letterina 20170723

“Ex cathedra” e “ex fenestra”

Dagli Atti degli Apostoli (5,15s) veniamo a sapere che quelli che credevano nel Signore arrivavano fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Oggi le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Francesco, l’attuale successore di Pietro, fa ombra a molti, compresi cattolici doc anche di alto rango. Parecchi di questi però, anziché rallegrarsene e cercare di farsi coprire da questa ombra, ne sono infastiditi e non piangerebbero se venisse tolto loro il disturbo. Si dice, ad esempio, che egli abdica al suo compito magisteriale, con la conseguenza che, secondo alcuni, a noi verrebbero a mancare orientamenti chiari, precisi e sicuri. E in buona parte è vero. Egli infatti, come scrivevo recentemente, ai discorsi “ex cathedra” preferisce i discorsi “ex fenestra” che iniziano con un semplice “buongiorno” e terminano con un altrettanto semplice e perfino banale “buon pranzo”. Dagli Atti degli Apostoli (5,15s) veniamo a sapere che quelli che credevano nel Signore arrivavano fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Oggi le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Francesco, l’attuale successore di Pietro, fa ombra a molti, compresi cattolici doc anche di alto rango. Parecchi di questi però, anziché rallegrarsene e cercare di farsi coprire da questa ombra, ne sono infastiditi e non piangerebbero se venisse tolto loro il disturbo. Si dice, ad esempio, che egli abdica al suo compito magisteriale, con la conseguenza che, secondo alcuni, a noi verrebbero a mancare orientamenti chiari, precisi e sicuri. E in buona parte è vero. Egli infatti, come scrivevo recentemente, ai discorsi “ex cathedra” preferisce i discorsi “ex fenestra” che iniziano con un semplice “buongiorno” e terminano con un altrettanto semplice e perfino banale “buon pranzo”. Il culmine di questa “lacuna” del Papa è dato dal documento post-sinodale “Amoris lætitia” dove Francesco (n. 3) afferma chiaramente che “non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”. In parole povere, egli sa che ogni definizione papale chiude in partenza anziché aprire un discorso, per cui, proprio a riguardo della “Amoris lætitia, egli ritiene “comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi” (300). Il suo obbiettivo evidentemente non era e non è quello di dare ricette definitorie, ma di incoraggiare e orientare la riflessione, il dialogo e il discernimento nella prassi pastorale di coloro (pastori e laici) che sono “dentro” nel vivo del problema. Lo stesso discorso vale per tutte le volte che il Papa nei suoi interventi smentisce spesso e volentieri ciò che è dato per scontato, il “si è sempre fatto così”. Ma coloro a cui Francesco fa ombra sbagliano se gli si oppongono, perché l’ombra di Francesco, per quanto scomoda, è tutt’altro che un’ombra negativa.Quelli che, al di là di tutto, rimangono convinti che egli è il “dolce Cristo in terra” che il Signore ci ha dato per il nostro tempo, si rendono facilmente conto che ciò che di lui “disturba” è proprio quello di cui la Chiesa di oggi ha bisogno e l’ombra che egli fa non va sfuggita, ma cercata, perché è capace di guarire, come quella di S.Pietro.  

Da: santalessandro.org   

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Biglietti vincenti Sottoscrizione Cre 2017: (si possono ritirare in oratorio fino al 10 settembre)

1) 922 GIALLO Smartphone Asus ZB500KG  
2) 37 ROSA Casco integrale NOLAN  
3) 41 ROSA Happynight PRENATAL  
4) 15 GRIGIO  
5) 530 GIALLO  
6) 72 AZZURRO  
7) 768 VERDE  
8) 86 GIALLO  
9) 316 GRIGIO 
10) 695 GIALLO 
11) 228 VERDE 
12) 810 GIALLO 
13) 48 ROSA 
14) 859 VERDE 
15) 858 GIALLO

letterina 20170716

Custodi e non padroni

C’è un uomo sdraiato su una spiaggia. Sul suo volto scivolano lacrime, nel suo pugno della sabbia: è il suo abbraccio ad una terra tanto attesa, sperata, amata. È il 12 ottobre 1492.

