letterina 20160417

Qualcosa di buono

Marone

Si dice che il carattere di una persona si formi nei primissimi anni di vita. Sono i primi anni che influenzano tutto il resto.
Una bella fregatura. Perché basta che per un motivo o per l'altro quel periodo non vada per il verso giusto, che sei rovinato per sempre. Hai voglia ad andare a cercare cos'è stato a farti diventare come sei, qual è l'avvenimento che a un certo punto ti ha fatto deviare dal percorso. Col tempo, il fatidico istante si perde nei meandri della memoria e diventa quasi impossibile recuperarlo.
Per gli altri, forse. Non per me. Ero nel corridoio di casa, da un lato mia madre e dal lato opposto mio padre. La crisi dei miei durava da sempre, ma quella sera esplose con tutta la sua forza e lo tsunami fu devastante. A papà toccò il divano, a me, invece, la scelta. Che non era da chi dei due farmi portare a letto, ma a chi dei due voltare le spalle. Mentre piangevo loro mi dicevano di stare tranquillo, che non era successo nulla, ma io sapevo che non poteva essere così; se a cinque anni ti trovi a dover scegliere fra tua madre e tuo padre non può essere tutto a posto.
In quel momento avrei dovuto prendere la prima decisione importante della mia vita, invece mi accovacciai con le spalle al muro e chiusi gli occhi, in attesa che uno dei due venisse a recuperarmi, mentre lo stomaco gorgogliava.
Sono passati trentacinque anni e il povero organo non ha ancora smesso di farsi sentire, di reclamare qualcosa di buono con cui nutrirsi davvero.

E’ la prima pagina del romanzo: La tristezza ha il sonno leggero di Lorenzo Marone. Mi ha fatto pensare...

 

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letterina 20160410

Amoris laetitia

AmorisLaetitia

7.04.2016 Finalmente ci siamo! Ecco la data di pubblicazione della Esortazione apostolica post-sinodale sull’amore nella famiglia di papa Francesco, anche se il documento porta la firma il 19 marzo, festa di San Giuseppe.
Nell’Esortazione si parla di tutto, compresi sesso, divorziati, risposati, coppie gay: cosa cambia e cosa no. Tre parole chiave: discernimento, misericordia e integrazione. Un film che diventa magistero: Il pranzo di Babette.

Il testo, molto lungo, ma non di difficile lettura. è diviso in 325 paragrafi, con indicazioni pratiche.
Di che documento si tratta? Innanzitutto va chiarito che è un insegnamento di carattere pastorale che non va visto affatto come una contrapposizione al diritto. La Verità infatti non è astratta, ma si integra nel vissuto concreto - umano e cristiano - di ciascun fedele.
L’obiettivo è chiaro: inculturare il Vangelo nell’oggi, perché sia significativo e raggiunga tutti. E questo, a maggior ragione, quando si parla di famiglia. Papa Francesco lo spiega, in modo efficace, nella Evangelii gaudium, quando chiede di «essere realisti e non dare per scontato che i nostri interlocutori conoscano lo sfondo completo di ciò che diciamo o che possano collegare il nostro discorso con il nucleo essenziale del Vangelo che gli conferisce senso, bellezza e attrattiva». Tutto ciò, in materia di pastorale familiare, richiede tre atteggiamenti di fondo che si completano e si richiamano a vicenda: discernimento, accompagnamento e integrazione. E non è un caso che in cima ci sia proprio il discernimento.
Questo è il criterio per affrontare anche le situazioni più attese, almeno dal punto di vista mediatico e cioè riguardanti le coppie cosiddette irregolari e la comunione ai divorziati risposati. Non vi è nell’Esortazione alcun cambio della dottrina e nemmeno delle disposizioni canoniche. Lo dice il Papa precisando tuttavia che “ciò non impedisce che esistano modi diversi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”. In una nota, la numero 351, Bergoglio spiega che "in certi casi potrebbe essere anche l'aiuto dei sacramenti".
Il discernimento va fatto caso per caso, ma senza che esso diventi norma generale altrimenti si arriverebbe a codificare una “casistica insopportabile”.

 

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letterina 20160403

Perdono e com-passione

Compassione

La festa della prima riconciliazione nella Domenica della Misericordia, ci affida ancora alcuni pensieri sul tema del perdono.

