letterina 20100905

L'affondo

 Un altro segno di croce

Una povera vedova inglese, caduta ammalata, fu portata in un ospedale di Londra, dove morì. Il suo unico figlio di otto o nove anni veniva intanto collocato in un orfanotrofio. Egli era cattolico irlandese, mentre l'orfanotrofio era protestante. Il parroco temendo per la fede del bambino, decise di ritirarlo da quell'istituto; se non che le autorità locali lo avevano già traslocato  in un altro asilo, con un nome diverso da quello di battesimo.
Per lungo tempo, il sacerdote rimase deluso nelle sue ricerche. Finalmente credette d'aver trovato l'orfanotrofio in cui viveva la pecorella del suo ovile.
Si reca all'asilo, esamina i registri, interroga il sopraintendente: nessun fanciullo cattolico, che porti un nome irlandese, è stato accolto in quell'istituto.
Il parroco è sul punto di smettere le ricerche, quando un'idea gli balena alla mente e chiede al sopraintendente il permesso di visitare tutti gli orfanelli. Quegli risponde che, proprio in quel punto, entravano in sala pranzo.
«Ragazzi», disse il sacerdote «guardate a me: Nel nome del Padre e...».
Aveva appena portata alla fronte la mano, quando scorse uno tra gli orfanelli alzare istintivamente la destra e segnarsi dicendo: del Figlio... Gli altri, erano 320, restarono immobili con evidente meraviglia.
«Questo è il cattolico, questo il fanciullo ch’io cercavo!» esclamò allora il sacerdote rivolgendosi al sopraintendente. Questi aveva sentito parlare del segno della croce fatto dai cattolici, ma confessò che non avrebbe mai pensato che fosse tanto efficace, da far ritrovare un bambino perduto.


Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20100829

L'affondo

 Due domande ad Enzo Bianchi

Lei  ricorda che  la violenza e l’aggressione verbale sono un habitat quotidiano: a cominciare dalla tv tutti si sentono autorizzati e incoraggiati alla rissa, al dileggio, alla rottura delle regole. Alternative possibili secondo lei ce ne sono? 

«Un’alternativa sarebbe il silenzio o, meglio, l’articolazione intelligente tra silenzio e parola: la scelta di tempi e momenti opportuni per dire una parola che abbia la possibilità di essere ascoltata. È inutile aggiungere anche il proprio urlo al vociare indistinto, 'a caldo': meglio fermarsi un attimo, pensare, lasciare che le emozioni si plachino, fare 'memoria' dell’evento particolare per rileggerlo in una prospettiva più ampia, con un respiro più universale. A volte ci sono silenzi molto più eloquenti di tante urla».


Quando parla del dialogo lei afferma che il fine non è il consenso. Un’idea di comunicazione differente a quella cui siamo abituati, se pensiamo soprattutto al confronto politico. Quali elementi sono necessari per dialogare veramente?

«Innanzitutto la consapevolezza di essere parte di un’unica umanità, la solidarietà tra esseri umani, la convinzione che perfino il mio nemico può essere il mio migliore maestro, in quanto nel dialogo, anche acceso, mi obbliga a far emergere il meglio di me stesso per sostenere il mio punto di vista e la rettitudine del mio pensare e agire. Da un dialogo autentico non si esce con il trionfo di un pensiero unico, ma con una riflessione più articolata, cosciente dei propri limiti e della propria fondatezza. E anche, con il rispetto delle idee dell’altro».


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letterina 20100822

L'affondo

 Humanum est

Mentire, rubare "non è il vero essere umano". Certo, solo gli esseri umani mentono e rubano, è proprio della nostra natura ferita cadere in comportamenti deprecabili.
Rubare, mentire e più in generale trasgredire uno dei dieci comandamenti - le dieci parole che narrano la verità intima dell’uomo - non è solo questione di commettere un peccato, di infrangere un precetto religioso, vuol dire anche e soprattutto tradire la propria e l’altrui dignità umana. Umano, infatti, non è ciò che fan tutti, cedendo al proprio istinto, assecondando il proprio egoismo o usando in modo distorto delle proprie capacità intellettive. Umano, invece, è ciò che rende l’uomo degno di tal nome, ogni gesto e parola che crea comunione, che accresce la vita, che manifesta solidarietà verso i propri simili. Homo homini lupus recita l’antichissimo adagio ma, appunto, così facendo l’uomo si mostra lupo non uomo! In questo senso il messaggio biblico, e quello evangelico in particolare, sono una "buona notizia" innanzitutto antropologica: ci aiutano a capire, svelano ai nostri occhi l’autentica qualità dell’uomo. .. Quando diciamo che certi comportamenti appartengono alla "natura umana", che sono inevitabili, quando ne sminuiamo la gravità chiamando tutti a correi, quando ci rifugiamo nell’ "errare humanum est", noi in realtà offendiamo la dignità umana, sviliamo l’uomo che invece è capace di pensare, agire, vivere secondo una volontà di bene e non di male. Del resto, quando alcuni gesti malvagi vengono portati all’estremo, la nostra reazione non è forse proprio quella di considerarli disumani, bestiali, estranei all’uomo come lo concepiamo idealmente? Il vangelo ci dice  che in ciascuno di noi alberga l’uomo vero, una persona capace di rapportarsi con gli altri e con le cose non nello spazio della preda e della menzogna, ma in quello della condivisione, della solidarietà, della verità che è carità, attenzione agli altri e alla vita piena.  