Cristoforo Colombo sulle tre celeberrime Caravelle non solo aveva portato le sue conoscenze e la sua curiosità, ma anche il suo cuore. Attraversare l’Oceano significava spingersi oltre le Colonne D’Ercole, ovvero contro ogni certezza posseduta dall’uomo. In fondo, però, solo chi desidera sa volare alla ricerca di gioia vera; il desiderio è proprio un’assenza momentanea di praticità che lascia tempo e spazio alla mente di compiere ricerche appassionate: di speranza, di vita. Salpare alla volta dell’ignoto è una stretta al cuore: è entusiasmo per la possibile realizzazione, è paura di fallire.

L’attesa è quindi tempo fertile, terra momentanea, un ponte tra presente e futuro. Tra pensato, detto e fatto. 

In questi giorni nelle nostre realtà sono in tanti ad abbracciare quel pugno di terra: abbiamo già concluso la terza settimana di Cre e la seconda di Baby. Non è un caso che proprio da “humus”, “terra”, derivi l’umiltà. Ciascuno infatti, all’interno del Cre, è chiamato a farsi terra, simbolo della fertilità con cui coltivare ogni relazione e dello sguardo attento e vigile alle piccole cose. Basta abbassarsi, guardare con gli occhi dei più piccoli la realtà, per scoprire e testimoniare gioia di appartenenza. 

Ecco la chimica dello sguardo. Ecco lo scambio che fa crescere e riempie il cuore.E non sorprende allora che anche «Uomo» derivi dalla stessa radice di “humus”. L’uomo altro non è che un essere generato dalla terra, chiamato a mostrarsi a sua volta fecondo. “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo”, vide che era cosa buona e giusta, e ancora oggi ci è chiesto di vivere tenendo presente il nostro essere parte di un tutto, parte di un progetto più grande. All’uomo è affidato il compito di meravigliarsi del creato, di custodirlo, e di testimoniare lo stupore a chiunque incontri.

   

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letterina 20170709

Geografie diverse

Domenica scorsa è stata la prima Domenica “tranquilla” dal punto di vista celebrativo, anche se alla sera abbiamo festeggiato Santa Margherita a Carosso con messa e processione.Domenica scorsa è stata la prima Domenica “tranquilla” dal punto di vista celebrativo, anche se alla sera abbiamo festeggiato Santa Margherita a Carosso con messa e processione. “Tranquilla” dopo l’anno catechistico con i molteplici appuntamenti, dopo le feste, i Sacramenti, l’inaugurazione della casa, gli anniversari di matrimonio, la memoria del Battesimo e il Patrono.

E subito ti accorgi che è cambiata la “geografia” nelle chiese. I grupponi dei ragazzi (il sabato alla Beita e la domenica mattina in Parrocchia) spariscono e l’assemblea si ritrova a dover gestire tutto uno spazio considerevole vuoto. Ci vogliono alcune domeniche per assestarsi e creare un nuovo equilibrio. Poi qualcuno si fa avanti, tranne gli irriducibili del posto fisso, cascasse il mondo che si spostino, entrati come sono a far parte del panorama come un quadro e una statua che ritrovi sempre in quell’altare o in quella nicchia... Almeno però loro ci sono!La prima domanda è : dove son finiti tutti i ragazzi, qui, come in tutte le altre Parrocchie della Diocesi? (Fuori Bergamo in verità ce lo si chiede spesso anche per il resto dell’anno...)

Appare quasi matematico: con la fine della catechesi sembra finire anche il precetto festivo. Poi però, se guardi meglio, vedi che non sono spariti del tutto: qualcuno continua a fare il chierichetto, altri, piccoli e non solo, sono con le famiglie. Ecco la nuova “geografia” estiva. I ragazzi che continuano ad andare a messa lo fanno per la maggior parte con la propria famiglia. Come dovrebbe sempre essere, anche al mare o ai monti, d’estate o d’inverno. Un po’ di famiglie così ci sono.

Grazie. E anche i figli, un giorno magari, vi ringrazieranno...

