letterina 20131228


 

Fraternità, fondamento e via per la pace

In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare.
Infatti, la fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore… Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono… Nell’anno trascorso, molti nostri fratelli e sorelle hanno continuato a vivere l’esperienza dilaniante della guerra, che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità. Per questo motivo desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!

  Dal messaggio del Papa

 

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Capodanno

 

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letterina 20131221

Inquietudine (2)

Ecco la “terapia d’urto” per la rassegnazione (ricordi la prima parte?)  
Innanzitutto prenditi del tempo per ritrovare i segni della tua vocazione di figlio di Dio. Ogni città ha un santuario, come in ogni chiesa trovi un prete.
Chiedi che attraverso un santo o una confessione o una comunione si sia riannunciato ciò che sei: creatura amata e voluta, desiderata e riscattata a caro prezzo.

Poi cerca la tua “piccola scomodità”. Tutti si vantano delle grandi e nuove comodità che sono riusciti a guadagnare dopo un anno di lavoro. Tu vantati della tua “piccola scomodità”. Io porto una tonaca a forma di croce che mi tiene caldo d’estate e freddo d’inverno. E’ la mia “piccola scomodità” che mi aiuta a fare penitenza, cioè a convertirmi, cioè a ricordarmi tutti i giorni che non è finita qui, che sono ancora in cammino e che il meglio, anche il meglio di me, deve ancora venire. E in quella direzione voglio camminare.
Terzo: fai l’intervista. Spendi del tempo, un pomeriggio, con qualcuno che ti vuole bene. Domandagli. “ma tu, come mi vedi?” Lasciati dire le cose, accetta.
E ringrazia Dio che c’è qualcuno che ti corregge. Ti vuole bene sai.
Ultime due medicine: non essere geloso del tuo tempo libero. Se ne hai troppo a disposizione c’è qualcosa che non funziona. Se in molti si prendono la libertà di disturbarti significa che dai spazio e attenzione e bene, gratuitamente. La gente annusa: dove c’è disponibilità va.

E poi, davvero per finire, non limitarti al tuo. Al di là del dovere. Andare al di là del dovere. Non per dovere, ma per passione. Prendi qualcosa dalle spalle dell’altro: una preoccupazione, un debito, una preghiera da fare a Dio, un problema, una solitudine. Ti auguro di passare notti inquiete. Non insonni, ma inquiete. Perché è così bello fare bene il bene che non vedi l’ora che sia giorno. Manda in vacanza il demone di mezzogiorno, quello che spegne la capacità di pensare e vegliare e attendere e leggere la realtà senza ingoiare con un bicchiere d’acqua anche i cammelli delle stupidità di stagione. Inquieti per vocazione non per puntiglio e neppure per moda.  Figli inquieti e non schiavi tranquilli. Per continuare a disturbare con l’amore, con la fede e la speranza. Possiamo augurarci buon Natale del Signore così?

(da uno scritto di Sr Katia)

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letterina 20131214

Inquietudine

A partire dalla grande figura di Giovanni il Battista, lasciamoci guidare dall’inquietudine che non fa rima con quieto vivere né con rassegnazione.

Il quieto vivere è una specie di “tristezza del bene divino” come di ceva Tommaso d’Aquino: tutto quello che riguarda Dio e il suo Vangelo in fondo ci annoia, le sue parole ci appaiono come un’esagerazione, la sua bontà per i fratelli come un’ingiustizia. La rassegnazione, ci obbliga nel tempo a girare a vuoto: Scorrono giorni e anni e non costruiamo nulla per cui possiamo dire “che bello” e come dice l’Apostolo “viviamo in continua agitazione ma senza far nulla”.
La sintomatologia eccola qui. E puoi fare la conta.
Se totalizzi 5 punti… sei in grave pericolo di VITA!

  • Insoddisfazione diffusa e tendenza alla polemica. In genere nelle fotografie di gruppo sei quello che non sorride.
  • Impazienza accompagnata da una certa agitazione del corpo … non stai mai fermo. Voler tutto e subito è diventato un vanto.
  • Sonnolenza continua e ricorsi eccessivi a riposini e pennichelle. Il sonno senza sogno è un’ottima via di fuga dalla realtà.
  • Irritazione per chi fa il bene … perché sicuramente avrà un secondo fine. E tu mica sei fesso: nessuno se ne è accorto, ma tu sì … perché sei più intelligente.
  • Tendenza ad accontentarti: nello studio, nell’amicizia, nel lavoro, nell’impegno in parrocchia, con Dio, in amore. Se c’è un proverbio che citi spesso è proprio “in medio stat virtus” … sei come le giacchette che vanno bene per ogni stagione.

Guarire si può. Agitati si nasce, ma inquieti si diventa. E la terapia, d’urto se necessario, è da assumere senza preoccupazione di sovradosaggio. Non esistono controindicazioni.  
Alla prossima...