Enzo Bianchi


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letterina 20100815

L'affondo

 15 agosto

Il 15 agosto è l’anniversario del giorno in cui a Gerusalemme, nel V secolo, è stata dedicata una delle prime chiese a Maria. I cristiani hanno da sempre pensato che Maria fosse associata in modo unico al mistero del suo Figlio, compreso il momento della morte. Così è sorta la convinzione che Maria fosse stata introdotta a partecipare anche alla risurrezione di Gesù. Ben presto non si è usato più parlare della «morte» di Maria, ma si è preferito chiamarla «dormizione», intendendo affermare come Maria non avesse conosciuto la corruzione del sepolcro. Il corpo che aveva dato carne al Verbo di Dio non poteva non partecipare della gloria divina.
L’assunzione di Maria rimane un mistero e come tale è incomprensibile ai nostri occhi e difficile da penetrare per la nostra mente. Ma in Maria contempliamo l’opera del Figlio, e tutto ciò che avviene in lei, avviene per mezzo di suo Figlio, unico Salvatore degli uomini. Ciò che oggi celebriamo in Maria è ciò che è promesso a tutti e che noi crediamo già realizzato in Gesù, ossia la risurrezione dei nostri corpi mortali. Invece di essere una difficoltà per la nostra fede, l’Assunzione può diventare un aiuto prezioso, un momento di crescita nella speranza delle realtà future. Una speranza per la pienezza della nostra risurrezione, quando in corpo ed anima anche noi contempleremo per l’eternità il volto di Dio.  
Ma guardiamo a lei, la donna vestita di sole dell’Apocalisse. Guardiamo alla Madre di Gesù che, incinta, corre da Elisabetta. Guardiamola mentre va in fretta dalla cugina, anche lei in attesa di un figlio. Maria, pellegrina nella fede come ognuno di noi, viene proclamata beata proprio perché ha creduto. Dalla fede-abbandono di Maria nasce quel cantico di lode che Luca ha inserito come gioiello di unica bellezza nel suo Vangelo. Maria canta Dio. Con il Magnificat ella  ci dice chi è il Dio nel quale ha creduto. Anche noi dobbiamo guardare Dio in cui diciamo di credere come Maria


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letterina 20100808

L'affondo

 San Lorenzo

Lorenzo era originario di Osca, in Aragona (Spagna) alle falde dei Pirenei. Ancora giovane, fu mandato a Saragozza per completare gli studi umanistici e teologici; lì conobbe il futuro Papa Sisto II. Questi, che era originario della Grecia, insegnava in quello che era, all'epoca, uno dei più noti centri di studi della città e, tra quei maestri, il futuro papa era uno dei più conosciuti ed apprezzati.
Tra maestro e allievo iniziò un'amicizia e una stima reciproche. Entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.  
Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma, che beneficiavano 1500 persone fra poveri e vedove.  
Agli inizi dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, ordinando che tutti i vescovi, presbiteri e diaconi dovevano essere messi a morte.
L'editto fu eseguito immediatamente e Sisto II, sorpreso mentre celebrava l'Eucaristia nelle catacombe di San Callisto, fu ucciso con quattro diaconi il 6 agosto; quattro giorni dopo fu la volta di Lorenzo. A partire dal IV secolo Lorenzo è stato uno dei martiri più venerati nella Chiesa di Roma. Costantino I fu il primo ad edificare un piccolo oratorio nel luogo del suo martirio. Tale costruzione fu ampliata e abbellita da Pelagio II (579-590).  Sisto III (432-440) costruì una grande basilica sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito.  Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono la basilica che esiste tutt'oggi.  La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla « Depositio martyrum », uno scritto dell'anno 354. Per il martirio di Lorenzo abbiamo la testimonianza particolarmente eloquente di Ambrogio nel « De Officiis », ripresa, in seguito, da Prudenzio e da Agostino d'Ippona, poi ancora da Massimo di Torino, Pier Crisologo, Leone Magno. Ambrogio si dilunga, dapprima, sull'incontro e sul dialogo fra Lorenzo ed il Papa, poi allude alla distribuzione dei beni della Chiesa ai poveri, infine menziona la graticola, strumento del supplizio, rimarcando la frase con cui l'arcidiacono della Chiesa di Roma, rivolgendosi ai suoi aguzzini dice: « Sono cotto da questa parte, girami dall'altra e poi mangiami ».

 

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letterina 20100801

L'affondo

 La Porziuncola

Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
"Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". E qualche giorno più tardi insieme ai Vesovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!". (Da "Il Diploma di Teobaldo", FF 3391-3397)

 

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