   

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letterina 20170702

“Vivo o morto tornerò…”

San Giovanni XXIII torna a Sotto il Monte. Nel 2018 i suoi resti mortali, dalla Basilica di San Pietro, torneranno per un periodo limitato nel suo Paese natale, realizzando il desiderio che lui stesso aveva manifestato negli ultimi mesi del suo pontificato: «Vivo o morto tornerò nella mia terra». «Si tratta di un evento eccezionale – ha sottolineato il vescovo Francesco annunciando l’evento – avvenuto in passato soltanto per un altro pontefice, Pio IX, qualche anno fa». La richiesta è stata inoltrata dalla diocesi a Papa Francesco accogliendo il desiderio di don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte, motivato dalla forte devozione dei pellegrini nei confronti di San Giovanni XXIII, e dalla ripetuta richiesta, arrivata da molti, di poterlo venerare nel suo paese natale. «Sotto il Monte – ha osservato il vescovo Francesco – è l’icona di ciò che Papa Giovanni ha rappresentato. Ci ha riempito di gioia sapere che il nostro appello è stato accolto positivamente». Non sono ancora stati definiti il programma e il periodo preciso dell’arrivo delle spoglie di Papa Giovanni, anche se è stata formulata l’ipotesi che possa ruotare intorno al 3 giugno del 2018, 55° anniversario della morte (3 giugno del 1963), nell’anno del sessantesimo dell’elezione al pontificato (28 ottobre 1958): «Il nostro desiderio – ha precisato il vescovo – è che possa fermarsi anche nella Cattedrale, un passaggio particolarmente significativo nella chiesa che rappresenta il cuore della comunità bergamasca».  San Giovanni XXIII torna a Sotto il Monte. Nel 2018 i suoi resti mortali, dalla Basilica di San Pietro, torneranno per un periodo limitato nel suo Paese natale, realizzando il desiderio che lui stesso aveva manifestato negli ultimi mesi del suo pontificato: «Vivo o morto tornerò nella mia terra». «Si tratta di un evento eccezionale – ha sottolineato il vescovo Francesco annunciando l’evento – avvenuto in passato soltanto per un altro pontefice, Pio IX, qualche anno fa». La richiesta è stata inoltrata dalla diocesi a Papa Francesco accogliendo il desiderio di don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte, motivato dalla forte devozione dei pellegrini nei confronti di San Giovanni XXIII, e dalla ripetuta richiesta, arrivata da molti, di poterlo venerare nel suo paese natale. «Sotto il Monte – ha osservato il vescovo Francesco – è l’icona di ciò che Papa Giovanni ha rappresentato. Ci ha riempito di gioia sapere che il nostro appello è stato accolto positivamente». Non sono ancora stati definiti il programma e il periodo preciso dell’arrivo delle spoglie di Papa Giovanni, anche se è stata formulata l’ipotesi che possa ruotare intorno al 3 giugno del 2018, 55° anniversario della morte (3 giugno del 1963), nell’anno del sessantesimo dell’elezione al pontificato (28 ottobre 1958): «Il nostro desiderio – ha precisato il vescovo – è che possa fermarsi anche nella Cattedrale, un passaggio particolarmente significativo nella chiesa che rappresenta il cuore della comunità bergamasca».  Accanto alla devozione popolare, che pure occupa un posto importante, ci sono diversi temi che fanno da sottofondo a questo particolare passaggio di San Giovanni XXIII nella sua terra natale: «Ci sono innanzitutto la tensione alla pace e alla speranza, che in questo momento sono sottoposte a smentite, contraddizioni e fragilità; c’è l’esperienza del Concilio, la ventata dello Spirito giunta grazie all’intuizione di Giovanni XXIII; ci offre anche una strada da seguire anche nel campo del dialogo ecumenico e interreligioso». Accogliamo quindi la notizia dell’arrivo della salma nella nostra terra come una notizia carica di speranza, coraggio e rilancio dei valori sui quali si fonda anche la comunità bergamasca».

   

