letterina 20120122

Divertimento o stordimento?

Che società è una società incapace di comunicazione profonda e in cui l’arbitrio personale e la soddisfazione immediata delle pulsioni del singolo sono divenute la legge dominante? E’ la società che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, una società in cui i miasmi delle decomposizione già da tempo ammorbano l’aria. Distrutto il rispetto dell’uomo per se stesso, cancellata l’idea che il costruire sia alla base di un’esistenza piena, distrutto il senso di appartenenza, ridicolizzato il timore per il mistero, snaturato il rapporto tra le generazioni, che cosa rimane? Rimane lo spazio per poteri sinistri e forti, per la loro azione volta a trasformare la complessità dell’uomo nella devota moltitudine delle formiche. La crisi economica degli ultimi anni è la crepa che si è aperta in un terreno troppo a lungo secco. L’aridità antropologica ha generato l’aridità economica ed è stato un bene perché, davanti alla grave concretezza del problema, molti finalmente hanno aperto gli occhi, stupefatti. Oh! C’è qualcosa che non va nel nostro mondo! Svuotato il Cielo, tra gli uomini è subito scesa l’ebrezza della libertà. Emancipati dall’arcaica idea di Dio, ci siamo convinti di poter ottenere tutto: pace, progresso, uguaglianza. Tutto sembrava a portata di mano, la buona volontà illuminava il futuro, la ragione avrebbe distrutto ogni antico residuo di schiavitù rendendo l’uomo felice paladino dei suoi giorni. Ma l’ebrezza e la lucidità sono simili a due piatti di bilancia contrapposti: più pesa l’una, meno pesa l’altra. Se la lucidità avesse preso il sopravvento, sarebbe stato relativamente facile comprendere che, distruggendo, si crea soltanto una distruzione, come anche capire che la natura non ama il vuoto e che un Cielo sgombrato dal suo legittimo proprietario si popola rapidamente di una miriade di chiassosi abitanti abusivi. L’ abbondanza di questi abitanti – gli idoli – ha reso l’uomo schiavo di mille padroni e, in questa moltitudine di voci e di richiami, ha finito per smarrire il senso della direzione. Vagando nella nebbia lentamente ha iniziato a confondere i confini di se stesso. Chi sono? Dove vado? Cosa sono? Non sono più un chi – persona – ma una cosa. E come cosa, fluttuo, insieme alle altre cose, nell’apparente allegria di questo naufragio senza meta.

Da Susanna Tamaro, L’isola che c’è

 

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letterina 20120115

Divertimento o stordimento?

Lo scorso anno il capo della polizia della città inglese di Nottingham, esasperato dalla situazione che ogni sabato si trovava a gestire, obbligò due dirigenti comunali a salire sulla sua macchina per andare a vedere con i loro occhi la situazione. Una mossa ad effetto con un unico obiettivo: quello di fare uscire dalla clandestinità l’emergenza dell’alcolismo tra i giovani. A Nottingham come a Bergamo e in tutte le città italiane, le statistiche snocciolano dati impressionanti, resi noti nei giorni scorsi anche su queste colonne. Il 41,4% degli studenti bergamaschi interpellati dall’Osservatorio delle dipendenze dell’Asl di Bergamo, e il 30,8% delle studentesse, hanno ammesso di aver sperimentato nell’ultimo mese il “binge drinking”. Una formula non facilmente traducibile in italiano ma che indica qualcosa di più di una “sbronza”: un bere ripetutamente in modo compulsivo, col deliberato intento di stordirsi sino a perdere i sensi. Un modo di bere senza sorseggiare, ma trangugiando l’alcol tutto d’un fiato. Già due mesi fa l’Osservatorio permanente giovani e alcol, presentando i dati delle ultime ricerche Doxa, aveva evidenziato una tendenza preoccupante: mentre cala il consumo complessivo di alcolici, cresce l’allarme per gli eccessi giovanili, soprattutto per le nuove abitudini “fuori pasto” (gli happy hours, per esempio). Ma il vero problema  è che nessuno sembra rendersi conto di questa deriva che sta segnando le abitudini dei ragazzi. Lo si è spiegato come un fenomeno dettato più da una voglia di divertirsi che come sintomo di un malessere generazionale. Ma alla domanda rivolta ai ragazzi sul perché si lascino andare al “binge drinking”, la risposta largamente maggioritaria è una sola: per vincere la noia. Quindi l’esatto opposto di quel che, con troppa superficialità, si presumeva. E non sono affatto superficiali le conseguenze che questi eccessi estemporanei lasciano sul fisico dei ragazzi.  Ora ci si chiede giustamente quali misure siano più efficaci per arginare un fenomeno che riguarda tutto il mondo occidentale. In Canada e in Inghilterra ad esempio hanno studiato un rincaro degli alcolici, avendo verificato che ogni aumento del 10% del costo delle bevande determina un 3,4% di minori consumi. Dalle discoteche arriva la richiesta di una proibizione d’ingresso ai minorenni o comunque di divieto di vendita di alcolici. E c’è chi ha sperimentato la “chill out” area dove i ragazzi potranno fare una pausa dai balli scatenati in discoteca, rilassarsi per alcuni minuti e parlare con degli operatori. La sensazione però è che non serviranno a molto se la questione giovanile non verrà assunta nel suo complesso: a partire dal tema del lavoro, del futuro e del gusto di costruirsi una vita, che oggi a troppi ragazzi appare come un percorso proibito.

