letterina 20200301 - Il male? Uno specchio

Il male? Uno specchio

Così come mi è stato trasmesso, allargo questo scritto di un insegnante di Milano: ci aiuta a pensare a ciò che stiamo vivendo in questi giorni. E non solo.

“C'è chi dice che le persone cambiano, di fronte alle situazioni difficili. Non credo. Credo che di fronte al dolore, la malattia, le persone non cambino: si rivelano.
Diventano quello che sono sempre state. Solo si vede di più. E meglio. Per cui adesso si vedrà meglio chi siamo. Ciascuno di noi.
Chi userà il virus per farsi propaganda. Per raccattare quattro miserabili voti, sarà disposto anche ad aggiungere panico al panico.
Chi ha un locale e chiuderà, rinuncerà a lavorare e guadagnare, pur di evitare il pericolo di diffondere il contagio.
Chi se ne fregherà e continuerà a fare come ha sempre fatto, tanto cosa vuoi che succeda.
Chi si farà prendere dal panico, chi invece resterà lucido.
Chi inizierà a guardare storto chiunque, come ci fosse un untore dietro ogni volto.
Chi a fare un cenno di sorriso a tutti, anche agli sconosciuti, un modo per dire con gli occhi che sì, siamo in mezzo a un mare agitato, ma almeno siamo tutti sulla stessa barca.
Chi si rifiuterà di credere a quello che dicono le fonti ufficiali, e vedrà dietro ogni cosa un complotto.
Chi aspetterà in silenzio la fine di questa storia, e magari ne approfitterà per leggere quel libro lasciato a metà, per chiamare quei parenti che non sente da secoli.
Chi penserà solo a sé stesso, chi al bene di tutti.
Chi anche in mezzo al terrore avrà il coraggio di restare umano, chi farà vincere la paura.
Il male alla fine è solo uno specchio: ti mostra quello che sei veramente. A ognuno la scelta di cosa ritrovarsi al di là da quello specchio. A ognuno la scelta di cosa essere”.

 

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letterina 20200223 - Dare inizio

Dare inizio

Mercoledì diamo inizio alla Quaresima.
Già qui si usa una parola impegnativa: "dare inizio". Penso alle quaresime che non hanno dato inizio a niente, o quasi niente, nella mia vita. E penso con gratitudine al fatto che ogni anno la Chiesa mi riproponga la Quaresima. Come se io intuissi, in questo ripropormela, da un lato un atto di consapevolezza e dall'altro un atto di fiducia. Consapevolezza della fragilità umana: io non mi converto al vangelo in un anno, dura una vita la mia conversione al vangelo. D'altro lato un atto di fiducia: come mi venisse detto che quest'anno posso fare un passo - non dico un balzo da eroe, che non mi appartiene -, ma un passo, il mio piccolo passo. Questa Quaresima, dico questa, potrebbe essere evocata come un momento favorevole. "Ecco ora" scrive Paolo nella lettera ai Corinti (2 Cor 5) che ascolteremo nella seconda lettura "il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!".
All'inizio di questo cammino quaresimale, ciascuno di noi disegna un itinerario spirituale, individua alcuni impegni più concreti da attuare, si propone delle rinunce, si dispone a vigilare maggiormente su quelle che riconosce come tentazioni più consuete. Tutto questo va bene, è cosa buona e necessaria. Deve tuttavia non distrarci, soprattutto non deve farci dimenticare che il vero combattimento, la lotta autentica, si attesta su un terreno diverso.
Tutto quello che noi possiamo scegliere o decidere è come una palestra in cui esercitarci, un allenamento che ci prepara a giocare poi la partita vera, che però si decide altrove. Dobbiamo fare attenzione a non confondere l'allenamento con la partita vera, che è la vita stessa a proporci in modo sempre imprevedibile e sorprendente: la vita, che può scivolarci addosso, perché rimaniamo sempre in palestra senza mai affrontare il campo da gioco, o che al contrario possiamo trasformare nel tempo favorevole della grazia di Dio, se diventiamo capaci di reagire a tutto ciò che può accadere, e che non riusciamo né a prevedere né a dominare, rimanendo fedeli ai criteri di Dio anziché alle nostre logiche.
Per questo è importante scendere nel proprio cuore, abitare con pace il proprio mondo interiore, sgomberandolo da tutto ciò che lo riempie e non serve, e che soprattutto toglie spazio e tempo alla relazione con Dio nella quale matura e si plasma ogni altra relazione: quella con gli altri, nella forma dell'elemosina, cioè della condivisione, della solidarietà, della prossimità amorosa e quella con i beni della terra, nella forma del digiuno, della sobrietà, del non possesso.

