letterina 20180916

Tre filtri

Un giorno Socrate incontrò un conoscente che gli chiese: “Sai che cosa ho appena sentito di un tuo studente?”.
Aspetta” rispose il filosofo. “Prima che tu me ne parli, vorrei che superassi l’esame dei tre filtri.
“Tre filtri?”
Esatto! Filtriamo ciò che stai per dire. Per prima cosa, ti sei accertato al di là di ogni dubbio che ciò che stai per dir-mi è vero?
“No” rispose l’uomo. “In effetti si tratta di una voce.”
Bene!” continuò Socrate. “Quindi non sai se sia vero. Passiamo al secondo filtro: ciò che stai per dirmi sul mio studente è una cosa buona?”.
“No, al contrario.”
Ne deduco che vuoi dirmi qualcosa di male su di lui senza esser certo che sia vero” abbozzò Socrate. L’uomo fece spallucce, imbarazzato. “Ciò che vuoi dirmi circa il mio studente mi sarà almeno utile?”
“Veramente, non credo” rispose l’uomo.
Allora, se ciò che tu vuoi dirmi non è vero, non è buono e neppure utile, perché io dovrei stare ad ascoltarti?”.

Ecco dunque tre criteri meravigliosi:
il filtro della verità, il filtro della bontà, il filtro dell’utilità.
Essere credenti, essere amici di Gesù Cristo, significa divertirsi a dire e a sentire cose buone degli altri: “gareggiate nello stimarvi a vicenda”(dice San Paolo nella lettera ai Romani). Significa sciogliere le nostre orecchie e le nostre labbra da quei nodi nocivi che sono le chiacchiere pettegole acide, i giudizi da invidiosi, i pre-giudizi da ottusi, i post-giudizi da frustrati.
Significa avere il coraggio di sciogliere orecchie e labbra, aprire mente e cuore, per ascoltare e per dire cose belle e buone. Le parole, dette o ascoltate, sono dei sassi, sta a te decidere se alzare muri o costruire ponti. I sassi li incontrerai in ogni momento sul tuo cammino, sta a te decidere cosa farne. Ricorda Qualcuno che disse:” Chi è senza peccato scagli la prima pietra...”

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Leggi Online il Bollettino Parrocchiale La Lettera 

    Sfoglia Online la nuova Guida Pastorale 2018-19 

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

letterina 20180909

Telemaco non si sbagliava

Telemaco non si sbagliava, è il titolo dell’ultimo libro di Luigi Maria Epicoco, una riflessione e meditazione sulla vita del figlio. La giovinezza, ci dice, non è una malattia che deve essere curata. Il primo compito dell'educazione è dare fiducia alla vita del figlio.
La giovinezza non dovrebbe nemmeno essere considerata un periodo delimitato della vita, quanto una risorsa illimitata della vita capace di mantenere la vita sempre viva. Nulla è infatti più tragico di una vita che in vita si manifesta come vita morta. Per Gesù è il peccato più grande: rinunciare al proprio talento. Ecco perché Epicoco può scrivere che «la giovinezza è il tempo dell'amore», nel senso che essa accompagna la vita nel suo dispiegarsi, come se fosse la sua linfa vitale, come una energia - l'energia del desiderio e dell' amore - che rifiuta l'ombra spessa della morte, il peso opprimente del passato, che preferisce l'orizzonte aperto del futuro alla schiavitù infernale del proprio Egitto.
Non a caso alcune pagine tra le più intense sono dedicate al "complesso di Egitto", ovvero a quella attitudine della vita umana a rivolgersi al passato come se fosse una catena dalla quale non ci si riesce a liberare, a preferire le proprie catene alla propria libertà. Cosa significa essere figli? Cosa vuol dire ereditare? Qual è il dono più grande della genitorialità? Come si snoda il processo di filiazione simbolica? Chi è il figlio giusto?
Quella di Telemaco agisce come una figura di figlio che riassume e risponde positivamente a questi interrogativi. Telemaco è il figlio giusto perché sa che la sua vita necessita di quella del padre per trovare la propria via. Omero nell’Odissea ce lo presenta sulla spiaggia, mentre attende il ritorno del padre, non ossessionato dal perché il padre è dovuto andare via.
È il figlio giusto perché interpreta l'essere figlio alla luce del compito etico dell'ereditare: fare nostro, davvero nostro, quello che abbiamo ricevuto dalle generazioni che ci hanno preceduto; intersecare la provenienza con la destinazione; inventare un proprio percorso personale riconquistando quello che gli avi hanno consegnato nelle nostre mani; non restare paralizzati nel conflitto cieco coi padri, ma riconoscere il debito simbolico che ci vincola a loro; non volere la pelle del padre ma stabilire con esso una nuova alleanza nel nome della vita.
Telemaco è il figlio che sa vivere nell'attesa, nella preparazione della venuta dell'Altro senza melanconia, ma con la forza di chi è pronto a un nuovo viaggio.

