di Dio. I sogni di Dio sulla nostra vita superano di gran lunga i nostri timidi desideri di felicità. Per capirci: se nel corpo di una Vergine si tesse la carne del figlio di Dio, che cosa può fare la Grazia nel tuo corpo e nella tua anima già salvati nel Battesimo?
4. Maria offre il figlio al tempio. Grande sapienza è ricordare che tutto il bene che possiamo fare viene da Dio. Grande stupidità è attribuirci meriti che poi ci obbligano a scimmiottare l’onnipotenza di Dio.
5. Maria ritrova Gesù che insegna ai dottori della Legge. Anche se siamo cresciuti e pensiamo di sapere tante cose… non abbiamo ancora capito nulla!
Che libertà poterselo dire! E continuare ad imparare.             

Suor Katia

 

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Calendario Palio 2013

Pellegrinaggio alla Madonna della Castagna

   

letterina 20130504

Una fede nuda

Una fede nuda non ha bisogno di tante teorie. Le bastano poche cose. Poche come le dita di una mano. Ho provato a scandirle, dentro di me.  


Semplicità

Semplice è chi è essenziale, chi passa dalla porta stretta da solo, perché la porta diventa stretta solo perché cerchiamo di passarci tutti insieme.
Semplice è chi getta la maschera e smette di fingere.  


Leggerezza

“Siate leggeri come gli uccelli, non come le piume” diceva Paul Valéry. Leggero è chi toglie il nocciolo della vita. La leggerezza richiede un lavoro profondo, una disciplina interiore...come l’andatura di quelle donne africa ne che, con una brocca in testa, trasportano l’acqua al villaggio.

 
Responsabilità

“Sognai talmente forte che mi uscì sangue dal naso” dice una frase di Fiume Sand Creek  di Fabrizio De Andrè. Il sogno chiede sforzo, addirittura il sangue dal naso.  Amo chi cammina e guarda un metro oltre l’orizzonte, solo un metro. Quel metro in più separa quelli che hanno paura da quelli che hanno coraggio di vivere.


Fiducia nella strada

Se non c’è più nulla da fare, se hai paura, c’è una cosa che puoi fare sempre: tornare sulla strada...con uno zaino leggero. Io ci metterei due cose: un pezzo di pane e la Bibbia, perché non c’è nulla di più creativo della parola di Dio. Sulla strada serve poi trovare il passo... Infine ci occorre lo sguardo: in genere chi guarda troppo in alto o troppo in là, cade. La profezia è di coloro che sanno guardare in profondità.


Tenerezza

Nella sura di Miriam, secondo il  Corano, c’è una visione di Maria molto bella. S’insiste sul fatto che viene visitata dallo Spirito e ne rimane gravida. Lei accetta questo mistero, mentre la sua famiglia non l’accetta. Così quando Miriam sa che è il momento se ne va nel deserto. Lì partorisce da sola. Ma Dio manda l’angelo Gabriele. Maria si appoggia ad un albero di datteri e l’angelo fa maturare i datteri e fa sgorgare una vena d’acqua perché si lavi.
Dio fa tutto questo perché Maria si nutra e si lavi. La tenerezza di Dio è in queste attenzioni, in queste tenerezze: un po’ d’ombra, un pugno di datteri un po’ di acqua. 

Don Luigi Verdi

 

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