letterina 20140322

La bellezza è nell'occhio...

“La bellezza è nell’occhio di chi guarda”, dice un proverbio inglese.
Che occhio aveva Gesù quando ha incontrato la samaritana al pozzo?
Ascoltiamo questo racconto:
Ho imparato recentemente che anch'io posso guardare con gli occhi di Dio. Qualche giorno fa, mentre facevo vedere ad una amica beduina alcune fotografie delle ultime attività con i bimbi dell'accampamento, il suo sguardo cadde casualmente su alcune foto istantanee del minore dei suoi figli. Si tratta di un bambino ammalato, con gravi malformazioni che fanno spesso girare il viso con curiosità o ripugnanza a quanti lo incrociano. Conoscendo la riservatezza e la dignità propria dei beduini, avevo scattato quelle fotografie di nascosto, raccogliendo alcuni dei momenti più felici della famiglia: sorrisi sdentati, smorfie furbe e gioconde, abbracci e pose buffe. Lo avevo fatto per raccogliere quei momenti belli, pensando soprattutto a quando lui non ci sarà più. Sentii subito la reazione della mamma di fronte a quelle fotografie: due lacrime silenziose solcarono il suo viso e bagnarono il hijab che copre il suo volto. Mi scusai immediatamente con imbarazzo, per aver osato usurpare alcuni momenti della loro intimità. "No  - mi disse- non ti scusare. È proprio bello, vero? Mi fa un piacere immenso sapere che tu lo vedi come lo vedo io."
Così, anche questa Quaresima, la Chiesa ci invita ad assumere lo sguardo benevolente e vivificante di Dio, specialmente verso i membri più vulnerabili delle nostre comunità, per trovare in essi, guardati, amati e scelti da Dio, lo stupore di una bellezza a noi sconosciuta!

Suor Alicia Vacas, comboniana che vive a Betania

 

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letterina 20140315

Si è fatto povero... (2Cor 8,9)

Dal messaggio del Papa per la Quaresima:
Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana. Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole. Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.   

Papa Francesco

 

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letterina 20140308

La beatitudine del digiuno

Che senso ha “fare Quaresima”, nei quaranta giorni di preparazione alla Pasqua, quando, in realtà, si fa già Quaresima semplicemente perché si sta attraversando tutti un “periodo di privazioni”?
C’è da notare una apparente stranezza. Il digiuno della Quaresima era molto più rigoroso in passato. Genericamente, nelle società contadine di alcuni decenni fa, si digiunava di più, nel senso che i giorni di digiuno erano più numerosi, le regole del digiuno erano più rigorose e più gente le osservava. Il passaggio da una società povera a una società ricca ha significato anche la perdita del senso e della pratica del digiuno. La Chiesa stessa ha preso atto e ha aggiornato le regole. La Costituzione apostolica Paenitemini di Paolo VI, del 17 febbraio 1966, limita infatti il digiuno ecclesiastico a due giorni dell’anno: il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo.  Per cui la domanda su che cosa vuol dire digiunare in periodo di crisi come quello che stiamo attraversando non è una domanda peregrina. Che la gente mangi di meno, lo dicono tutte le statistiche. Esistono flessioni significative nelle spese per il cibo, anche per generi alimentari di prima necessità. Non si compera soltanto meno caviale, ma meno carne e meno frutta. Dunque, si capisce meglio che cosa vuol dire digiunare quando si  mangia di meno. Chi ha poco si trova nella situazione buona per dare senso nuovo anche alla sua penuria. Chi ha molto non si ricorda di quando aveva poco e non si lascia commuovere da chi ha meno di lui. Ciò che si richiede, comunque, per parlare di digiuno o di nuova cultura del mangiare e del bere è di disporre di quel "senso diverso" verso cui indirizzare la propria fame. In altre parole: il senso del poco pane non dipende dal pane, ma da chi lo mangia. La penuria del mangiare prende un senso nuovo da parte di chi la soffre.
Allora mi pare che le "privazioni" attuali possono diventare preziose su due piani.
Primo: possono contribuire a far cercare un equilibrio diverso fra la necessità del mangiare e del bere e il suo soddisfacimento. La società degli obesi, tipica società moderna, è una società malata di molto cibo e di poca capacità di autocontrollo.
Secondo: i credenti possono, in questo sforzo, dare un senso totalmente nuovo al non mangiare.
Nella prima domenica di Quaresima si ascoltano le "tentazioni" cui è sottoposto Gesù . Dopo che ha superato vittoriosamente le tentazioni, il Vangelo racconta che <<il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano>>. In mezzo al deserto, al termine della straordinaria penuria di cibo, fiorisce il Paradiso, dove Gesù mangia e dove i camerieri sono gli angeli. Splendida immagine. Dopo che l’uomo è stato capace di essere forte fino all’estremo, allora il Paradiso gli si fa incontro. 