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Leggi Online il Bollettino Parrocchiale La Lettera 

    Sfoglia Online la nuova Guida Pastorale 2018-19 

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

letterina 20180902

Lettera di un sacerdote al New York Times

Cari fratello e sorella giornalista, sono un semplice sacerdote cattolico. Mi sento felice e orgoglioso della mia vocazione. Vivo da vent’anni in Angola come missionario. Mi provoca un grande dolore, il fatto che persone che dovrebbero essere segni dell’amore di Dio siano stati un pugnale nella vita di persone innocenti. Non ci sono parole che possano giustificare atti di questo tipo. La Chiesa non può che stare dalla parte dei deboli, dei più indifesi. Tutte le misure prese per la protezione della dignità dei bambini, quindi, saranno sempre una priorità assoluta.
Vedo che in molti mezzi di comunicazioni, e soprattutto nel vostro giornale, si amplifica l’argomento in maniera morbosa, andando a scavare nei minimi particolari della vita di qualche sacerdote. Così compare uno di una città degli Stati Uniti, degli anni 70, un altro dell’Australia, degli anni 80, e così via, e altri casi più recenti ... Certamente tutto condannabile! Si vedono anche servizi giornalistici ponderati ed equilibrati, altri amplificati, pieni di preconcetti e persino di odio.
E’ curioso costatare quanto poco facciano notizia e il disinteresse per migliaia e migliaia di sacerdoti che si consumano per milioni di bambini, per gli adolescenti e i più sfortunati ai quattro angoli del mondo.
Penso che al vostro mezzo informativo non interessi il fatto che io abbia dovuto trasportare su percorsi minati nel 2002 molti bambini denutriti da Cangumbe a Lwena (Angola), perché il Governo non si rendeva disponibile e le ONG non erano autorizzate; che abbia dovuto seppellire decine di piccole vittime tra gli sfollati della guerra e i ritornati; che abbiamo salvato la vita a migliaia di persone a Moxico con l’unico posto medico in 90.000 chilometri quadrati, o che abbia distribuito alimenti e sementi; o che in questi 10 anni abbiamo dato un’opportunità di istruzione e scuole a più di 110.000 bambini ...
Non fa notizia che un sacerdote di 75 anni, padre Roberto, di notte percorra le vie di Luanda curando i bambini di strada, portandoli in una casa di accoglienza perché si disintossichino dalla benzina, che alfabetizzi centinaia di detenuti; che altri sacerdoti, come padre Stefano, abbiano case in cui i bambini picchiati, maltrattati e violentati cercano un rifugio, e nemmeno che fr. Maiato, con i suoi 80 anni, vada casa per casa per confortare i malati e i disperati.
Non fa notizia che più di 60.000 dei 400.000 sacerdoti e religiosi abbiano abbandonato la propria terra e la propria famiglia per servire i fratelli in lebbrosari, ospedali, campi di rifugiati, orfanotrofi per bambini accusati di stregoneria o orfani di genitori morti di Aids, in scuole per i più poveri, in centri di formazione professionale, in centri di assistenza ai sieropositivi... e soprattutto in parrocchie e missioni, motivando la gente a vivere e amare.
Non fa notizia che il mio amico padre Marcos Aurelio, per salvare alcuni giovani durante la guerra in Angola, li abbia portati da Kalulo a Dondo e tornando alla sua missione sia stato ucciso a colpi di mitragliatrice; che padre Francisco e cinque catechiste siano morti in un incidente mentre andavano ad aiutare nelle zone rurali più sperdute... Nel cimitero di Kalulo ci sono le tombe dei primi sacerdoti che giunsero nella regione... Nessuno aveva più di 40 anni.
Non fa notizia accompagnare la vita di un sacerdote ‘normale’ nella sua quotidianità, nelle sue difficoltà e nelle sue gioie, mentre consuma senza rumore la sua vita a favore della comunità che serve. La verità è che non cerchiamo di fare notizia, ma semplicemente di portare la Buona Novella, quella notizia iniziata senza rumore la notte di Pasqua. Non pretendo fare un’apologia della Chiesa e dei sacerdoti.
Il sacerdote non è né un eroe né un nevrotico. E’ un semplice uomo, che con la sua umanità cerca di seguire Gesù e di servire i fratelli. Ci sono miserie, povertà e fragilità come in ogni essere umano; e anche bellezza e bontà come in ogni creatura ...
Insistere in modo ossessivo e persecutorio su un tema perdendo la visione d’insieme crea davvero caricature offensive del sacerdozio cattolico in cui mi sento oltraggiato.
Amico giornalista, le chiedo solo di cercare la Verità, il Bene e la Bellezza. Ciò la renderà nobile nella sua professione.
In Cristo, P. Martín Lasarte sdb

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

letterina 20180826

S.Alessandro, un soldato.