“Ora comincio a essere discepolo”, scriveva Ignazio di Antiochia ai cristiani di Roma, mentre si approssimava al martirio. E, in un’altra lettera, raccomandava di pregare per i suoi persecutori. Diventava discepolo nel dono della vita e nel perdono, di cui riconosceva con realismo la fatica...
È qualcosa che va contro tutti i nostri istinti, eppure è una possibilità dell’uomo. Non è detto che si riesca a perdonare, ma può accadere. Addirittura ad Auschwitz, nei gulag, nelle carceri dell’apartheid, così come nella quotidianità dolorosa degli amori feriti. Solo dopo un lungo cammino, però, un vero e proprio lavoro interiore che può durare anni e anni.
Nell’esperienza cristiana è fondamentale la consapevolezza del perdono ricevuto, di essere in primo luogo noi stessi dei perdonati, sempre accolti da Dio. E da lui riceviamo lo Spirito che ci rende capaci di perdono. Il valore personale e sociale del perdono è nell’interruzione delle dinamiche del risentimento che impediscono comunicazione e solidarietà. Non si torna a prima dell’offesa, cosa impossibile in molti casi, ma la si può superare. Si può guarire il veleno del male e del rancore che suscita in noi...
Ecco che cos’è il perdono, è il dono della pace che dà sollievo alla rabbia e al dolore per le ferite subite! E il passo successivo è la “compassione”, la quale nella Bibbia accompagna sempre la misericordia di Dio. Egli si rivela come “misericordioso e compassionevole” (cf. Es 34,6; Sal 85,15; Sal 102,8; Sal 110,4; Sal 144,8-9; 2Cr 30,9; Gen 4,2).
Se la misericordia è il sentimento profondo dell’essere “presi nelle viscere” dall’altro, la compassione è un atteggiamento di condivisione della sua sofferenza. Infatti, secondo la sua etimologia latina, la compassione è il cumpatior, il “soffrire con” la persona che incontriamo, l’essere coinvolti nelle sue sofferenze. Tutto l’opposto di quell’anestesia sociale che ci fa passare accanto agli altri con l’indifferenza che si riserva a delle sagome di cartone. Umanamente, non sempre ci sono soluzioni e rimedi al male. Ma la compassione, il non lasciare una persona sola nella sofferenza è alla portata di tutti.
Eppure, oggi sembra così difficile!

 

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letterina 20160327

La chiesa della tenerezza

Tenerezza

"O innamorati, amate in segreto e voi che pregate ritiratevi in cella e chiudete la porta ... chi vuole la tenerezza, il tesoro dei credenti e degli amanti"
(D.M. Turoldo).

La tenerezza è un delicato, silenzioso, nascosto aspetto dell'amore, forse quello più nascosto, per il quale ci si apparta, perché chiede intimità. È il sentimento di Dio, che fa crescere la pianta di ricino su Giona mentre dorme, per dagli ombra e farlo riposare, come può fare una madre mentre culla il suo bambino. La tenerezza di quel Padre che abbraccia il figlio che è scappato e che torna rosso di vergogna, per il quale invece si fa festa e lo si ricopre di bellezza. La tenerezza di quel Dio che nell'Esodo si preoccupa perché "nessuno cammini senza luce nella notte e senza ombra di giorno sotto il sole": ha a cuore che le nostre ginocchia non si sbuccino e che non sudiamo troppo, il nostro Dio, come farebbe una mamma col suo bambino. E tutto il vangelo è pieno dei continui, invisibili e commoventi gesti di tenerezza di Gesù, verso i bambini, verso Pietro, verso gli apostoli quando lava loro i piedi...
Siamo esseri completi, pieni, davvero umani se conserviamo la nostra sensibilità, capaci di regalare e accettare tenerezza; assomigliamo di più a Dio quando compiamo gesti delicati, inutili, ma che accarezzano gli altri. I "sensati", i "benpensanti" di ogni tempo ci diranno: "A che serve?" "A chi giova questo spreco di profumo? Si potrebbe venderlo per trecento denari." Non li ascoltiamo: noi sappiamo che serve all'amore, alla gioia, alla festa. Giova alla vita.
Non perdiamo il coraggio del dono gratuito di un gesto di tenerezza e non spaventiamoci nel regalare un sorriso o una carezza, o un bacio: ce lo chiede Dio amore. In una notte mistica nella chiesa dell'ultimo secolo, Papa Giovanni disse: "Guardate com'è bella la luna stasera, tornate a casa e date una carezza ai vostri bambini". Fu un istinto del cuore, parlava a braccio il Papa, senza testo da leggere; fu un messaggio oltre lo spazio di quella piazza, diritto al cuore dell'uomo e di Dio.
È questa la chiesa che amo.

Auguri don Giuseppe, don Roberto, don Giampaolo e don Paolo

 

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letterina 20160320

ORATORIO: a qualcuno sta a cuore?