Alberto Carrara

 

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letterina 20140301

Cenere siamo e cenere...

Le cronache dicono che San Francesco compose il Cantico delle creature dotato di un accompagnamento musicale di cui però non è rimasta traccia. Sembra che Francesco stesso cantasse la sua laude assieme ai fratelli nella chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Chissà se Chiara ha avuto modo di ascoltarlo cantare? Spesso gli mandava delle missive per chiedergli di venire a portare una buona parola al convento.
Lo supplicava di visitare le sue poverelle, le sue "pianticelle", come le aveva chiamate una volta. Ma lui non si faceva vivo. Quasi temesse di intenerirsi troppo. La sola volta che acconsente a recarsi al convento di San Damiano che lui stesso aveva aiutato a ricostruire, sorprende le sorelle per il suo silenzio. Si aspettavano una profezia,  un racconto, una consolazione. E invece lui entra a testa bassa, pensieroso. Prende della cenere dal focolare spento, la spande intorno formando un cerchio, vi si accuccia in  mezzo, si cosparge la testa di quella stessa cenere, recita il miserere, si alza e se ne va senza proferire parola.  Le suore rimangono stupite, forse anche un poco mortificate per questo comportamento quasi sprezzante. Ma sprezzante Francesco non è. Piuttosto portato alla gestualità. Quando pensa che le parole non siano necessarie, si esprime con perfetta teatralità mistica, composto e intenso, proprio come in una rappresentazione sacra. Ricordiamo la spogliazione pubblica, così potente come gesto: quel farsi vedere nudo e fragile davanti al padre e alle autorità di Assisi. E questa scena della cenere va interpretata certamente nello stesso senso. Anche qui siamo di fronte a una cerimonia ammantata di solennità e di teatralità. Come dire: non ho bisogno di parole con voi sorelle, sapete tutto di me e io di voi, condividiamo le stesse idee, abbiamo gli stessi sentimenti. Voglio solo ribadire qui con voi la pratica dell'umiltà di fronte a Dio. Cenere siamo e cenere torneremo. Non ho altro da dire.
Iniziamo così la Quaresima….

