letterina 20181209

Ancora giovani

A volte, per preparare un certificato o una pratica, apro i registri parrocchiali e con uno sguardo d’insieme vedo le diverse annate che hanno fatto la Comunione, la Cresima... Scorrendo i nomi, mi chiedo: quando ho visto l’ultima volta questo ragazzo? Da quando non vedo più a messa questa ragazza? E questi, ormai cresciuti, cosa staranno facendo? So di qualcuno che ha fatto la ragazza, ha trovato lavoro, sta facendo l’Università; li incrocio ad una festa, me ne parla un loro collega di lavoro, ti mandano a salutare... ci pensi, preghi per loro. Sì, perché quella passione con cui li hai seguiti nel tempo della catechesi, nelle celebrazioni, nelle feste dei sacramenti, nel Cre e nella formazione degli animatori, nel camposcuola e nei ritiri... si fa ora domanda: ma quel Signore che la Comunità ha cercato di affidare loro, quel Dio che abbiamo presentato come Padre di misericordia, che si è fatto amico e compagno di strada, ora dove è? E’ mai possibile che, proprio il tempo della giovinezza, tempo di speranza, di futuro, di aperture, di vita, non c’entri più niente con il Signore? E’ mai possibile che facendo la ragazza o il ragazzo uno si chiuda a tutto il resto e non esistano più amici, oratorio, chiesa, incontri? E’ mai possibile che non ci siano parole per portare al Signore la persona che si dice di amare: “ti affido il mio lui, la mia lei, dammi una mano a non prendere in giro o ad usare, ma a volere veramente il bene dell’altro/a”?
Pensavo a queste cose anche nei giorni di con-vivenza, nella Casa di Comunità, con dieci giovani, esperienza partita Domenica scorsa dopo una bella e intensa serata con una ventina di 18-30enni. Certo, anche a quell’ appuntamento pensavo di trovare un po’ più di volti amici, non per fare numero, ma per non perderci di vista, per ascoltare le belle testimonianze di quel protagonismo giovanile che porta alcuni di noi in Malawi a piantare ortaggi e fare case, alla stazione con i senzatetto, alla Comunità Raphael con i terminali di AIDS, al carcere femminile per un torneo di pallavolo o un laboratorio... e non perdere di vista Colui che non si impone ma si propone.
E’ vero ciò che la Conferenza episcopale inglese scrive: ”La Chiesa non può partire da dove i giovani non ci sono per portarli lì dove non vogliono andare. Ma possiamo condurli dal punto in cui si trovano verso dove non avrebbero mai sognato di poter arrivare”. Il problema è che un po’ di aria comunitaria questi giovani l’hanno respirata nei diversi anni, insieme a tempo, dedizione ed energie spese per e con loro. Non sarà allora quello che succede anche nelle famiglie, con tutti gli interrogativi che un papà e una mamma ad un certo punto si pongono per i loro figli? “Dove abbiamo sbagliato? Cosa dovevamo fare”? L’essere un po’ dispiaciuti o il farsi domande non toglie la paternità o la maternità, ma dovrebbe stimolare anche l’essere figli.

