letterina 20170903

Muto con noi. Muto con Dio

Sul settimanale on line della Diocesi di Bergamo c’è anche “la posta di Chiara”, una rubrica in cui una monaca di clausura risponde a domande. Ecco cosa chiede un papà:

Mio figlio adolescente non prega più. Come è muto con noi così è diventato muto con Dio. Non sappiamo se si tratta di una crisi di adolescenza o di una crisi di fede. O forse tutte e due insieme. Angelino

La fase-ponte dell’adolescenza

Caro Angelino, comprendo la tua preoccupazione per tuo figlio. L’adolescenza è una fase di passaggio nella vita dei figli, ma anche di tutta la famiglia. È una fase-ponte e per questo gli adolescenti non sono né di qua né di là, sono in cammino, in transito. Non sono bambini e non vogliono essere trattati come tali, e non sono adulti, ma vogliono essere tali. Vivono questa tensione interiore con gli altri, in particolare con i famigliari. Fa parte della crescita normale, naturale della vita, nella quale c’è movimento, ricerca, incertezza, angoscia, speranza, gioia.

Tutte le dimensioni si trasformano: quella fisica, psicologica e spirituale. La famiglia ha un compito delicato, ma fondamentale, poiché l’educazione dei figli continua in maniera diversa. È necessario discernere la modalità relazionale più consona a questa fase. Forse è importante che tu e tua moglie, vi possiate confrontare con genitori che l’hanno attraversata o da specialisti che vi possono offrire indicazioni adatte per incontrare vostro figlio.

Il mutismo è una forma di ricerca

Il mutismo di tuo figlio, sia con te che con Dio, rientra in questo processo di cambiamento nel quale sta cercando una nuova modalità di vivere il rapporto in famiglia e con la fede. Viene messo in discussione il vostro essere genitori, provocando preoccupazione e senso di impotenza. La vostra presenza rimane preziosa, ma deve assumere un volto nuovo. Dovete “esserci” vivendo al meglio i valori in cui credete e che gli avete trasmesso, testimoniando la loro significatività nella vostra vita, in una modalità adulta che possa essere esemplare.

Voi genitori pregate?

Dici che tuo figlio non prega più, ma voi pregate? E come lo fate? La vostra modalità di vivere la fede è rimasta quella di quando eravate giovani o è cresciuta assumendo una “statura” adulta? Il vostro ragazzo ha bisogno di confrontarsi con un mondo adulto, reale, che non attenui la fatica del vivere, ma sia reso capace di assumerne tutta la responsabilità, come via di vita vera. Il mondo nel quale viviamo, tendenzialmente, sminuisce la serietà della vita, addolcendola con facili surrogati che lasciano solo il vuoto interiore e che rendono le persone eterni adolescenti. Vostro figlio forse non prega più perché sta cercando di fare sua una dimensione di fede che non può essere più quella di prima ed è sottoposta all’impegno e alla fatica degli interrogativi, degli approfondimenti, della ricerca. Ciò è molto positivo perché rientra in quella fase di interiorizzazione e personalizzazione dei valori acquisiti.

Tempo prezioso

Questo tempo è prezioso per pregare per lui, per il suo cammino, perché sia illuminato nella ricerca e possa trovare aiuti validi nella scuola o negli educatori che gli sono vicini. È un passaggio che ha bisogno anche di una preghiera per voi, perché siate educatori sapienti, testimoni e non maestri, capaci di rimanere nella tensione e nella sospensione, nell’attesa dei tempi lunghi di una crescita e di una maturazione. Una crisi non porta a una relazione meno intensa, ma a maturare la comunione e la gioia dell’essere famiglia. Anche in questo passaggio impegnativo, non siete insieme per essere meno felici, ma per imparare a esserlo in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da questa nuova fase. Il Signore vi chiama a fare di questo nuovo tempo una chiamata ad assaporare la vita che Lui regala in abbondanza.

 

 

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letterina 20170827

Ma chi è Gesù?

