letterina 20130420

Atto di fede

Vi propongo il ricordo di un amico, Franco, morto ad appena 24 anni di AIDS.
Franco era un ragazzo di strada: emigrato dal Sud Italia a Torino aveva sofferto il grande impatto con la città e aveva finito per vivere esperienze difficili e di devianza: il carcere, l’impatto con la droga e infine la malattia.
Lo andavo a trovare spesso all’ ospedale “ Amedeo di Savoia “ di Torino, l’ospedale delle malattie infettive. E in quella corsia parlavamo molto. Io cercavo di porgli degli interrogativi, ma anche lui con la lucidità che gli proveniva dal suo essere ragazzo di strada, sapeva piazzare degli interrogativi, puntuali, scomodi. Tre ore prima di morire, Franco è con la mamma, ed è alla mamma che formula un desiderio: “ Mamma, io ti chiedo una cosa: quando muoio non voglio essere assolutamente portato in chiesa “.
La richiesta è dolorosa per quella donna, dalla spiritualità intensa anche se semplice. La sua risposta è istintiva: “ Franco, non bestemmiare, che cosa dici? “.
Franco raccoglie le sue ultime forze per ribadire il suo desiderio: “ No, mamma, non voglio essere portato in chiesa. E sai perché? Perché io ho preso in giro tutta la vita il Padreterno e non voglio essere portato in chiesa solo per fare bella figura con i parenti e con gli amici “.
Non è un atto di fede questo? Non è un affidarsi a Dio oltre l’apparenza e oltre il rito obbligato – con la coerenza di chi non chiede sconti per le proprie responsabilità?
E subito dopo Franco aggiunge: “ Una cosa però ti chiedo, mamma : se Luigi vuol venire a portare la benedizione di Dio sulla mia bara “.
Franco ha poche forze, ma quelle poche le usa per mettersi da parte, per rispettare chi rispetta ogni sua creatura, anche se in passato non è sempre riuscito a vivere questa logica. Franco chiede alla mamma se il sottoscritto – amico e prete – può portare la benedizione di Dio sulla sua vita, sulla sua salma e non solo : chiede se in quell’occasione si potrà leggere una pagina del Vangelo che lo ha profondamente colpito. Questo per me vuol dire fidarsi di Dio.

don Luigi Ciotti

 

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Calendario Palio 2013

Pellegrinaggio alla Madonna della Castagna

   

letterina 20130413

Le domande della vita

Che cos’è la fede?

Recentemente, durante una notte in cui non riuscivo a prender sonno, mi sono improvvisamente reso conto di questa verità:  
non si può dire veramente “credo” -io credo- se non si dà fiducia.  
La natura della fede è proprio questa. Arriva il momento in cui, come nel caso dell’essere umano, bisogna tuffarsi, accettare i rischi, dare veramente fiducia. Senza cauzione…

 

Cos’è vivere?

La mia vita mi ha insegnato che vivere è un po’ di tempo concesso alle nostre libertà per imparare  ad amare e a prepararsi all’eterno incontro con l’Eterno Amore.  
E’ questa la certezza che vorrei poter lasciare in eredità.  
E’ la chiave della mia vita e delle mie azioni.


Cos’è morire?

Per me la morte è l’incontro a lungo ritardato con un amico.
Magari sarà anche un po’ arrabbiato con me e mi dirà “questo non andava bene, qui hai sbagliato”. Ma essere rimproverato da un amico non è la stessa cosa che essere rimproverato da un poliziotto.  
Questo cambia completamente la mentalità, la psicologia del morente, il quale deve tenere bene in testa che non stiamo andando verso uno sconosciuto, verso un giudice, verso l’inferno a causa dei peccati.  Si va ad incontrare un amico.  
L’amico che ci aspetta, l’amico di cui si ha bisogno, è là.

