letterina 20170319

I quattro anni del papa

Lunedì scorso, 13 marzo era il quarto anniversario dell’elezione di papa Francesco. L’abbiamo ricordato insieme al Vescovo Francesco e ai rappresentanti delle 22 parrocchie, nell’incontro di presentazione della riforma dei Vicariati. A Mozzo, dove ancora il 13 marzo (2013) avevamo seguito in diretta con il Vescovo l’abemus papam. Dunque quattro anni.

Ci siamo familiarizzati con questo papa e normalmente sentiamo tra noi commenti positivi per la semplicità, l’immediatezza, l’essenzialità, il parlar chiaro... Ma ci sono da più parti anche critiche. Se, come dice Erasmo da Rotterdam (Adagia, 108), “neppure Giove piace a tutti“, niente di strano che qualcuno abbia da ridire anche su Papa Francesco.
Quello che stupisce è che i critici più accesi del Papa siano proprio dei cattolici, apostolici, romani, e spesso, per giunta, pure egregi. Essendo della stessa famiglia di spirito con alla base lo stesso Vangelo, si poteva supporre che ciò non avvenisse. Ma lo stesso Erasmo (ibid.) ribadisce il concetto e cita Lc 7, 32. In quel passaggio, Gesù, a proposito di gusti, chiede ai suoi ascoltatori a chi può paragonare gli uomini di questa generazione e risponde lui stesso: Sono come quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.
Come cattolici siamo convinti che, in qualche modo, nell’elezione di ogni Papa c’entra lo Spirito Santo. E siamo convinti che ogni pontefice è un fattore del disegno provvidenziale che Dio porta avanti nella storia per mezzo di Gesù redentore. Bisogna non perdere la grazia che la Provvidenza ha sicuramente messo anche nel pontificato di Francesco. Quindi, invece di attendere il suo successore, chiediamoci quali siano i doni che Dio sta offrendo all’umanità di oggi per mezzo suo. E l’augurio migliore che gli possiamo fare, oltre che nella preghiera, è lasciarci provocare dalle sue parole sentendole rivolte a noi (e non solo ad alcune categorie di persone) per ricentrarsi sull’essenziale del Vangelo, l’unico metro di misura valido per chi si dice cristiano.

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letterina 20170312

Sole dei soli

Nella Via Crucis dei venerdì di Quaresima ci facciamo aiutare da alcuni scrittori italiani che si sono lasciati toccare dalla figura di Gesù e ne hanno raccontato, con la loro arte e creatività, la storia. Si tratta di Giovanni Papini, Luigi Santucci, Stefano Jacomuzzi, Ferruccio Parazzoli e Davide Rondoni.
Abbiamo cominciato con Papini, “una belva diventata agnello”. In questa espressione raccoglie il suo cammino di conversione che lo portò a scrivere la “Vita di Cristo”. Ma il suo cammino di fede non si fermò; il suo seguire Gesù divenne sempre di più un unica cosa con lui.
Negli ultimi anni della sua vita fu colpito da una malattia terribile che gradualmente lo paralizzò e lo portò addirittura a non riuscire più a parlare e tantomeno a scrivere, lui che era scrittore. Ma accolse la sua pena con forza, con coraggio: “Mi stupiscono, talvolta, coloro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia. Ho perduto l'uso delle gambe, delle braccia, delle mani e sono divenuto quasi cieco e quasi muto. Non posso dunque camminare né stringere la mano di un amico né scrivere neppure il mio nome; non posso più leggere e mi riesce quasi impossibile conversare e dettare. Sono perdite irrimediabili e rinunce tremende soprattutto per uno che ha la continua smania di camminare a rapidi passi, di leggere a tutte le ore e di scrivere tutto da sé, lettere, appunti, pensieri, articoli e
libri.”
L'esperienza delle contraddizioni dell'esistenza e della malattia lo portò a maturare un atteggiamento di sempre più grande abbandono nelle mani di un Dio il cui Figlio aveva fatto altrettanto. Si tratta del vero miracolo, quello della fede, cioè di una vita nuova che vive perché in essa vive Gesù: “E se un giorno sarai percosso e perseguitato dalla sventura e perderai salute e forza, figli e amici e dovrai sopportare l'ottusità, la malignità e la gelidità dei vicini e dei lontani, ma nonostante tutto non ti abbandonerai a lamenti né a bestemmie e accetterai con animo sereno il tuo destino, esulta e trionfa perché il portento che pareva impossibile è avvenuto e il Salvatore è già nato nel tuo cuore. Non sei più solo, non sarai più solo. Il buio della tua notte fiammeggerà come se mille stelle chiomate giungessero da ogni punto del cielo a festeggiare l'incontro della tua breve giornata umana con la divina eternità.”
Papini morì nella sua Firenze l'8 luglio 1956. Poco tempo prima di quel giorno era riuscito a far scrivere un suo pensiero a una delle amate figlie: Quando ai miei occhi di prossimo sepolto il sole per l'ultima sera varcherà le mura occidentali, Dio sarà sempre con me, sole dei soli.