Diamo dunque inizio... 

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letterina 20200216 - Eros redento

Eros redento

Tra i tanti ospiti al Festival di Sanremo c’è stato anche... il Cantico dei Cantici, portato sul palco dell’Ariston da Roberto Benigni. Raccogliamo qui una riflessione di Rosalba Manes che può essere sintetizzata in questo passaggio:
Il Cantico dei cantici non è il canto dell’amore libero ma dell’eros redento. Celebrare in eurovisione la bellezza di un libro della Bibbia offre l’opportunità di dischiudere dinanzi a una platea vastissima un tesoro che ha impregnato la fede, l’arte e la cultura in Europa. Al tempo stesso, però, è un’operazione delicata che richiede cura e un’ermeneutica corretta.
Entusiasmante è stato il modo con cui Benigni ha introdotto il Cantico: l’ha definito “la più bella canzone d’amore”, “una meraviglia del cielo e dell’umanità”, “la vetta della poesia di tutti i tempi”, “il libro del desiderio, non del possesso”.
Dopo però ha insistito a più riprese sui riferimenti alla sessualità contenuti nel libro e ha proseguito con la lettura di alcuni passaggi del Cantico in una traduzione che lasciava poco spazio all’immaginazione.
Il Cantico, che è entrato nel canone biblico non “per distrazione” e che nessuno ha mai pensato di togliere dalla lista dei libri ispirati, parla sì di sessualità con una carica erotica molto forte, ma anche dell’amore come maturazione dell’eros e donazione totale di sé nell’essere per l’altro. Non si tratta del canto del libero amore, di un amore che si sottrae ad ogni regola o di amori estranei all’orizzonte biblico, ma dell’amore tra l’uomo e la donna. Questo, infatti, torna a palpitare in tutto il suo splendore nel Cantico dove la frattura inflitta alla relazione uomo-donna in Genesi 3 con il peccato (che vede il predominio dell’uomo sulla donna) viene superata attraverso una relazione riconciliata, un eros redento, dove al dominio si sostituisce la reciprocità della comunione, all’accusa il linguaggio della lode, al conflitto l’amore.
Il Cantico non è né solo poesia erotica, né testo che può prestarsi a letture angelicate. È un testo polisemico, aperto cioè a più significati, che ha un carattere sapienziale e una dimensione simbolica.
Nel corpo della persona amata si concentra tutta la meraviglia del creato. La persona nella sua identità sessuale manifesta un Altro, la creatura manifesta il Creatore. Lui e lei sono una coppia di innamorati che iniziano una lunga avventura che contempla la ricerca, l’unione, ma anche la “notte”, in un travagliato apprendistato dell’amore che richiede cura, attesa e fedeltà. Lui e lei sono anche “immagine di Dio” (Genesi 1,27) nella loro relazionalità amorevole e comunionale, miracolo che riscalda ancora il mondo accendendo in esso il fuoco divino.

Adesso però leggetelo...

Cantico dei Cantici (link qui)

 

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letterina 20200209 - Stanchi e oppressi...

Stanchi e oppressi...

