Inquietudine (2)
Ecco la “terapia d’urto” per la rassegnazione (ricordi la prima parte?) Poi cerca la tua “piccola scomodità”. Tutti si vantano delle grandi e nuove comodità che sono riusciti a guadagnare dopo un anno di lavoro. Tu vantati della tua “piccola scomodità”. Io porto una tonaca a forma di croce che mi tiene caldo d’estate e freddo d’inverno. E’ la mia “piccola scomodità” che mi aiuta a fare penitenza, cioè a convertirmi, cioè a ricordarmi tutti i giorni che non è finita qui, che sono ancora in cammino e che il meglio, anche il meglio di me, deve ancora venire. E in quella direzione voglio camminare. E poi, davvero per finire, non limitarti al tuo. Al di là del dovere. Andare al di là del dovere. Non per dovere, ma per passione. Prendi qualcosa dalle spalle dell’altro: una preoccupazione, un debito, una preghiera da fare a Dio, un problema, una solitudine. Ti auguro di passare notti inquiete. Non insonni, ma inquiete. Perché è così bello fare bene il bene che non vedi l’ora che sia giorno. Manda in vacanza il demone di mezzogiorno, quello che spegne la capacità di pensare e vegliare e attendere e leggere la realtà senza ingoiare con un bicchiere d’acqua anche i cammelli delle stupidità di stagione. Inquieti per vocazione non per puntiglio e neppure per moda. Figli inquieti e non schiavi tranquilli. Per continuare a disturbare con l’amore, con la fede e la speranza. Possiamo augurarci buon Natale del Signore così? (da uno scritto di Sr Katia) Scarica qui la letterina Spiegazione del Presepe in Chiesa
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