letterina 20110219

L'affondo 

Charitas sine modo

Carissimi,
sono stato colpito dalla scritta collocata sopra il crocifisso ligneo della vostra splendida chiesa: Charitas sine modo.  È un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: amore senza moderazione. Smodato, sregolato.
Amore senza freni, senza misura, senza ritegno...
Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun’altra consegna che questa: Charitas sine modo. Amore senza misura. Disposto, cioè, a giocare in perdita per il bene del prossimo. Felice di pagare prezzi da capogiro pur di salvare una sola vita umana. Capace di raggiungere perfino il più indisponente nemico. Deciso a scavalcare le lusinghe della violenza, anche quando c’è da recuperare un sacrosanto diritto.
Ma mentre in chiesa dicevamo queste cose, nel mondo accadevano vicende terrificanti. Ve ne ricordate? Abbiamo vissuto... trepidando e pregando prima, perché il Signore allontanasse la tragedia della guerra dal genere umano; soffrendo e sperando dopo, nell’attesa che la logica della pace tornasse a prevalere sugli scenari di morte. Oggi mi è penoso rievocare la malinconia di quei giorni. Perché qualche colpa ce l’abbiamo pure noi. Siamo rimasti lacerati tra i richiami dell’«onnidebolezza» di Cristo e la seduzione dell’«onnipotenza» dell’uomo. Forse le ragioni della nonviolenza evangelica non ci sono parse così affidabili come le argomentazioni della forza delle armi. Abbiamo corretto il tiro di quella frase assurda: amore, sì, ma fino a un certo punto; che diamine! Dio, quanta tristezza!
L’esperienza di quei giorni, comunque, contribuisca a farvi giudicare ogni guerra, almeno per il futuro, come la contraddizione più aperta con quella scritta collocata sulla cornice del vostro Crocifisso: Charitas sine modo. 

Da una lettera del Vescovo Tonino Bello ad una Parrocchia di Molfetta 

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.

 

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letterina 20110212

L'affondo 

Tre tristi sorelle

La vigliaccheria chiede: "È sicuro?".
L’opportunità chiede "È conveniente?".
La vanagloria chiede: "È vantaggioso?".
 
La vera misura di un uomo si vede non nei momenti di comodità o convenienza, ma tutte le volte in cui affronta il rischio o la sfida.
Vigliaccheria, Opportunità, Vanagloria:  sì, sono tre tristi sorelle che passeggiano per le strade della storia col loro corteo di adepti. Ce lo ricorda nelle righe sopra citate un personaggio che le ha sempre snobbate, Martin Luther King, imboccando invece le vie del coraggio, del rischio, della laboriosa umiltà. E a lui, assassinato a Memphis nel 1968 a 39 anni, s'adattavano pienamente le parole del Giulio Cesare di Shakespeare: "I vigliacchi muoiono molte volte prima di morire, mentre i coraggiosi provano il gusto della morte una sola volta". Egli non calcolava il vantaggio personale, l'interesse privato, come gli suggeriva l'Opportunità, né misurava tutto il suo impegno sul successo promesso dalla Vanagloria.
Purtroppo, però, dobbiamo riconoscere che lo stile di vita celebrato dalla società contemporanea è tutto racchiuso in quella trilogia. Ciò che è sicuro, che conviene ed è vantaggioso è l'unità di misura costante adottata a partire dai politici, scendendo giù fino al popolo.
Scegliere, invece la giustizia, l'amore, l’ impegno per gli altri è un rischio che si cerca di evitare. Ed è così che si diventa meschini, gretti, mediocri; si è incapaci di un atto libero e gratuito, al punto tale che, se qualcuno si rivela generoso, viene sospettato di inganno o bollato di ingenuità (forte ma vera è la frase di uno dei "cafoni" del Fontamara di Silone: "Se è gratis, c'è l'inganno!". La lezione evangelica del perdere per trovare è aborrita dalle tre sorelle, per esse il dare non è più gioioso del ricevere; ma alla fine, una vita senza rischio o sfida, senza generosità e libertà è simile a un noioso pomeriggio invernale trascorso in casa, lasciando gocciolare le ore...  

Mons. Gianfranco Ravasi 

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.

 

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letterina 20110205

L'affondo 

"Educare alla pienezza della vita"

L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione. Auspichiamo e vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a partire dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto.

Come osserva Papa Benedetto XVI, «alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita» Con preoccupante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza: creature a cui è impedito di nascere, esistenze brutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro. Cogliamo in questo il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispetto e alla cura di essa in ogni stagione e particolarmente nelle sue espressioni più fragili. Il fattore più inquietante è l’assuefazione: tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido di chi non può difendersi. Smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso: «l’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa» (Gaudium et spes, n. 36).

Occorre perciò una svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate, sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, seppur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto.

Vogliamo di cuore ringraziare le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana e tutte le associazioni che giorno dopo giorno si adoperano per sostenere la vita nascente, tendendo la mano a chi è in difficoltà e da solo non riuscirebbe a fare fronte agli impegni che essa comporta.