Giuseppe Frangi (da un articolo de l’Eco di Bergamo del 10/01/2012)

 

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letterina 20120108

GUSTA la bellezza della sua chiamata

Entriamo nella terza tappa del nostro cammino pastorale con il senso del GUSTO: Gusta la bellezza della sua chiamata. E ci mettiamo presso il lago di Galilea e a Cafarnao, lì dove è risuonato l’invito: Seguimi!
Ai pellegrini che giungono oggi sulle sponde del lago di Tiberiade si presentano caratteristiche che erano comuni anche al tempo di Gesù: lo specchio dell’acqua si trova in fondo a una conca, circondata di verde vicino alla riva, ma ben presto seguita da pareti rocciose. Al di sopra di esse, quasi in forma di altopiano, si estendono la pianura di Galilea verso occidente e quella di Golan a oriente. Il lago è invece aperto verso Nord - dove si intravedono più lontano le cime dell’Hermon  - e verso Sud nella direzione del Mar Morto: è il Giordano che segna questa apertura da Nord a Sud il fiume che proviene dalle pendici dell’ Hermon e dopo essersi raccolto nel lago di Tiberiade, prosegue nella direzione del Mar Morto, descrivendo nella profonda ”fossa Giordanica” ampie curve, riconoscibili per la vegetazione che sorge lungo le sue rive.
Sulle sponde del lago si erge Tiberiade, segnata da secoli di storia e con abbondanti testimonianze della sua lunga esistenza: da quelle più antiche fino al cemento e ai grandi palazzi attuali.  Il pellegrino, scendendo da Tiberiade, generalmente è portato ad attraversarli in fretta  - come dovevano fare tanti ebrei al tempo di Gesù (era un centro semipagano, costruito su un cimitero! E poi era la residenza di Erode Antipa!) - per prendere posto in qualche battello da traghetto e staccarsi da quella spiaggia per introdursi sul lago di Gesù e degli apostoli.

A Cafarnao sono ambientati molti episodi della prima parte del ministero di Gesù in Galilea. Qui, lungo il lago, vengono chiamati i primi discepoli quale primizia del popolo del tempo della salvezza, (Mc 1,16-20); qui è ambientata la cosiddetta giornata di Cafarnao, “giornata tipo”, nella quale il Regno, portato da Gesù, incontra le varie situazioni umane (Mc 1,21-45).È la giornata nella quale la parola e la persona di Gesù liberano coloro che egli incontra e che sono afflitti da vari mali.    

 

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letterina 20120101

Occhi per il bene

Stavo pensando al modo di partire con la raccolta da destinare a una delle comunità che incontreremo in Terrasanta, nell’ottobre prossimo, per portare un piccolo aiuto ai cristiani che faticano a restare nella terra di Gesù . Abbiamo abbozzato questa proposta negli incontri di presentazione dell’anno pastorale e in quelli specifici che stiamo facendo per  il pellegrinaggio.
E mi piaceva partire proprio nel tempo di Natale, il tempo dell’incarnazione del Verbo.
L’occasione mi si presenta su un piatto d’argento, (anzi, in un cilindro di latta) in uno dei giorni della novena di Natale: messa al mattino, alle 9.00, in chiesa parrocchiale, con quel sentore di famiglia che si crea a celebrare nella chiesa madre per una settimana di fila (non succede mai, perché si gira ogni giorno nelle varie frazioni) e con un itinerario graduale. Dopo la messa, il caffè al bar, davanti alla chiesa, con le “fanciulle” (dal mezzo secolo in su) che poco prima hanno invocato il Signore del Natale con le antifone “O”.
Uscendo dal bar, Zheng mi porge un bussolotto dicendo: ”Don, è per la Parrocchia.
Sono le monetine dei resti “.
Preso alla sprovvista, tra il meravigliato e lo smarrito, prendo un po’ di tempo dicendo che li tenga lui, per la famiglia, che non è il caso. Ma lui insiste: ”No, sono per la Parrocchia, così dicevo a chi lasciava il resto. Adesso è pieno”.
Prendo tra le mani il salvadanaio di latta, pesante, non senza stupore e quasi  con rincrescimento nel privare lui di queste monete.
Lo porto in chiesa, ancora meravigliato di questo gesto: non tanto per le monete in se stesse,  quanto per il pensiero e il modo così gentile – cinese, vorrei dire- di essere attenti.
Penso che non si possa  fermare questo gesto solo a noi: sarà allora questa somma,  la base di partenza di ciò che porteremo in Terrasanta. Il resto lo raccoglieremo man mano.  Ma  questa partenza è  ancora più preziosa dei 288 euro che contiene, perché dentro c’è tutta la gratuità e l’attenzione di chi poteva giustamente pensare a sé e invece…
Non ho potuto non fare una foto a quel salvadanaio, vedendo in filigrana i volti di chi ha fatto  questo gesto. Mi sembrava bello comunicarlo a tutti, all’inizio del nuovo anno, come augurio:  avere occhi per il bene, da qualsiasi parte arrivi e far tesoro di lezioni di vita inaspettate…

buon anno      

 

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Locandina Concorso Presepi

letterina 20111224

Il vasaio e l'argilla

Dio ricomincia da Betlemme. L’eternità si abbrevia nel tempo, il tutto nel frammento.
Anche la realtà di Dio ora sa di pane. È un Dio che non si impone, che ha bisogno.            

