letterina 20190811 - Con il dovuto rispetto (5) - Pesi

Con il dovuto rispetto (5) - Pesi

Ancora una pagina dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

"Il nuovo prete è sempre di fretta': si lamenta la Giovanna.
"Ma forse sarebbe meno di fretta se tu gli dessi una mano.
Aprire e chiudere la chiesa, preparare la messa, pagare le bollette, chiamare l'idraulico non sono proprio necessariamente compiti del prete
"Il nostro oratorio è chiuso tre giorni alla settimana. Per forza che poi i ragazzi si sbandano" si lamenta Patrizia. "Si potrebbe aprire anche tutti i pomeriggi se si trovasse un po' di gente disponibile a passare qualche ora con i propri figli e i figli degli altri".
"Il centro d'ascolto ha ridotto ancora gli orari. Come faccio io che ne ho bisogno?" si lamenta Marco. "Se invece di dieci volontari con i capelli grigi ce ne fossero trenta con qualche anno di meno, si potrebbe fare molto di più"
"Sono stato malato per un mese e non potevo uscire di casa: non s'è fatto vivo nessuno. Che comunità siamo" si lamenta Gino. "Se quando il prete chiede collaborazione per visitare i malati, portare la comunione, non incontrasse tante timidezze e tante scuse, forse le cose andrebbero meglio"
 
Insomma, sembra che l'invito di San Paolo: "Portate i pesi gli uni degli altri" sia inteso per lo più come se dicesse: "Cercate qualcuno su cui scaricare i vostri pesi”.

 

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letterina 20190804 - Con il dovuto rispetto (4) - Le devozioni

Con il dovuto rispetto (4) - Le devozioni

Continua in questa estate la lettura di alcune pagine dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

Don Ernesto è accogliente e comprensivo.
Quando la Ester torna da un santuario e gli regala una statua della Madonna, diversa da tutte le altre, don Ernesto per accontentarla fa posto alla nuova statua presso l'altare.
Quando Remo gli confida una ispirazione divina sull'importanza della devozione al Sacro Cuore, don Paolo fa posto anche alla statua del Sacro Cuore.
Quando Giulietta e Romeo, in occasione del loro cinquantesimo, regalano una preziosa immagine di un santo che fa miracoli, don Ernesto fa posto anche al santo che fa miracoli.
"Ma non vorrà mettere da parte questo quadro! Non vede? Sa quanti si sono convertiti di fronte a questo quadro?" E don Ernesto trova posto anche per il quadro che ha convertito molti.
Poi ci sono i devoti che vengono a raccomandare che prima della messa o dopo la comunione o alla fine si reciti quella preghiera che è così bella, quella coroncina che la Madonna stessa ha consegnato, quella formula invincibile contro satana che lo Spirito Santo ha insegnato al veggente.
Don Ernesto è accogliente e comprensivo. Poi, ogni tanto, confida al Signore. "O Gesù, per non disturbare tutte queste devozioni, forse conviene che celebriamo la Messa in sagrestia".

 

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letterina 20190728 - Con il dovuto rispetto (3) - Il telefonino

Con il dovuto rispetto (3) - Il telefonino

Terzo appuntamento dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

Che cosa hanno in comune il dott. Armando, la zia Ebe e Giu? Risposta facile: il telefonino.

Il dott. Armando è un uomo d'affari. Il cartello perentorio non l'ha convinto a spegnere il telefonino entrando in chiesa. Quando l'hanno chiamato, non si è scomposto: ha preso il telefonino, controllato il numero, riposto alla chiamata ("sì, sì, va bene, è per giovedì mattina") e rimesso in tasca il telefonino.
Neppure s'è accorto di aver disturbato mezza chiesa, compreso il predicatore.

La zia Ebe è una maestra attempata.
Da quando ha scoperto l'utilità del telefonino non se ne separa mai.
Quando entra in chiesa si dimentica spesso di spegnerlo. Il giorno del compleanno, l'hanno chiamata anche durante la messa. La zia Ebe è un po' sorda: prima di rendersene conto e prima di trovarlo tra le infinite tasche della sua borsa, ha fatto in tempo a infastidire tutti.

La Giu è nel gruppo adolescenti. Per decidere della serata deve fare almeno quindici telefonate e l'ultima risposta si annuncia proprio durante la consacrazione con una suoneria che sembra un allarme.

Il dott. Armando, la zia Ebe e la Giu, oltre al telefonino, hanno in comune anche un'altra cosa: la maleducazione!

 

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letterina 20190721 - Con il dovuto rispetto (2) - La pensione