Da: Dacia Maraini: Chiara di Assisi

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letterina 20140222

Te la do io la paghetta

In Italia un minore su quattro, tra i 6 e i 17 anni, riceve regolarmente dai genitori una paghetta settimanale, che in media si aggira intorno ai 16 euro.
Il tema è l'occasione per riflettere su un uso consapevole del denaro che si impara in famiglia. Sulla paghetta e sul regalare del denaro ai più piccoli di casa esistono almeno due scuole di pensiero. Ci sono genitori d'accordo sulla paghetta in quanto ritengono che, offrendo ai ragazzi la possibilità di gestire un piccolo budget, li si allena all'uso consapevole del denaro. E ce ne sono altri che pensano invece sia meglio dare soldi ai figli solo quando servono, quando essi stessi esprimono chiaramente un bisogno: tali genitori non vogliono collegare la paghetta a un preciso compito da svolgere in casa, perché così facendo pensano di non riuscire a trasmettere il valore della gratuità all'interno della famiglia.
«Non si può dire che ci sia in assoluto un modo di pensare e di fare migliore dell'altro, in quanto anche l'educazione al denaro dipende dalle regole e dall'esempio che si danno in famiglia  - spiega Giovanna Boggio Robutti, responsabile Programmi di educazione finanziaria del Consorzio Patti Chiari, che riunisce sessantadue banche e che promuove e realizza progetti di educazione economica in tutta Italia  -. Dal nostro punto di vista, è importante aiutare i bambini a comprendere il ciclo del denaro e del guadagno: questo significa, per esempio, educare i piccoli al fatto che, a fronte di un lavoretto che si fa a casa, si può ricevere un piccolo compenso; che, con la paghetta che si riceve, si può iniziare a risparmiare; che il risparmio può essere speso con modalità ben definite con i genitori».
Educare all'uso dei soldi, anche attraverso la paghetta, significa inoltre dare attenzione al fatto che il denaro è uno strumento importante per il benessere individuale e del Paese, uno strumento che bisogna conoscere.
«Con i nostri progetti educativi, che nell'anno scolastico 2012/2013 hanno raggiunto direttamente 40 mila tra ragazze e ragazzi - prosegue Boggio Robutti -cerchiamo di far capire ai giovani che il denaro si guadagna con il duro lavoro e che bisogna avere un po' di rispetto nello spenderlo. Non ci sono scorciatoie per guadagnarlo in modo veloce, privo di rischi e legale».

Agnese Fideli

 

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letterina 20140215

Sarebbe bello

Cari ragazzi e ragazze di Belsito,
ho saputo che in questi giorni a scuola dovrete decidere per l’ora di religione del prossimo anno e questo mi ha fatto venir voglia di scrivervi...
Vi offro il parere mio e ve ne darò anche le ragioni. Il mio parere è semplice.
Per me dovreste senz’altro iscrivervi all’ora di religione. Voi direte: «Per forza! Sei un prete! Tu vorresti tutti a catechismo!». Non è così. L’ora di religione non è un’ora di catechesi. Questo dev’essere chiaro sia per voi sia per gli insegnanti. La catechesi ha per scopo la crescita nella fede ed è per i credenti.
La sua sede è l’oratorio, la parrocchia.
L’ora di religione è un’ora di scuola come le altre, da portare avanti con metodi e criteri scolastici e con un unico scopo che è quello di vincere l’ignoranza.
L’ignoranza, ragazzi, lo sapete, non fa male alla pancia, ma è indecorosa. Un ignorante è proprio solo un ignorante. Dal non sapere possono venire solo gaffes vergognose, inconvenienti anche rischiosi e guai grossi.
L’ora di religione serve a darsi le coordinate necessarie per conoscere e interpretare correttamente la nostra cultura, che, piaccia o no, da duemila anni è tutta intrisa di religione e di religione cattolica. Il conoscere anche solo l’abicì della religione cattolica è indispensabile per capire tanto della nostra storia, moltissimo della nostra letteratura (pensate anche solo alla Divina Commedia), della nostra arte, del nostro lessico, della nostra toponomastica, delle nostre usanze…
In questo senso, il partecipare all’ora di religione sarebbe importante anche per gli immigrati: li aiuterebbe a ben situarsi nel nostro paese, perché lo conoscerebbero di più e meglio. Per me, ragazzi, perfino agli agnostici e agli stessi nemici della Chiesa conviene informarsi sull’impatto tra la religione cattolica e la nostra cultura... Ecco: quando avrete sentito tutte le campane, pensateci su bene, senza fretta, e poi, in base all’idea consapevole che vi sarete fatta, decidete. Sarà senz’altro una decisione secondo coscienza. Ho finito. Ciao a tutti.
E buon anno.

da: Diario di un prete, Sant’Alessandro settimanale online

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