Abbè Pierre (Lione, 5 agosto 1912 – Parigi, 22 gennaio 2007)

 

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Visita 7 chiese - Brocchione

Calendario Palio 2013

   

letterina 20130406

Francesco e Benedetto

C’è un rischio sotto gli occhi di tutti e, in parte, anche voluto da un certo modo di dare le notizie: fare paragoni tra il papa Francesco e Benedetto XVI.  
Nel loro incontro a Castel Gandolfo  si sono abbracciati per affermare e manifestare ciò che è veramente essenziale: la comunione e l’amore per la stessa Chiesa, nella fede dell’unico Signore, Gesù Cristo. Certo, la situazione è inedita e anche  i mutamenti di stile, gli accenti diversi nell’insegnamento, gli atteggiamenti e le ottiche differenti così come le diversità che caratterizzano ogni persona, sempre unica e irripetibile nel volto e nella parola.  
Ecco allora in Francesco papa, come prima in Benedetto XVI, lo stesso servizio reso al Vangelo, ma reso con linguaggi e espressioni diverse, come è accaduto per i quattro evangelisti che hanno annunciato l’unica buona notizia rivolgendosi a chiese diverse con accenti e tonalità diverse: un unico Cristo ma quattro ritratti diversi, un unico destinatario del vangelo – l’umanità – ma Luca sente in Gesù un’opzione preferenziale per i poveri e un accento particolare sulla misericordia, mentre Matteo coglie maggiormente l’orizzonte dell’insegnamento e del compimento della Legge- Torah, Marco sottolinea tutto lo spessore umanissimo del Figlio dell’Uomo e Giovanni preferisce leggere tutta la vicenda di Gesù come storia e gloria dell’Amore... Se i quattro evangelisti sono così diversi, non potrebbero esserlo anche i vescovi e dunque anche quello di Roma, successore non di un evangelista ma dell’apostolo Pietro? Una sola è la fede, uno solo è il battesimo, uno solo è il Signore, ricorda san Paolo che poi parla a più riprese di diversità di doni, di servizi, di azioni: così è nella Chiesa.
Papa Francesco è altro e diverso da Benedetto XVI e chi ha amato Benedetto XVI ora è certamente contento di papa Francesco, del suo slancio per l’ecumenismo e il dialogo tra le culture, della sua postura di uomo tra gli uomini, della sua scelta preferenziale per i poveri e i peccatori, a immagine di Gesù che li frequentava, li andava a cercare e li riteneva primi clienti di diritto della buona notizia… Ma cavalcare l’onda del: “non è come…” pare proprio ingeneroso...

 

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Pizzata Ado

 
   

letterina 20130330

Ri-

Ogni volta che cadevo mia madre faceva tre cose:  
1. mi curava le ginocchia sbucciate;  
2. mi dava un bacio;  
3. e mi diceva: "Adesso torna a correre".  
 
Ogni volta che  cado adesso io faccio lo stesso:  mi curo il mio dolore e le mie ferite con amore;  
mi “do un bacio” perché continuo a valere  nonostante tutto;  
e mi dico: "Rialzati e riparti".
 
Un bel augurio pasquale per tutti:
"Rialzati e riparti", ovvero “risorgi” ... 

Don Giuseppe 


A nome di tutta la Comunità esprimo viva gratitudine  a tutti coloro che hanno reso belli e sentiti i giorni del Triduo e intensa la Settimana Santa con i suoi appuntamenti ; grazie anche per gli auguri e i doni.

 

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Presentazione CRE

 
   

letterina 20130323

Una vita e una morte "fuori"