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letterina 20181201

Possiamo farcela

Non viviamo tempi facili, lo scoraggiamento è alle stelle, la violenza pure.
Tra finanziarie, lavori saltuari e una dilagante povertà, tra affetti frantumati e paure di amare, rischiamo di crollare e di arrenderci. La paura e l'apatia a volte inquinano le nostre vite e le nostre comunità: sembra prevalere il forte e l'arrogante, ci sentiamo come pesci fuor d'acqua. E Gesù (tenero!) ci dice: quando accade tutto questo, alzate lo sguardo.
Le fatiche e le prove della vita, sembra dirci il Signore, sono lì apposta per farci crescere, possono diventare un trampolino di lancio, devono aiutarci a conoscere il senso segreto delle cose, il mistero nascosto nei secoli. Come il grano caduto in terra feconda la terra, così l'Avvento feconda la nostra vita per sbocciare a Natale in una festa di luce. Ma occorre vigilare, ammonisce Gesù nel Vangelo di questa prima tappa di Avvento. Le dissipazioni, le ubriachezze e gli affanni della vita possono impedirci di vedere, impedirci di vivere.
Le dissipazioni: in un mondo in cui siamo costretti alla frenesia, ritrovare un ritmo di interiorità richiede una forza di carattere notevole. Perché non approfittare di questi giorni per riprendere un quotidiano ritmo di preghiera?
Le ubriachezze: il nostro mondo ci invita a fare esperienza di tutto, a osare, a sperimentare. E alla fine ci ritroviamo a pezzi. Attenti, amici, a non cadere nell'inganno che le sirene del nichilismo ci propongono: abbiamo bisogno di unità, non di frantumazione. E questa scelta compiamola non in rispetto ad una ipotetica scelta morale, ma nella consapevolezza che Dio solo conosce la verità dell'essere.
Gli affanni della vita che esistono e non possiamo eliminare ma solo controllare mettendo al centro la ricerca di Dio e del mio vero io. No, il mondo non sta precipitando nel caos, ma fra le braccia di Dio. Lo credo, lo vivo con fatica, combatto per costruire spazi di Regno nel caos, occasioni di luce nelle tenebre, ordine in me e dove vivo. La preghiera e la meditazione della Parola, quella stessa Parola che creò dal nulla le cose che sono, ancora ricreano l'oggi di Dio.
Possiamo farcela, Dio ci sostiene, buon percorso di conversione al Natale.

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letterina 20181125

In prima linea

Il cammino degli adolescenti ha una sua struttura e tradizione, con l’incontro settimanale del lunedì, unitario nella prima parte con la preghiera e le comunicazioni e suddiviso per gruppi nella seconda. Da lì partono anche le altre iniziative di animazione, coinvolgimento e formazione.
Ma i più grandi? Alcuni di loro accompagnano gli adolescenti, alcuni sono presenti in momenti specifici come la festa di Comunità, il Palio, il servizio al bar, l’estate... Certamente siamo coscienti che quella dei 18-30enni (per utilizzare gli stessi parametri del Sinodo dei giovani) è un’età già abbastanza impegnata: le prime esperienze lavorative, i nuovi corsi di studio per chi continua con l’Università, il cammino di coppia, il desiderio di allargare gli orizzonti... Da un po’ di tempo stavamo pensando proprio a loro, anche sull’onda del Sinodo. Ecco allora una prima proposta, elaborata nell’Equipe educativa dell’Oratorio e con alcuni giovani.

L’abbiamo chiamata: IN PRIMA LINEA.
Prima linea perché potrebbe essere il primo tratto di un filo-strada-percorso che poniamo con i 18-30enni.
Prima linea perché ci vogliamo mettere la faccia e il cuore.
Prima linea perché desideriamo dare volto al protagonismo giovanile concretizzato in alcune forme di volontariato e solidarietà che ci verranno raccontate.
Prima linea per non parlare solo di giovani, guardandoli spesso come problema, ma per parlare tra giovani.
Prima linea perché ci piace.

L’appuntamento è Domenica 2 dicembre.
h. 19:00 Apericena c/o bar dell’oratorio seguito dall’ Aperincontro con storie di giovani dalla prima linea: Davide, Dario & Francesca, Suor Terry, Laura e Lezia.
Se hai tra i 18 e i 30 anni ti aspettiamo. Passaparola...

Poi, proprio in quella serata e fino a giovedì 6 dicembre, partirà un’esperienza di con-vivenza nella Casa di Comunità. Alcuni giovani, mantenendo i diversi impegni di studio e di lavoro vivranno insieme, nello stesso luogo, dormendo anche lì e facendo ciò che normalmente facciamo nelle nostre case. Alcuni momenti comuni saranno i pasti, lo scambio su alcuni temi, la preghiera, lo svago, i servizi. Anche questa vuole essere una prima linea. Di altre.