Il creatore non plasma più l’uomo con polvere dal suolo, dall’esterno, ma si fa lui stesso polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale.
Geremia, che applica a Dio l’immagine del vasaio che “continuamente riprende in mano la sua argilla e non la butta via se un vaso riesce male, ma la lavora di nuovo” (Ger. 18,3-4), direbbe che il vasaio si è fatto non soltanto anfora, vaso fragile e bellissimo, ma che si è fatto creta, polvere del suolo, di questo suolo, di questa terra.
Il Verbo si è fatto carne”  (Gv 1,14), è scritto. Non solo si è fatto bambino, quel bambino; non solo si è fatto uomo, quell’uomo; ma si è fatto carne universale. Anzi nella suggestione del testo greco i due termini sono vicini, non separati da altre espressioni:
ho Lògos sàrx, e il Verbo carne si fece. Da allora la vicinanza è assoluta, c’è un frammento di Logos in ogni carne, c’è qualcosa di Dio in ogni uomo, ci sono un po’ di santità e molta luce in ogni vita. Il Natale è la certezza che la nostra carne in qualche sua radice è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra. E nessuno può dire: qui finisce l’uomo, qui comincia Dio, perché Creatore e creatura sono abbracciati. Finito e infinito sono dentro di noi in miscela prodigiosa per la grandiosità dei progetti, per il vigore di trasformazione.  L’incarnazione non è finita, Dio “accade” ancora nella carne della vita, accade nella concretezza dei miei gesti, abita i miei occhi perché sappiano guardare con bontà e con profondità. Abita le mie parole perché abbiano luce.             
Abita le mie mani perché si aprano a dare pace, ad asciugare lacrime, a spezzare ingiustizie. Umiltà è la parola rivoluzionaria del Natale. Luce custodita in un guscio d’argilla. Paolo scrive a Timoteo: venendo nel mondo, “Cristo Gesù ha fatto risplendere la vita” (2 Tm 1,10). Bellissima metafora, nata da Paolo solitamente così povero di immagine: ha dato splendore all’esistenza, ha fatto risplendere il futuro e i nostri sogni, ha riacceso la fiamma delle cose, ha dato canzoni bellissime al nostro cuore, ha messo frammenti di stelle dentro il nostro sangue, parole forti e nuove corrono dentro le arterie del mondo.              

Buon Natale del Signore

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letterina 20111217

L'annuncio alla coppia

Secondo il Vangelo di Luca l’annunciazione è fatta a Maria; secondo il vangelo di Matteo l’annunciazione è fatta a Giuseppe . Se sovrapponiamo i due  vangeli, scopriamo che in realtà l’annuncio è fatto alla coppia, la vocazione è rivolta allo sposo e alla sposa insieme, dentro il matrimonio.
Dio parla a tutti e due, al giusto e alla vergine innamorati, che si sono promessi amore e fedeltà. Dio opera i suoi fatti più straordinari, lavora per un mondo nuovo, dentro la coppia, protagonista della vita nuova e protagonista dell’amore. Lavora dentro alle famiglie, dentro le nostre case, nelle dialogo, nel dramma, nella crisi, nei dubbi, negli slanci di una coppia già formata, laddove si creano quelle oasi di verità e di amore che sono come il collaudo del Regno, piccole oasi per contendere il cuore al deserto.
Dio non ruba spazio alla famiglia, non rompe la coppia, chiede e cerca questo doppio sì, un sì che diventa creativo proprio perché è condiviso, in cui si sommano due cuori, molti sogni e moltissimo lavoro.
La comunione è una forza creativa, perché la coppia è molto più che la somma di due  solitudini, è l’immagine di Dio. Non è l’uomo, non è la donna l’immagine di Dio. Immagine e somiglianza, riflesso del volto del Creatore, è la coppia.  
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo crèo;
maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro:
“Siate fecondi e moltiplicatevi”. (Gen. 1,27-28)  

La coppia, custode dell’immagine, la coppia con il suo amore e la sua capacità di dono, la coppia cui è affidata la vita, la coppia senza il cui coraggio neanche Dio avrebbe dei figli, la coppia maschio e femmina è la destinataria della prima benedizione; su di essa riposa la madre di tutte le benedizioni bibliche.
La coppia è benedizione; è non solo l’immagine del Creatore, ma di più: è immagine della Trinità, di un Dio il cui mistero vibra di un infinito movimento d’amore, che è in se stesso scambio, reciprocità, dono, comunione, vita che dà vita, Trinità.

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