Cari fratelli e sorelle,
1. Le parole che Gesù pronuncia: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28) indicano il misterioso cammino della grazia che si rivela ai semplici e che offre ristoro agli affaticati e agli stanchi. Queste parole esprimono la solidarietà del Figlio dell’uomo, Gesù Cristo, di fronte ad una umanità afflitta e sofferente. Quante persone soffrono nel corpo e nello spirito! Egli chiama tutti ad andare da Lui, «venite a me», e promette loro sollievo e ristoro... Nella XXVIII Giornata Mondiale del Malato, Gesù rivolge l’invito agli ammalati e agli oppressi, ai poveri che sanno di dipendere interamente da Dio e che, feriti dal peso della prova, hanno bisogno di guarigione. Gesù Cristo, a chi vive l’angoscia per la propria situazione di fragilità, dolore e debolezza, non impone leggi, ma offre la sua misericordia, cioè la sua persona ristoratrice. Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza.
2. Perché Gesù Cristo nutre questi sentimenti? Perché Egli stesso si è fatto debole, sperimentando l’umana sofferenza e ricevendo a sua volta ristoro dal Padre. Infatti, solo chi fa, in prima persona, questa esperienza saprà essere di conforto per l’altro. Diverse sono le forme gravi di sofferenza: malattie inguaribili e croniche, patologie psichiche, quelle che necessitano di riabilitazione o di cure palliative, le varie disabilità, le malattie dell’infanzia e della vecchiaia... In queste circostanze si avverte a volte una carenza di umanità e risulta perciò necessario personalizzare l’approccio al malato, aggiungendo al curare il prendersi cura, per una guarigione umana integrale. Nella malattia la persona sente compromessa non solo la propria integrità fisica, ma anche le dimensioni relazionale, intellettiva, affettiva, spirituale; e attende perciò, oltre alle terapie, sostegno, sollecitudine, attenzione... insomma, amore. Inoltre, accanto al malato c’è una famiglia che soffre e chiede anch’essa conforto e vicinanza.
3. Cari fratelli e sorelle infermi, la malattia vi pone in modo particolare tra quanti, “stanchi e oppressi”, attirano lo sguardo e il cuore di Gesù. Da lì viene la luce per i vostri momenti di buio, la speranza per il vostro sconforto. Egli vi invita ad andare a Lui: «Venite». In Lui, infatti, le inquietudini e gli interrogativi che, in questa “notte” del corpo e dello spirito, sorgono in voi troveranno forza per essere attraversate. Sì, Cristo non ci ha dato ricette, ma con la sua passione, morte e risurrezione ci libera dall’oppressione del male...

Dal messaggio del Papa

 

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letterina 20200202 - Diritto alla vita

Diritto alla vita

Venerdì 31 gennaio è stata la memoria liturgica di San Giovanni Bosco. Noi lo celebriamo in questo sabato e Domenica, insieme alla giornata per la vita, nella festa di metà anno catechistico.
Ogni anno i Vescovi inviano il loro messaggio alla Chiesa, con un titolo particolare. Per questa, che è la 42° è:”Aprite le porte alla vita”. In esso si legge: "Osiamo sperare che la Giornata per la vita divenga sempre più un’occasione per spalancare le porte a nuove forme di fraternità solidale”.
In questo affondo riprendiamo però alcuni passaggi del discorso che il presidente Trump ha fatto il 24 gennaio alla March for Life.
Tutti noi qui comprendiamo un’eterna verità: ogni bambino è un dono prezioso e sacro di Dio. Insieme, dobbiamo proteggere, amare e difendere la dignità e la santità di ogni vita umana... Quando vediamo l’immagine di un bambino nel grembo materno, vediamo la maestosità della creazione di Dio. Quando teniamo un neonato tra le braccia, conosciamo l’amore infinito che ogni bambino porta in una famiglia. Quando guardiamo crescere un bambino, vediamo lo splendore che si irradia da ogni anima umana... 
Quest’anno, March for Life celebra il centesimo anniversario del diciannovesimo emendamento, che ha sancito per sempre il diritto delle donne al voto negli Stati Uniti e sancito dalla costituzione degli Stati Uniti. Un evento così grande. Oggi, milioni di donne straordinarie in tutta l’America stanno usando il potere dei loro voti per lottare per il diritto e tutti i loro diritti come indicato nella Dichiarazione di Indipendenza – è il diritto alla vita...
Le decine di migliaia di americani riuniti oggi non solo rappresentano la vita, ma è proprio qui che lo sostengono così orgogliosamente insieme. E voglio ringraziare tutti per questo. Stai per la vita ogni giorno. Offri alloggi, istruzione, lavoro e cure mediche alle donne che servi. Trovi famiglie amorevoli per i bambini che hanno bisogno di una casa per sempre. Ospiti docce per bambini in attesa di mamme. Fai semplicemente la missione della tua vita: aiutare a diffondere la grazia di Dio. E per tutte le mamme qui oggi, dichiariamo che le madri sono eroi... Non possiamo sapere cosa riusciranno a raggiungere i nostri cittadini non ancora nati. I sogni che immagineranno. I capolavori che creeranno. Le scoperte che faranno. Ma lo sappiamo: ogni vita porta amore in questo mondo. Ogni bambino porta gioia in una famiglia. Vale la pena proteggere ogni persona. E soprattutto, sappiamo che ogni anima umana è divina e ogni vita umana, nata e non nata, è fatta a immagine santa di Dio Onnipotente. 

 

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