 

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letterina 20131207

Evangelii gaudium

Sul foglio che ogni giorno accompagna l’ora di adorazione in questo tempo di Avvento, ci sono alcuni stralci della lettera di papa Francesco . Qui troviamo un “bigino” della prima parte che invita alla lettura.
La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù": inizia così l'Evangelii gaudium, con cui papa Francesco affronta il tema dell'annuncio del Vangelo nel mondo di oggi. É un appello a tutti i battezzati, senza distinzioni di ruolo, perché portino agli altri l'amore di Gesù in uno "stato permanente di missione" (25), vincendo "il grande rischio del mondo attuale": quello di cadere in "una tristezza individualista" (2).  Il papa invita a "recuperare la freschezza originale del Vangelo", Gesù non va imprigionato entro "schemi noiosi" (11). Occorre "una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno" (25) e una riforma delle strutture ecclesiali perché "diventino tutte più missionarie" (27). Pensa, infatti, anche a "una conversione del papato" perché sia "più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell'evangelizzazione". Il ruolo delle Conferenze episcopali è da valorizzare realizzando concretamente quel "senso di collegialità" che finora non si è ancora pienamente concretizzato (32). Più che mai necessaria è "una salutare decentralizzazione" (16) e in questa opera di rinnovamento non bisogna aver timore di rivedere consuetudini della Chiesa "non direttamente legate al nucleo del Vangelo" (43). Il verbo messo al centro della riflessione è "uscire". Le chiese abbiano ovunque "le porte aperte" perché tutti coloro che sono in ricerca non incontrino "la freddezza di una porta chiusa". Nemmeno le porte dei sacramenti si dovrebbero mai chiudere. L'eucaristia stessa "non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli". Il che determina "anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia". (47). Molto meglio una Chiesa ferita e sporca, uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa prigioniera di se stessa. Non si abbia paura di lasciarsi inquietare dal fatto che tanti fratelli vivono senza l'amicizia di Gesù (49). Su questa via la minaccia più grande è quel "grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando" (83). Non ci si lasci prendere da un "pessimismo sterile" (84). Il cristiano sia sempre segno di speranza (86) attraverso la "rivoluzione della tenerezza" (88). 

 

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Venite Adoremus

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letterina 20131130

Seguiamo la stella

“Seguiamo la stella”: è questo il “titolo” dell’’itinerario d’Avvento 2013.

Ma quale stella? Iniziamo questo tempo forte con un articolo di Gigi Barcella che guarda e riflette a partire da uno spot.
<< Ecco alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “ Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?  Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo>>.

Così scriveva Matteo e, più o meno dal 500 dopo Cristo fino a qualche giorno fa, abbiamo creduto al <<suo>> astro nel ciel come segno dell’arrivo in terra del Bambin Gesù.

Ora però è in onda il tradizionale spot natalizio di Coca Cola con il racconto di un’altra verità sulla cometa di Natale.

Siamo in alta montagna , tra la neve. Da una cassa strana tipo osservatorio astronomico esce Babbo Natale e, pesante nel passo s’avvicina ad una sgangherata struttura in legno : un lungo binario puntato verso l’alto, sopra il quale scorre velocissima una catapulta che, azionata dal Babbo barbuto, spara nel cielo una stella con tanto di coda . E come tutte le stelle che viaggiano sopra di noi, non passa di certo inosservata. Una signorina piangente la vede e corre in strada, raggiunge il fidanzato e lo bacia con trasporto. Pace fatta.
Tocca adesso a una bambina subire l’influsso benevolo della cometa-coca: si accorge di una piantina spezzata e decide di salvarla, raddrizzandola e legandola ad un sostegno con il suo nastro per i capelli, prima che si spezzi del tutto e muoia. Un uomo, con tanto di bottiglietta di Coca appoggiata sul cofano dell’auto vede la stella-coca e decide di punto in bianco di affidare il volante al figliolo, esterrefatto dell’improvvisa fiducia dimostratagli dal suo papà. La jeep con i due a bordo si allontana in una lunga strada innevata che corre diritta tra gli alti pini coperti di neve. Chiusura con Coca Cola color rosso natalizio e una nuovissima frase: <<Anch’io credo in voi!>>, firmato Babbo Natale.

E’ un invito a rinnovare la tradizione e a dimenticarci dell’antica stella cometa per <<credere>> alla nuova by Coca Cola. Quella vecchia annunciava il Salvatore, questa moderna piccoli gesti banali. Evidentemente non sono più tempi, i nostri, per grandi avvenimenti: siamo piccoli, fuori e dentro .
Resta il problema: chi lo dice a Matteo?

 

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letterina 20131123

La fede e la famiglia

Nel cammino di Abramo verso la città futura, la Lettera agli Ebrei accenna alla benedizione che si trasmette dai genitori ai figli (cf. Eb 11,20-21). Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cf. Gen 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei proprio progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata. La fede poi aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l’amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona. E’ così che Sara, per la sua fede, è diventata madre, contando sulla fedeltà di Dio alla sua promessa (cf. Eb 11,11).In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita, a cominciare dall’infanzia: i bambini imparano a fidarsi dell’amore dei loro genitori. Per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraverso un’età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede. Tutti abbiamo visto come, nelle Giornate mondiali della gioventù, i giovani mostrino la gioia della fede, l’impegno di vivere una fede sempre più salda e generosa.
I giovani hanno il desiderio di una vita grande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi a esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità. 

Enciclica Lumen fidei 52-53

 

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