In questo 2018 il giorno di Sant’Alessandro, patrono di Bergamo e della Diocesi, cade di Domenica e dunque anche la liturgia ci affida i testi della sua festa.
Secondo la tradizione, Alessandro era “vessillifero” della legione tebea, cioè un soldato e morì martire, nei primi anni del quarto secolo, il 26 agosto del 303, durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano.
Ci fa pensare il fatto che Alessandro era un soldato. Cristiano perfetto in un mestiere perfettamente laico e in un mondo totalmente estraneo. Alessandro vive dentro l’impero romano, dove la religione pagana è ancora dominante. I cristiani sono ancora minoranza e spesso perseguitata. Non è difficile immaginare la fatica di una testimonianza in un mestiere come il soldato e in un mondo come quello in cui viveva Alessandro.
Non è difficile neppure mostrare alcune inquietanti somiglianze tra la situazione di Alessandro e la nostra. L’ostilità del mondo esiste anche oggi e in mezzo a questa ostilità sta la debolezza della fede. Una fede che deve fondarsi non sulle nostre qualità, ma sulla bontà misericordiosa del Signore. “Quando sono debole, è allora che sono forte”. Siamo chiamati a vivere la fede sguarnita del martire.
Alessandro è vissuto moltissimo tempo fa. Ma è paradossalmente attuale tant’è che la comunità cristiana lo festeggia ancora oggi. Il che dice una cosa molto semplice: la nostra fede va continuamente reinventata. La fede non è una pratica, ma un modo di vivere. Alessandro non ha detto e non ha scritto niente. O, per lo meno, non ha detto e scritto niente di cui abbiamo notizia. Parla solo la sua vita o, meglio, il suo martirio.
La vera forza che resta è quella “consacrata” dalla vita. Le parole non hanno senso senza il senso della vita. Le parole sono scarnificate. Ma quando le parole sono “piene” di chi dà la vita, allora anche le parole sono straordinariamente ricche.

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

letterina 20180819

Lettera di una mamma al medico...

Durante la gravidanza Courtney Baker, una giovane donna australiana, si sentì consigliare dal suo medico di abortire perché la bimba che aveva in grembo era affetta dalla sindrome di Down. Courtney ha comunque deciso insieme al marito di far nascere la piccola Emmy, tanto desiderata, e che aveva visto solo accovacciata nella sua pancia. Oggi la sua bimba ha 15 mesi. Di fronte a tanta meraviglia la neomamma non è riuscita a tacere e a non esprimere tutta la delusione provata. Perciò, ha voluto scrivergli una lettera:

Io sono venuta da te durante il periodo più difficile della mia vita. Ero terrorizzata, ansiosa, nella disperazione più totale. Non sapevo ancora la verità sulla mia bambina, perciò cercavo di saperla da te. Invece di supporto e incoraggiamento, mi hai suggerito di abortire. Ti ho detto il suo nome, e mi hai chiesto ancora una volta se avessimo capito quanto si sarebbe abbassata la qualità della nostra vita con una figlia con la
sindrome di Down.
Ci hai suggerito di riconsiderare la nostra decisione di portare avanti la gravidanza. Da quella prima visita abbiamo iniziato a temere gli appuntamenti. Il periodo più difficile della mia vita è stato reso quasi invivibile perché tu non mi hai mai detto la verità. La mia bambina era perfetta.

La neomamma non è arrabbiata ma triste per il suo cuore insensibile che non palpita guardando la meraviglia di quelle manine, dei polmoni, degli occhi e delle orecchie.

Sono triste perché ti sbagliavi terribilmente nel dire che un bambino con la sindrome di Down potesse peggiorare la qualità della nostra vita. E ho il cuore spezzato al pensiero che tu possa dirlo anche oggi, ad
un’altra mamma.
Ma soprattutto sono triste per il fatto che non avrai mai il privilegio di conoscere mia figlia, Emersyn. Perché, Emersyn non solo ha migliorato la qualità della nostra vita, ma ha toccato il cuore di centinaia di persone. Ci ha dato una determinazione e una gioia che sono impossibili da descrivere. Ci ha donato i sorrisi più grandi, le risate, i baci più dolci che io abbia mai ricevuto. Ci ha aperto gli occhi alla vera bellezza e all’amore puro. La mia speranza è che anche tu riesca a vedere la bellezza e l’amore puro in ogni ecografia. E la mia preghiera è che quando vedrai il prossimo bambino con la sindrome di Down dolcemente accovacciato nell’utero di sua madre, tu possa guardare quella donna, ricordarti di me e dirle: “Il tuo bambino è assolutamente perfetto”.

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

 

    Sottoscrizione a Premi di S.Lorenzo - Montebello

 

letterina 20180812

Morta la... pena di morte

Nel clima rilassato e caldo dell’estate sembra passare in sordina una vera rivoluzione introdotta da papa Francesco con il rescritto sulla pena di morte.

La Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo”.

È quanto si legge nella nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica, approvata da Papa Francesco l’11 maggio scorso durante l’udienza concessa al card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, disponendo che venga tradotta nelle diverse lingue e inserita in tutte le edizioni del suddetto Catechismo.

“Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune”,

si legge nel rescritto, diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede:

“Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi”.

La nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica, si precisa nella lettera a tutti i vescovi del mondo che accompagna il rescritto,

“vuole costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore”.

La nuova norma, spiega il competente dicastero pontificio,

“esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del magistero, i quali possono spiegarsi alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine”.

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    Ascolta le Omelie in Parrocchia 

 

    Sottoscrizione a Premi di S.Lorenzo - Montebello