Con il dovuto rispetto (2) - La pensione

Seconda situazione dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

"Basta con la sveglia quando è ancora buio! Finite per sempre le ore di colonna e di nervosismo! Lo sciopero dei mezzi: per me un problema superato! E non vedrò più la faccia del capo, mai più! Finalmente in pensione!" Il Gino era soddisfatto di sé: pieno di vigore e di salute, contento di vivere e ... in pensione!
Quasi subito si fecero avanti i volontari del patronato Acli: "Per le pratiche che si accumulano saresti una risorsa preziosa!':"chiedetemi tutto, ma non mettetemi a una scrivania: ci ho passato una vita!': rispose il Gino.
In casa ci stava poco, perché la presenza dei nipotini con tutti i loro capricci lo spazientiva.
Al movimento della Terza Età rispose picche, perché "sono tutti vecchi" "Ministro straordinario dell'Eucarestia? Non mi ci vedo proprio!': Rimandò tante volte la risposta alla richiesta del parroco, finché il parroco si stancò di chiedere" "Dare una mano per la sorveglianza ai cancelli durante il Cre? Fare qualche turno di servizio di giardinaggio o di manutenzione dell'oratorio dove vado tutti i pomeriggi?" Meglio evitare, troppa fatica.
"Si avvicinano le amministrative: non entreresti in lista': "Grazie, ma di fastidi ne ho già troppi, anche senza andarmi a cercare quelli degli altri': fu la risposta del Gino.
Se ne stava volentieri al bar. Tra un bicchiere e una partita trovava anche il tempo per sentenziare: "Ah, i giovani d'oggi .. , non hanno voglia di fare niente!': io invece ho lavorato una vita!

 

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letterina 20190714 - Con il dovuto rispetto (1)

Con il dovuto rispetto (1)

Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano ha scritto un libro "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.
In questa estate attingiamo alcune pagine che presentano uno spaccato di vita di una comunità parrocchiale immaginaria, che forse però tanto immaginaria non è. E come si suole dire in questi casi... ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

L'orario
Non ho mai capito come si spieghi il ritardo dei treni: si sa la distanza, si sa la velocità, che ci vuole a fare un orario?
Più incomprensibile dei ritardi del treno è il ritardatario alla messa della domenica.
È un cristiano convinto: la messa è il centro della vita.
Conosce l'orario: è sempre lo stesso da vent'anni.
È Domenica: c'è una ragionevole possibilità di organizzarsi.
Eppure il ritardatario arriva in ritardo.
Al suo arrivo qualcuno gli dedica un cenno di saluto, e così ha già perso il filo delle letture. Mentre si siede, la sedia si sposta e anche la lettrice si distrae: salta alla riga successiva.
Il prete che celebra osserva e si indispettisce, tanto che neppure s'accorge che la lettrice si è confusa. Il ritardatario si accomoda ma, prima di ascoltare, si guarda intorno e si incuriosisce: come mai la statua della Madonna a fianco all'altare? La spiegazione è stata data all'inizio, ma il ritardatario era in ritardo.
Più o meno verso la predica il ritardatario riesce a concentrarsi.
Il prete parla del radunarsi dell'assemblea, dei riti di introduzione e quindi dice dell'importanza di arrivare per tempo in chiesa. Il ritardatario si indispettisce: ce l'ha con me? Come si permette?!

 

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letterina 20190707 - Solitudini nascoste

Solitudini nascoste

Prendiamo tale e quale un articolo di Sabrina Penteriani, editoriale di santalessandro.org, su ciò che ha scosso anche noi in questi giorni.

Il mondo di Felicita Carminati e di Thomas Arrigoni, nel loro appartamento confortevole in una villa bifamiliare di Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, era difficile ma sereno: una madre affettuosa che si prende cura di un figlio gravemente malato, dedicandogli tutto il suo tempo. Un impegno fatto d’amore e di piccoli e grandi sacrifici quotidiani. Le madri fanno spesso l’errore di non tenere conto del tempo che passa o delle forze che vengono meno, perché c’è sempre qualcosa di più importante di cui occuparsi. Forse è accaduto anche a Felicita, che faceva conto soprattutto sulle sue forze per custodire la vita del suo Thomas, dopo aver perso il marito Massimo nel 1995 per un infarto e il fratello Carlo tre anni fa per un’epatite. A causa di una sindrome degenerativa, che si era manifestata in tenera età, Thomas era paralizzato, riusciva soltanto a parlare, e per vivere dipendeva da un respiratore. Nonostante questo madre e figlio erano pieni di interessi, molto attivi e la loro serenità era contagiosa: per gli altri sono stati un modello d’amore e di coraggio. Quando Felicita ha avuto il grave malore che l’ha uccisa, il destino ha voluto che il cellulare con cui Thomas comunicava attraverso i comandi vocali fosse in un’altra stanza. Così il figlio è rimasto a vegliare per otto ore la madre morta prima di morire a sua volta, quando la batteria del respiratore si è scaricata. Un finale drammatico, che ha toccato il cuore di tutti. Una tragedia casuale, che forse nessuno avrebbe potuto impedire, ma in qualche modo fatta anche di solitudine: il malore di Felicita è arrivato nel weekend, e per combinazione madre e figlio erano soli, e ci sono volute oltre 24 ore prima che la loro morte venisse scoperta grazie all’arrivo del fisioterapista. Una vicenda così triste induce inevitabilmente a riflettere sugli stili di vita contemporanei: è più facile, spesso, restare piegati sui propri apparecchi elettronici che guardare i vicini di casa negli occhi, e ci costa bussare alla porta accanto anche solo per un sorriso, un saluto o per chiedere se serve qualcosa: a questo contribuiscono anche la naturale riservatezza di molti bergamaschi e il timore di poter disturbare. Una volta tanto, però ripensando a Felicita e Thomas, e come omaggio per ricordarli, sarebbe bello guardarsi intorno e scoprire se non si può impiegare qualche minuto per spezzare la solitudine di qualcuno che ci vive accanto. Come se potessimo, per una volta, trasformare la commozione per questa storia in un seme fatto di gentilezza, di attenzione e di cura.

 

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