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letterina 20170305

Rinunciare...

È di nuovo quaresima. Molte persone hanno ricevuto le ceneri nelle diverse celebrazioni fatte mercoledì. E’ già qualcosa, per non arrivare a Pasqua e rendersi conto che non si è camminato affatto. Ma forse si intuisce, un po’ misteriosamente, al di là del simbolo, un messaggio tanto impegnativo quanto affascinante. Pensiamo al vangelo che viene letto, un passaggio del cosiddetto “discorso della montagna”.
Gesù esorta a non fare l’elemosina, a non digiunare a non pregare per “essere lodati dalla gente”. Ma a fare tutto nel segreto dove si trova “il Padre tuo” e “il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. Il brano oppone i luoghi affollati – le sinagoghe, le piazze – alla camera, dove si ci deve rinchiudere per pregare “nel segreto”.
Oppone il gesto enfatico dell’ipocrita (“ipocrita” significa etimologicamente “attore”) al gesto dimesso o negato. Impressiona soprattutto quell’immagine del “segreto” nel quale ci si deve rifugiare, e la stanza nella quale ci si deve rinchiudere per pregare.
Viene in mente il fatto variamente riferito dagli storici. Nel 63 avanti Cristo Pompeo Magno violò il Tempio di Gerusalemme entrando nel “santo dei santi”, lo spazio rigorosamente riservato dove poteva entrare solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno. Ma, con grande sorpresa del conquistatore romano, nella stanza non si trovò nulla: era completamente vuota. Si potrebbe dire, sulla scorta del vangelo di inizio quaresima, che il santo dei santi è il cuore dell’uomo. In quella stanza Dio si affaccia e lì gli si può parlare. Ma è necessario che la stanza sia pulita, che sia vuota come il santo dei santi che ha sorpreso e affascinato Pompeo. Possiamo, dunque, capire perché si deve digiunare. Per penetrare in questo recesso, bisogna rimuovere gli ostacoli. È necessaria quindi l’ascesi, il tipico stile di vita della quaresima. La nostra continua tentazione, infatti, è di rivestire Dio delle nostre molte cose e delle nostre moltissime aspettative.
Corriamo sempre il rischio che il Dio al quale ci rivolgiamo sia non come è lui ma come lo vogliamo noi. Per questo è necessario rimuovere, demolire, togliere. Bisogna “rinunciare”: che strano suono queste parole fuori moda: rinuncia, rinunciare. Strane ma necessarie perché nella stanza vuota il dialogo possa continuare.

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letterina 20170226

La Parola è un dono. L’altro è un dono

Cari fratelli e sorelle,
la Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte.

E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono
La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Alla base di tutto c’è la Parola di Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità. In particolare, qui vorrei soffermarmi sulla parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (cfr Lc 16,19-31). Lasciamoci ispirare da questa pagina così significativa, che ci offre la chiave per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la vita eterna, esortandoci ad una sincera conversione...

La liturgia del Mercoledì delle Ceneri ci invita a vivere un’esperienza simile a quella che fa il ricco in maniera molto drammatica. Il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo, ripete le parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scoprono improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via» (1 Tm 6,7).
Anche il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco ha un lungo dialogo con Abramo, che chiama «padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio. Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria, perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, l’unico suo dio essendo lui stesso...

In questo modo emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio.
Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo.

Il papa per la Quaresima

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letterina 20170219

Straordinario è...