E’ morto fuori.
L’hanno ucciso fuori. Fuori dalla città. E l’hanno deposto in fretta dalla croce.
Era vicina la festa, la più grande delle feste e non sarebbe stato un buon spetta-colo vedere un uomo impalato alla croce. Una morte fuori e una sepoltura di nascosto, nella fretta. E che la città non venisse sporcata dalla visione, dall’ete-rodossia dell’uomo di Galilea. La notte, la notte e il suo silenzio avrebbero in-ghiottito tutto. Una grotta, una pietra, la notte. Notte del Venerdì Santo.
Ora che ritorna fra noi la memoria di quella morte “fuori”, mi viene spontaneo ricordare che anche la sua nascita avvenne fuori. “Fuori”, un destino che avreb-be segnato la sua vita, fin dall’ ”in principio”. Fin da quando ancora era chiuso nell’ombra del grembo. Strana assonanza tra la nascita di Gesù e la sua morte.
Anche nel suo venire alla luce, “fuori”. Fuori dal suo paese, fuori dalla città del-le origini, fuori dall’alloggio dei pellegrini: non c’era posto.
Una nascita trafugata come la sua morte. E ancora una grotta. E ancora il buio della notte. Rigato, ma per poco, da una luce e da un coro di angeli.  
Fuori. Lo cacciarono fuori dalla sinagoga. Eppure era il suo paese. Lo cacciaro-no fuori dal territorio: portava male, liberava l’ossesso ma a prezzo di migliaia di porci finiti nel lago. Lo cacciarono fuori dal tempio: presero le pietre per cac-ciarlo. Era troppo diverso: aveva la pretesa di inaugurare non mostre, non chie-se, non campi sportivi, ma di inaugurare un inizio di regno di Dio sulla terra, un inizio del sogno di Dio. E che ci potesse essere una speranza per tutti, anche per i peccatori e i disperati, per i poveri e per i gravati. E lo giudicarono “fuori”, fuori di testa, anche quelli di casa, proprio i suoi, è scritto: “Uscirono per andare a prenderlo poiché dicevano: è fuori di sé” (Mc 4,21)...Così per tutta la vita.
Fuori dal comune modo di sentire. Fuori testa anche per i suoi amici. E Pietro non glielo mandò a dire, lo tirò in disparte per dirgliene quattro il giorno in cui si azzardò a fare le previsioni, non del futuro del tempo, ma del suo futuro di Croce...E oggi, nel tempo che odora di Pasqua, sento come una paura al cuore: che si senta straniero, “fuori”, anche accanto a me.

don Angelo Casati

 

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Confessioni Adolescenti

 
   

letterina 20130316

Eppure...

La stessa sera in cui la tipografia ci dava la Lettera stampata che in questi giorni viene distribuita  nelle nostre famiglie, gli occhi di tantissime persone erano fisse sul comignolo della Cappella Sistina, per la fumata bianca. Un gruppo della nostra Comunità era a Mozzo, per l’incontro del Vescovo Francesco con i cate
chisti del Vicariato e proprio lì abbiamo vissuto insieme l’attesa e la gioia dell’elezione del nuovo Papa. Sul Bollettino ci sono alcune pagine dedicate a Benedetto XVI, introdotte  dall’ editoriale: “Dove posare il capo”. E dal capo ripartiamo anche con Papa Francesco, quel capo chino a ricevere la benedizione di tutto un popolo per il Vescovo di Roma.
Ma non è tutto.
Abbiamo ancora in mente e nel cuore le immagini di Giovanni Paolo II, soprattutto negli ultimi tempi, malato, anziano, provato, muto.
Veniamo da un Papa che non ha paura di riconoscere pubblicamente il venir meno di un vigore del corpo e dell’animo e, per questo, di aver deciso, con la sua coscienza e davanti a Dio, di rinunciare al ministero affidatogli.
Gli occhi di tutti, nell’era di internet, si focalizzano su un camino con del fumo che arriva da una stufa, come quella delle case di tante case.
Un gabbiano per due volte si posa su di esso e picchetta il tettuccio.
L’Habemus Papam è fatto dal Protodiacono Tauran, un Cardinale con il morbo di Parkinson che fa accelerare le parole e irrigidire i movimenti (e lo si è visto e
sentito bene).  
Il nuovo papa ha un polmone solo, ha già 76 anni e prende il nome del poverello di Assisi.
Realtà semplici, addirittura dimesse, povere, fragili. Eppure…
In questo “eppure” c’è tutta la forza dei segni che attirano i cuori e che rivelano come la Chiesa non sia forte in se stessa, ma in Colui che le dà vita.  
E quel capo chinato per essere benedetto, ci riserverà molte sorprese.

 

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Festa del Papà

Incontri Quaresima

Confessioni Adolescenti

Triduo Addolorata