DAL MESSAGGIO PER LA 33 GIORNATA NAZIONALE DELLA VITA DEL

CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 

 

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

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letterina 20110130

L'affondo 

I cristiani colpiti nelle chiese

Vorrei sottolineare un dato che emerge dalle più recenti stragi di cristiani, a Baghdad come ad Alessandria, come in tanti altri luoghi: le vittime vengono colpite mentre sono riunite in preghiera nelle assemblee domenicali, mentre celebrano il mistero cruciale della loro fede. Se da parte dei terroristi può essere solo un calcolo assassino per mietere un maggior numero di vittime, non dobbiamo trascurarne la valenza simbolica e la sua centralità nel discorso della libertà religiosa. Garantire a ogni cittadino la libertà di professare in privato e in pubblico la propria fede è ciò di cui ogni stato di diritto dovrebbe farsi carico, ma per i cristiani l’eucarestia domenicale è ben di più di un gesto "pubblico": è l’evento comunitario per eccellenza, è il luogo e il tempo che costituisce come tale una comunità cristiana. Non si tratta di avere uno spazio in cui potersi riunire o manifestare, un luogo e un giorno che potrebbero quindi variare di volta in volta per ragioni di sicurezza, ma di ritrovarsi nel "giorno del Signore" per celebrare la "cena del Signore", per riconoscersi comunità convocata dalla parola di Dio e chiamata a formare un corpo e un’anima sola. Per questo i cristiani, anche minacciati di morte, non rinunciano a ritrovarsi in chiesa come assemblea di credenti, come hanno ribadito i cristiani in Egitto e in Iraq in questi giorni. Non a caso già negli "Atti dei martiri" dei primi secoli troviamo testimonianze limpidissime in questo senso. Durante la persecuzione di Diocleziano (304 d. C.), al proconsole di Abitene - nell’odierna Tunisia - che lo accusava di aver ospitato nella sua casa assemblee domenicali cristiane contro l’editto dell’imperatore, il martire Emerito rispose: "non potevo proibire loro di entrare in casa, perché senza l’eucaristia domenicale non possiamo esistere".È su questa consapevolezza del profondo legame tra fede personale ed espressione comunitaria del culto che si radica il cristianesimo: non su identità culturali reali o immaginarie, non su astratte convergenze di idee, ma sul vissuto quotidiano nella comunità dei credenti, sulla trasparenza di una testimonianza di fratellanza e di amore universale. Questo non va dimenticato ...                                               

fr. Enzo Bianchi 

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letterina 20110123

L'affondo 

Terza tappa: un frustolo di pane

Il tempo che precede l’inizio della Quaresima (quest’ anno decisamente lungo) ci vede nella terza tappa del nostro itinerario pastorale a lavorare intorno alle dimensioni della condivisione e comunione. Non può esserci pace senza giustizia...non può esserci vera giustizia senza fraternità.
 
Nella mia bisaccia, oltre al ciottolo del lago e al ciuffo d'erba del monte, riporrei un frustolo di pane.
Il riferimento alle scorte avanzate, dopo l'intervento di Gesù per sfamare le folle, è chiaro.
E allora mettersi nella bisaccia un pezzo di quel pane avanzato, significa portarsi incorporata l'allegoria dell'impegno concreto di fronte alle grandi sfide con cui oggi la storia interpella le religioni: la fame, la guerra, il degrado ambientale, la sperequazione tra nord e sud del mondo.
 
Qualcuno, anche all'interno della nostra chiesa, si preoccupa del fatto che accentuare queste cose significa ridurre a dimensioni inframondane la salvezza operata da Gesù.
Gesù - si dice - è venuto a liberarci dal peccato e a darci la salvezza eterna, non è venuto a liberarci dalla miseria o a darci una salvezza confinata nell' effimero.
 
Chi pensa in questo modo evidentemente non tiene conto del destino unitario, complessivo dell'uomo; così come non tiene conto neppure di certi allarmati linguaggi del Papa (Giovanni Paolo II, ndr), il quale, nella sua prima enciclica, ha usato una frase audacissima, che sembra correre sul filo di uno stato di depressione poco compatibile con lo stile pontificio: siamo angosciati per l'uomo.
 
Non c'è, quindi, tempo da perdere in queste distinzioni alienanti, mentre l'uomo muore.
 
Il pane per me - diceva Berdjaev - è una questione materiale, il pane per il mio vicino è una questione spirituale.

Don Tonino Bello 

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letterina 20110116

L'affondo 

Cento anni di ecumenismo

Nell'estate del 1910, nella capitale scozzese si incontrarono oltre mille missionari, appartenenti a diversi rami del Protestantesimo e dell'Anglicanesimo, a cui si unì un ospite ortodosso, per riflettere insieme sulla necessità di giungere all'unità per annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù Cristo. (...) 
Ad un secolo di distanza dall'evento di Edimburgo, l'intuizione di quei coraggiosi precursori è ancora attualissima". Con queste parole Benedetto XVI ha fatto memoria dell’evento a cui si vuole ricondurre l’inizio del movimento ecumenico: la Conferenza mondiale missionaria di Edimburgo...
Edimburgo ci ricorda che il cammino ecumenico è possibile solo nella diversità dei soggetti, non nell'identità: quella via ecumenica da praticare, che il teologo luterano Oscar Cullman chiamava  "unità della Chiesa nella diversità delle sue appartenenze". L'ecumenismo, oggi come ieri, ha anzitutto il compito di convertire l'unità cristiana, facendola transitare dal modello imperiale a quello ecclesiale, da un’unità uniforme ad un’unità multiforme. Compito dell'ecumenismo è realizzare l'unità senza perdere la diversità. Finora nella storia della Chiesa l'unità è stata conquistata e mantenuta a prezzo dell’uniformità, e la diversità è stata conquistata a prezzo della divisione. La febbre ecumenica non è arbitraria. Unità e diversità sono un dato fondamentale della fede cristiana. Dio è uno e trino, unità nella molteplicità, molteplice nell'unità. Una Bibbia, ma due Testamenti. Cristo è uno in due nature, è unità e diversità. Abbiamo un Evangelo, un messaggio e quattro Evangeli. Abbiamo uno Spirito e molte lingue. Abbiamo una Chiesa e molti modelli di Chiese già nel Nuovo Testamento. La passione ecumenica nasce dal cuore stesso della Rivelazione cristiana.

Daniele Rocchetti 

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