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letterina 20181118

Si può fare di più

Da alcuni anni la catechesi adulti ha preso la forma dei gruppi nelle case, del bibliodramma, dei percorsi Artefede, senza dimenticare gli appuntamenti con i genitori della catechesi e dei sacramenti. E’ sicuramente in atto un bel movimento con due aspetti importanti: la corresponsabilità di alcuni laici nella progettazione e nella proposta (cosa che fino ad alcuni anni fa sarebbe sembrata impossibile) e una maggior partecipazione a livello numerico.
Da alcune settimane abbiamo iniziato i sette gruppi nella case e quello nel salone a Burligo. Stanno partecipando più di settanta persone.
Ma, ed è il motivo di questo affondo, potremmo fare di più.
Penso a chi mette a disposizione la casa, a chi per ore prepara il materiale e le riflessioni, a chi perde le occasioni che ci portano in uno stile comunitario sempre meno “dipendente” dai preti, non solo per il calo che ormai anche a Bergamo si registra in modo palpabile, ma soprattutto per la consapevolezza di un protagonismo laicale. Allora ci vogliamo svegliare un po’ di più? Proprio oggi (venerdì) mentre scrivo, ho in mente le parole del Vangelo (Lc 17, 26-37) « Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio... Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano...»
Le parole di Gesù, così nette e temibili, non sono pronunciate per intimorirci con un capriccioso finale della storia senza alcuna misericordia. Sono invece un richiamo appassionato all'urgenza con cui la storia - piena di misericordia - ha bisogno di essere interpretata e vissuta. Mangiare, bere, prendere moglie e marito, comprare, vendere, piantare, costruire: sono i verbi con cui la vita umana, creata e amata da Dio, deve essere continuamente coniugata. Del resto, non è quello che ogni giorno facciamo anche noi? Erano “cattivi” gli uomini al tempo di Noè o di Lot perché facevano tutto questo? Lo siamo noi? No. Eppure c’è il grande rischio di esaurire in essi il nostro desiderio di vita e di vivere distratti. Ecco perché non sono - e non devono essere - l'unica narrazione di quello che siamo chiamati a essere e a vivere per entrare nello spazio della salvezza di Dio. Allora, diamo un po’ più di attenzione, partecipando, mettendoci in gioco, riconoscendo con gratitudine ciò che altri fanno anche per noi. Vi assicuro che non è scontato e non è neppure detto che sarà sempre così. Non dimentichiamo l’adagio di W. Churchill che altre volte ho ricordato:” E’ un peccato non fare niente, con la scusa che non possiamo fare tutto”.

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letterina 20181111

Asia Bibi

Dopo 3.420 giorni di carcere si chiude il lungo dramma di Asia Bibi, donna cattolica accusata di blasfemia: potrà finalmente tornare in libertà. Dalle ultime notizie è stata scarcerata.
Era il 14 giugno del 2009 quando nei dintorni del paesino di Ittanwali, nel distretto di Sheikpura nella provincia pachistana del Punjab, Asia, all’epoca trentottenne, stava raccogliendo delle bacche di falsa assieme ad altre braccianti. Le viene chiesto di andare a prendere l’acqua e in una calda giornata estiva lei osa bere da un bicchiere di latta trovato accanto al secchio. “Non puoi bere l’acqua dal nostro bicchiere, i cristiani sono impuri e non devono bere dagli utensili dei musulmani”, le gridano alcune donne musulmane che lavoravano con lei. Nasce un piccolo alterco, ma tutto finisce lì. Due donne musulmane però raccontano l’accaduto ad un imam locale, il quale cinque giorni dopo l’accaduto e senza aver assistito al fatto, presenta una denuncia per blasfemia a carico di Asia accusandola di aver offeso il Profeta Maometto, un reato che in Pakistan è punito con la pena di morte, in base all’articolo 295 comma C del codice penale pachistano, meglio noto – assieme al comma B dello stesso articolo – come legge antiblasfemia.
La donna è stata condannata a morte per impiccagione nel novembre 2010, sentenza confermata in appello il 16 ottobre 2014. Il caso giunge alla Corte Suprema nel luglio 2015, ma l’alta pressione dei fondamentalisti soprattutto sui giudici provoca diversi rinvii delle udienze, sovente per l’assenza di giudici disposti ad esprimere un verdetto sul caso. Fino all’8 ottobre scorso quando il presidente della Corte Suprema Mian Saqib Nisar, e i giudici Asif Saeed Khosa e Justice MazharAlam Khan Miankhel ascoltano finalmente il collegio difensivo, per ben 3 ore e mezza. La sentenza è stata resa nota soltanto più avanti per motivi di sicurezza.
Da allora i fondamentalisti hanno messo in atto manifestazioni e campagne attraverso i social, contro l’assoluzione della “maledetta” Asia, invocandone l’impiccagione e minacciando di morte i giudici e chiunque l’avesse difesa. I tweet e gli slogan offensivi non hanno risparmiato due figure eminenti che per aver difeso Asia sono state uccise nel 2011: il musulmano Salmaan Taseer, governatore del Punjab, e il cattolico Shahbaz Bhatti, ministro federale per le minoranze.
Tra i bambini musulmani gira addirittura un gioco dal titolo eloquente: Decapita Asia Bibi.
Quindi, se l’iter giudiziario è finito non lo è ciò che segue, per cui si teme per le sorti della donna, della famiglia e dei giudici. Sono numerosi in Pakistan i casi di persone assolte da accuse di blasfemia e poi uccise una volta liberate.
«Dubito che potremo rimanere in questo Paese», ha dichiarato infatti il marito di Asia. In questi anni la famiglia ha dovuto rimanere nascosta per paura di ritorsioni. Si temono inoltre possibili violenze anticristiane in tutto il Paese, come quelle avvenute a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony, quartiere cristiano di Lahore, nel 2013. Gli estremisti potrebbero sfogare rabbia e frustrazione sull’intera comunità cristiana e per questo le autorità pachistane hanno intensificato la sicurezza in tutto il Paese, soprattutto nelle aree dove vivono i cristiani e le altre minoranze.