Il Vangelo di questa Domenica insieme alle crude immagini di minaccia Isis con statue di Madonna e Santi buttate a terra, crocefissi rovesciati, foto del papa strappate, ci fanno porre davanti alla verità della fede che è una persona: Gesù. Lo facciamo ascoltando uno stralcio di articolo di Enzo Bianchi, fondatore di Bose.
Ogni domenica mattina, dopo la “messa dei fanciulli”, nella mia parrocchia di campagna c’era l’ora di catechismo. Come consuetudine, ci veniva insegnata la dottrina riguardante Dio, la Trinità, i comandamenti e i precetti per una vita cristiana rigorosa e capace di esemplarità. L’insegnamento era dunque essenzialmente morale, utile per formare uomini e donne come cattolici. Ma l’insistenza talvolta ossessiva sui comandi e sui divieti destò un giorno in uno di noi una semplice domanda: “Ma perché dobbiamo fare così?”.
Con molto candore la suora rispose: “Per Gesù!”.
E il mio compagno di catechismo replicò: “Ma chi è Gesù?”.
Ci fu imbarazzo, ma non ricordo come proseguì la lezione, perché ero restato quasi pietrificato da quella domanda. Sì, c’era un insegnamento secondo il Vangelo, ma non veniva fornito il fondamento all’azione cristiana: la fede e l’amore per Gesù Cristo, che invece non era al centro, non era la prima preoccupazione in ciò che si insegnava...
A distanza di tanti anni mi sembra che ciò che accadde allora potrebbe in verità accadere ancora oggi. Mi domando infatti: al di là delle buone intenzioni e delle grandi fatiche che si fanno nella vita della chiesa per la liturgia, la catechesi, la carità..., Gesù Cristo, il Gesù Cristo che è il Vangelo, è al centro e vede realmente riconosciuto il suo primato? Confesso che faccio fatica a constatare questo.
Certamente nell’esistenza di ogni cristiano solo Dio giudica la fede e l’effettiva ed efficace presenza del “Cristo in noi”, ma in ciò che appare nella vita esteriore della chiesa dobbiamo interrogarci. Vi possono infatti essere fervore, devozione, partecipazione liturgica, eppure mancare proprio ciò che è autenticamente cristiano: la presenza viva di Gesù Cristo...
Un cristianesimo senza una relazione viva con Gesù non è altro che una religione tra le altre...
Ecco perché Gesù Cristo deve essere il Vangelo e il Vangelo deve essere Gesù Cristo. Altrimenti, Gesù Cristo è solo un nome a cui fa riferimento un movimento di suoi seguaci, in termini di dottrina e spiritualità; è solo un’invocazione religiosa sublime; è solo un idolo, un manufatto amato, ritenuto la cosa più cara proprio perché è una nostra proiezione.
È infatti possibile un cristianesimo senza Gesù e senza Vangelo!

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letterina 20170820

Perché i ragazzi si drogano? (2)

Don Chino Pezzoli conclude le risposte alla domanda posta settimana scorsa. Nel frattempo sulla stampa locale sono apparsi dati allarmanti come ad esempio che a Bergamo ogni giorno arrivano 20 Kg di cocaina.

Allora cerchiamo di essere onesti. Diciamolo, ai ragazzi che, usando droga, alcune persone ci restano secche al primo colpo, e che altri le provano e si sentono bene, ma devastano la loro salute fisica e psichica.
La droga e l’abuso di alcol, con il passare degli anni, cronicizza la dipendenza, ossia una spinta compulsiva incontenibile a usare dosi sempre maggiori fino a lasciarsi morire in quanto tutto si perde: la salute, il controllo psichico, le motivazioni, il senso.

Perché dire questo? Perché se dite che il fumo uccide, quando vostro figlio vedrà il pusher del quartiere che ha 50 anni e si fa 20 canne al giorno, non vi crederà. Se gli dite che una pastiglia di ecstasy uccide, la prima volta che andrà in discoteca e vedrà che metà della gente si ‘cala’, non vi crederà più. Se dite che dalle canne si passa sicuramente all’eroina, alla cocaina quando al centro sociale vedrà il suo professore di lettere che si fa una canna, non vi crederà. Lui sotto l’effetto della sostanza stupefacente sta bene, si crede onnipotente.
Diamo invece spiegazioni scientifiche e documentate.

Le testimonianze servono. Sono i ragazzi e le ragazze presenti nelle nostre Comunità che fanno sapere agli altri che tutto quello che le droghe apparentemente danno ‘di buono’, se lo prendono con gli interessi dopo un po’ di anni. Ci sono persone diventate impotenti sessualmente, con problemi cardiaci seri, con deficit cognitivi, volitivi e motivazionali. Non mancano soggetti con turbe comportamentali e disturbi della personalità. La droga dà e poi toglie. Sarà bene dire e ripetere sovente ai nostri ragazzi che se si drogano si preparino anche a soffrire.

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letterina 20170813

Perché i ragazzi si drogano? (1)

Don Chino Pezzoli è stato tra noi diverse volte, anche per un percorso con i genitori degli adolescenti e gli stessi ragazzi. A lui, in questo tempo estivo ed evasivo, rivolgiamo la classica domanda: perché i ragazzi si drogano?