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letterina 20170625

DettoFatto: scoppia l'estate

Ci sono le magliette gialle con la «a» di animatore, quelle rosse con la «c» di coordinatore, quelle azzurre con la «d» di don... Dalla regia Upee (l’Ufficio diocesano per la pastorale dell’età evolutiva) ci hanno detto che qualcuno potrebbe vedere in giro anche quella con la «v» di vescovo, perciò attenzione (ma da noi il Vescovo è arrivato da poco e con grande sorpresa)
I motori dei Centri ricreativi estivi si sono già avviati in giro per la diocesi, nelle parrocchie di città e provincia, in una girandola di colori e di allegria, seguendo l’hashtag del momento #cremeraviglia si può averne un assaggio. È un movimento di oltre 100 mila persone: bambini e ragazzi tra i 4 e i 13 anni, adolescenti, giovani, papà, mamme, nonni, che riempiono l’estate di un’ondata positiva di energia, idee, creatività.
Anche noi partiamo: lunedì 26 giugno con il Cre e il 3 luglio con il baby. Il filo conduttore scelto quest’anno «DettoFatto» è un’invito a diventare «custodi del creato». Come ogni anno i Cre non sono soltanto un aiuto prezioso per le famiglie e un intrattenimento divertente per bambini e ragazzi, ma una preziosa occasione educativa, a partire dal tema proposto: «DettoFatto – Meravigliose le tue opere» si concentra sulla creazione.
Tra i testi che l’hanno ispirato c’è sicuramente l’enciclica «Laudato sì» di Papa Francesco, in cui si parla di clima, di ambiente, di ecologia, ma sempre a partire dalle relazioni, ed è questa la chiave scelta anche per le attività degli oratori: «L’ecologia – spiega don Emanuele Poletti, direttore dell’Upee – corrisponde a una cura dell’ambiente che non può esserci se non c’è cura delle relazioni. Nelle relazioni umane c’è spesso fatica e scattano facilmente le dinamiche dello sfruttamento, così avviene anche nel rapporto tra uomo e natura. Dall’osservazione di ciò che accade comunemente emerge la necessità di rifletterci su, di recuperare la qualità dei rapporti: dal rispetto dell’altro discende anche il rispetto dell’ambiente, di ciò che abbiamo intorno, il desiderio di non inquinare, di usare correttamente le risorse». Partendo da sé e seguendo questa strada tutti, anche i più piccoli, possono prendersi la loro parte di responsabilità.

 

  

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letterina 20170618

La terapia dell’abbraccio

Facciamo la festa degli anniversari di matrimonio con le parole del Papa, rivolte nella catechesi del mercoledì alle 12mila persone presenti. Sono un’approfondita analisi psicologica del male di vivere del nostro tempo. L’unica medicina è l’abbraccio di un padre, che ci ama sempre, tutti, buoni e cattivi. 

“Nessuno di noi può vivere senza amore”, l’esordio dell’udienza: “E una brutta schiavitù in cui possiamo cadere è quella di ritenere che l’amore vada meritato”. Se non siamo forti, attraenti e belli, nessuno si occuperà do noi: è da qui, dalla “strada della meritocrazia”, che arriva buona parte dell’angoscia dell’uomo contemporaneo, che cerca una visibilità solo per colmare un vuoto interiore, come se fossimo eternamente in cerca di conferme. Ma un mondo di mendicanti di attenzione altrui, senza la gratuità del voler bene, è un inferno: “Tanti narcisismi dell’uomo nascono da un sentimento di solitudine, anche di orfanezza”.

L’amore, invece, chiama per nome. Quando un adolescente non si sente amato, può nascere la violenza, il monito del Papa. Dietro tante forme di odio sociale e di teppismo c’è spesso un cuore che non è stato riconosciuto: “Non esistono bambini cattivi, come non esistono adolescenti del tutto malvagi, ma esistono persone infelici”.

La vita dell’essere umano è uno scambio di sguardi: guardarsi negli occhi vuol dire aprire le porte del cuore. Dio ama per primo, ci ha voluto bene anche quando eravamo sbagliati, mentre eravamo ancora peccatori, o quando eravamo lontani, come il figliol prodigo della parabola. “Per amore nostro Dio ha compiuto un esodo da sé stesso, per venirci a trovare in questa landa dove era insensato che lui transitasse”...“Non c’è alcuna maledizione sulla nostra vita, ma solo una benevola parola di Dio, che ha tratto la nostra esistenza da nulla. C’è Qualcuno che ha impresso in noi una bellezza primordiale, che nessun peccato, nessuna scelta sbagliata potrà mai cancellare del tutto”...Per cambiare il cuore di una persona infelice, bisogna anzitutto abbracciarla, conclude il Papa dialogando con i fedeli in piazza.
“Amore chiama amore, in modo più forte di quanto l’odio chiami la morte”.
Dio è un padre che ci ama come siamo, ci ama sempre, tutti, buoni e cattivi, la conclusione a braccio dell’udienza.

Auguri anche così alle coppie

  

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