Almeno duemila persone hanno partecipato ai funerali di Gio, il ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita a Lavagna durante una perquisizione in casa sua. Ad un certo punto la folla è diventata così traboccante che non è stato più possibile entrare nella Basilica di Santo Stefano. Ci sono alcune parole pronunciate dalla mamma che è importante ascoltare e, magari, far leggere anche ai figli:

«Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi».
«Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su Whatsapp, straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza sei bella invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate».
«Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo».
«Noi genitori invece di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c’è vergogna se non nel silenzio: uniamoci facciamo rete».
«In queste ore ci siamo chiesti perché è successo, ma a cercare i perché ci arrovelliamo. La domanda non è perché, ma come possiamo aiutarci. Fate emergere i vostri problemi», ha detto la madre ai ragazzi.
«Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano», e poi accennando alla storia familiare del figlio, la signora Antonella ha aggiunto: «Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore».
A celebrare le esequie Don Andrea Buffoli, cappellano della Virtus Entella. «Ai ragazzi qui presenti voglio dire due cose: parlate di voi e della vostra vita, perché vuol dire farsi volere bene ed essere accolti, non abbiate paura di farlo. E la seconda cosa è: noi non siamo i nostri sbagli ma siamo le nostre cose belle. Gio se n’è andato in modo tragico e assurdo ma voi qui testimoniate il bene che gli avete dato e che da lui avete ricevuto. Questo amore va custodito. È stato un riferimento per tanti: era una bandiera e come tutte le bandiere per essere animate hanno bisogno di vento».

 

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letterina 20170212

Vola, vola tu, dov’ io vorrei volare...

Dalla giornata delle vita la lettera di una mamma alla bambina che arriverà....
«Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti.
Ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare...»

Cara figlia,
ormai dovresti conoscere a memoria il testo e la melodia di questa canzone di Guccini scritta nel 1987 e dedicata a sua figlia quando era bambina.
Negli ultimi anni questo nonno saggio ha deciso di non cantare più e ha scritto alcuni libri, tra cui Culodritto: sì, lo so che ti fa sorridere ma è lo stesso titolo della canzone e sta ad indicare una persona con un carattere deciso. Ed è quello che mi piacerebbe avessi tu! Non arrogante, ma deciso.
Non manca tantissimo al momento in cui finalmente io e il tuo papà potremo finalmente prenderti tra le braccia. Non puoi immaginare, almeno finché non sarai mamma anche tu un giorno, che sensazione meravigliosa si prova a diventare genitore. Quando abbiamo scoperto che saresti arrivata eravamo contenti e la prima ecografia ci ha spalancato le porte della felicità: tu eri ancora un fagiolino ma con il cuore che batteva forte forte. Un’emozione sentirti!
Questi mesi non sono stati facilissimi per me e il tuo papà mi è sempre stato vicino, dribblando tra i miei sbalzi d’umore e la mia salute non sempre al top, mantenendo sempre la palla al centro: la nostra serenità di coppia.
All’inizio mi consigliavano di aspettare a dire della tua presenza ma è stato difficilissimo. Avere in grembo un dono ed essere felicissima ma non poterlo dire è come voler coprire la luce del sole o annullare il profumo dei fiori. Dal giorno in cui non solo i tuoi sette cuginetti e i nostri cari sapevano di te, anche la pancia ha cominciato a crescere. E quante persone hanno dedicato una carezza o un sorriso buono a questo pancione!
Qualcuno ci aveva convinto che tu fossi un maschietto, invece la prima ecografia dettagliata ci ha rivelato che sei una femminuccia. L’elenco dei nomi maschili è stato quindi accantonato e quasi subito abbiamo deciso di chiamarti con il nome della mia nonna materna: una persona buona con un nome dal suono dolce.
Ti abbiamo portato ovunque in questi mesi: dalle spiagge della Toscana ai oltre duemila metri dei Laghi Gemelli, ma soprattutto sei sempre nei nostri pensieri. Non sei una gran dormigliona, ci sono giorni in cui non stai ferma un attimo e mi piacerebbe riuscire a vedere quello che fai lì dentro: sembra, però, ti stia divertendo un sacco! Anche adesso mentre scrivo ti fai sentire: che sensazione meravigliosa è sentirti dentro di me! Secondo gli esperti sei praticamente completa, ogni pezzettino è armoniosamente collocato al suo posto, e io cerco di immaginare come tu sia fatta.
Chissà se ti piaceranno le cose che stiamo scegliendo per te. Noi stiamo facendo del nostro meglio e tu cerca di essere indulgente con noi, perché non siamo genitori esperti ma se dovessimo sbagliate sarà comunque in assoluta buona fede. La vita non è sempre semplicissima, lo sappiamo purtroppo bene sia io sia il tuo papà, ma tu adesso sei la gioia nostra, dell’intera famiglia e di chi ci vuol bene. Vorrei che non ti accada mai alcun male, ma sarebbe utopico. Ti ricordo quindi che io e il tuo papà ci saremo sempre per te! Non vediamo l’ora di stringerti tra le braccia e, come termina la canzone, vorrei augurarti di saper volare.

«Vola, vola tu, dov’ io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare...». 

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