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letterina 20181104

Il "rumore" dei giovani

È calato il sipario sul Sinodo dei Giovani: venticinque giorni di lavoro in Vaticano per 240 vescovi di tutto il mondo e 32 “uditori”, giovani ed esperti del settore. Un incontro intenso e vivace dove i giovani hanno “fatto rumore” sollecitati in questo dallo stesso papa - e hanno contagiato i vescovi con il loro entusiasmo - Ora la responsabilità di continuare torna alle diocesi, alle parrocchie, agli oratori: “Quello che è accaduto in Vaticano per 25 giorni – sottolinea don Emanuele Poletti, direttore dell’ufficio per la pastorale dell’età evolutiva (Upee) – dovrebbe continuare ad accadere qui, per portare a scelte concrete che siano utili e opportune per la nostra realtà, facendo ciò che è sostenibile per noi. Il documento finale offre un bello sguardo sulla realtà complessiva. Dall’altra parte indica che bisogna mettersi all’opera là dove si è”. Il Sinodo è iniziato nelle diocesi e con andamento circolare, alla fine ci torna.
Un cammino condiviso, adulti e giovani insieme, vescovi e laici, con pari dignità: è stata questa l’impressione delle persone che hanno partecipato all’assemblea.
“È stato interessante – sottolinea don Emanuele – il processo con cui il Sinodo è accaduto. Molti testimoni diretti mi hanno riferito di aver apprezzato il modo in cui è stato condotto: ognuno aveva diritto di parola, e ciò che dicevano veniva sempre preso in considerazione. Una prima indicazione arrivata alla fine – e ovviamente ce l’aspettavamo - è che la strada da percorrere nella pastorale giovanile è lunga e deve proseguire nei territori”.
Il documento finale, in attesa delle conclusioni di Papa Francesco, offre già alcune linee operative: “Dobbiamo continuare a costruire piccoli processi creando legami tra le generazioni, le responsabilità e i carismi, che in un modo o nell’altro si interfacciano con i mondi giovanili. Bisogna che gli adulti, ciascuno secondo la propria vocazione, si siedano intorno ad un tavolo e provino a interrogarsi e a lasciarsi provocare dai giovani”.
Particolare attenzione è stata data al tema della formazione, alla necessità di trovare spazi dove i giovani possano emergere e al loro protagonismo. E poi che posto occupa la fede nella vita dei giovani di oggi? “Il Sinodo – conclude don Emanuele – si è posto il problema, anche se non ha individuato soluzioni, ma rilanciando la necessità di ascolto, accompagnamento, contaminazione tra mondi diversi”, proprio come nelle frasi finali della Lettera dei padri sinodali ai giovani di tutto il mondo: “La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso”.

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