Oratorio

Quale è la situazione attuale degli Oratori lombardi e bergamaschi?
Negli anni si è assistito a una RIDUZIONE dei SACERDOTI IMPEGNATI in ORATORIO per le parrocchie di medie dimensioni (< 6000 abitanti) e l'affidamento di quelli più grossi (> 6000 abitanti) ai sacerdoti già dai primi anni di ministero. I sacerdoti ancora giovani sono stati spesso nominati PARROCI delle parrocchie di media grandezza (4-5000 abitanti), senza l'aiuto di un altro sacerdote per l'oratorio e, a causa del calo delle vocazioni, il prossimo futuro vedrà un INNALZAMENTO dell'ETÀ MEDIA dei SACERDOTI e il permanere di tutta la pastorale nelle mani del parroco.
Questi scenari pongono le parrocchie di fronte ad alcune questioni: riuscirà un sacerdote appena ordinato a guidare da subito un oratorio di grosse dimensioni? Riusciranno gli oratori delle parrocchie di media dimensione senza un sacerdote giovane a camminare? Quali forme di governo e animazione si possono pensare? Riuscirà un sacerdote con alle spalle solo qualche anno di ministero, a guidare una parrocchia di medie dimensioni, facendosi carico anche dell'oratorio e della pastorale giovanile? Riuscirà un parroco, con l'avanzare dell'età, a fare ancora tutto?
A fronte di tutte queste domande, emerge forte le necessità di un sostegno, una rete che supporti l’azione pastorale. A questo proposito, in continuità con quanto intrapreso nello scorso anno pastorale, si rende urgente impostare un SERIO LAVORO IN-FORMATIVO che va nella direzione di AIUTARE A PENSARE A UN NUOVO MODELLO DI PASTORALE GIOVANILE e di ORATORIO, capace di declinare il Vangelo nella cultura contemporanea e di ben accompagnare le giovani generazioni. Si tratta di cominciare a creare una più profonda mentalità di comunione e corresponsabilità tra ‘laici e laici’ e tra ‘laici e sacerdoti’.
A tal proposito l’UPEE ha progettato un percorso di tre incontri ( Brembate, 8-15 e 22 aprile, ore 20.30). La proposta è rivolta a laici e sacerdoti, giovani e adulti, con ruoli di responsabilità all’interno dell’oratorio ora e/o in futuro e con l’ obiettivo prioritario di coinvolgere i laici nella fase di ripensamento della pastorale giovanile, responsabilizzandoli e rendendoli consapevoli delle sfide in gioco. Un’occasione che non possiamo perdere. Ma a qualcuno sta a cuore?

 

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letterina 20160313

Intervista al papa

OpMis

Le famose " opere di misericordia" della tradizione cristiana sono ancora valide per questo terzo millennio, oppure occorre ripensarle?

Sono attuali, sono valide. Forse in qualche caso si possono tradurre" meglio, ma restano la base per il nostro esame di coscienza. Ci aiutano ad aprirci alla misericordia di Dio, a chiedere la grazia di capire che senza misericordia la persona non può fare niente, che tu non puoi fare niente, e che «il mondo non esisterebbe» come diceva la vecchietta che incontrai nel 1992.
Guardiamo anzitutto alle sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire chi è nudo; dare alloggio ai pellegrini; visitare gli ammalati; visitare i carcerati; seppellire i morti. Mi sembra che non ci sia molto da spiegare.
E se guardiamo alla nostra situazione, alle nostre società, mi sembra che non manchino circostanze e occasioni attorno a noi. Di fronte al senza tetto che staziona sotto casa nostra, al povero che non ha da mangiare, alla famiglia dei nostri vicini che non arriva a fine mese a causa della crisi, perché il marito ha perso il lavoro, che cosa dobbiamo fare? Di fronte agli immigrati che sopravvivono alla traversata e sbarcano sulle nostre coste, come dobbiamo comportarci? Di fronte agli anziani soli, abbandonati, che non hanno più nessuno, che cosa dobbiamo fare? Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo. Siamo chiamati a servire Gesù crocifisso, in ogni persona emarginata, a toccare la carne di Cristo in chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo. Lì troviamo il nostro Dio, lì tocchiamo il Signore.
Ce l'ha detto Gesù stesso, spiegando quale sarà il protocollo sulla base del quale tutti saremo giudicati: ogni qual volta avremo fatto questo al più piccolo dei nostri fratelli, l'avremo fatto a Lui (Vangelo di Matteo 25, 31-46).
Alle opere di misericordia corporale seguono quelle di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti...
Ricordiamo sempre le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore».

Da: Il nome di Dio è misericordia. A. Tornielli intervista il Papa

 

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