Non ho risposte esatte. Ho invece dei racconti, delle storie, delle nozioni che vorrei condividere per parlare in modo onesto e crudo di questo problema.
Mi sono fatto un’idea: ci si droga perché “la droga è buona”. La gente che si droga è gente debole e con problemi, tanti problemi. Ma non è gente stupida: fa una cosa stupida, ma non è stupida. Perché la prima volta la droga è sempre ‘buona’, ti fa star bene, risponde in modo sincero e immediato a un tuo bisogno, risolve il tuo problema, ti dà quello che gli altri non sono stati capaci di darti. I ragazzi, alle medie, iniziano a venire in contatto con le sostanze.
Facciamocene una ragione. All’inizio si tratta di fumo: hashish, marjuana... Ma ben presto si trova qualche ragazzo più grande che porta le pastiglie (ecstasy o mdma), e ‘calarsi’ è una cosa abbastanza normale, soprattutto nei weekend. Queste sostanze costano così poco, che ci si può ‘calare’ anche 4-5 volte in una sera: 10 euro, non di più. Vuoi non avere 20 euro in tasca? Poi con l’ecstasy ti senti bene: non a caso queste droghe chimiche vengono chiamate ‘sociali’. Facilitano la socializzazione. Solo che dentro son piene di componenti chimici studiati a tavolino, fuori da qualsiasi controllo, potenzialmente pericolosi. In pratica il ragazzo è una cavia umana, perché, essendo prodotti fuorilegge, non saprai cosa c’è veramente dentro finché non l’avrai ‘mangiati’ e assorbiti.
Cosa facciamo come educatori? L’unica strada che mi si pone di fronte a tutto questo, è l’onestà. Dobbiamo dire ai nostri ragazzi la verità. Perché loro sentono sempre dire che le droghe uccidono (e in molti casi è vero, ma non così tanti come vogliamo credere...) e poi se disgraziatamente una volta le provano, non solo non muoiono, ma si sentono pure bene, si divertono. E si sentono totalmente invincibili. E pensano che noi grandi siamo i soliti bugiardi, che ci inventiamo che la droga fa male e che in realtà non è per niente vero, perché loro l’hanno presa e sono stati benissimo.

Continua settimana prossima

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letterina 20170806

Grazia, misericordia e pace

«Il messaggio di Fatima è una pedagogia del cuore in tre parole: grazia, misericordia, pace».

«Maria invita ogni uomo a imitarla, cioè ad aprire il cuore a ogni altro, a lenire dolori e ferite, ad asciugare le lacrime»... 

Sono alcuni passaggi dell’intervento di padre Jorge Manuel Faria Guarda, vicario generale della diocesi portoghese di Leiria-Fatima, nonché direttore del settimanale diocesano, che ha parlato sul tema «In comunione con Fatima. Le apparizioni e il messaggio di Fatima» nell’incontro tenutosi nel santuario della Madonna di Altino. Padre Faria Guarda ha esordito con un excursus storico sull’epoca delle apparizioni, quando in Europa era in corso la sanguinosa Grande guerra e in Portogallo il governo aveva ammorbidito la lunga e feroce politica antiecclesiastica, che aveva visto asfissianti persecuzioni alla Chiesa, con vescovi incarcerati o espulsi, diocesi soppresse, proibizione delle processioni. «Protagonisti delle apparizioni furono tre pastorelli: Lucia, 10 anni, già considerata una leader dai coetanei, che vede, sente e parla con la Madonna; Giacinta, 7 anni, molto sensibile, che vede e sente ma non parla con Maria; Francesco, 9 anni, pacifico e insieme coraggioso, che vede soltanto. Le loro famiglie erano povere e vivevano di allevamento e agricoltura». 

I contenuti spirituali dei messaggi di Fatima sono stati sintetizzati cronologicamente in tre cicli. «Il primo ciclo, anticipo delle apparizioni mariane, è l’apparizione dell’angelo nel 1916 ai tre pastorelli, invitati a ben pregare e a ben adorare. Il secondo ciclo comprende le sei apparizioni iniziate il 13 maggio 1917, nelle quali Maria li invita a recitare il Rosario, promettendo grazia, misericordia e pace per la Chiesa, il Portogallo e il mondo. Sono anche apparizioni “politiche”, perché Maria parla della guerra in corso e della conversione della Russia con un messaggio spirituale e insieme profetico che appare un carisma per il futuro. Il terzo ciclo comprende le apparizioni di Maria a Lucia in diversi luoghi con messaggi, come la devozione dei cinque sabati». 

Il Padre ha aggiunto un possibile parallelo tra Fatima e Altino. «In entrambi i luoghi Maria prega, fa pregare e offre acqua che disseta corpo e spirito. A Fatima c’era la guerra, ad Altino c’era la sete. Nei due luoghi è stata costruita una cappelletta, poi diventata un santuario. E come in ogni apparizione nel mondo, Maria è madre di speranza e consolazione».

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letterina 20170730

Mamme apprensive

Non sono una persona particolarmente apprensiva. Non lo sono mai stata. Ho fatto sport d’ogni genere, mi sono lanciata in mille avventure, nulla mi spaventava. Poi sono diventata mamma. E un bel po’ sono cambiata. 

In realtà devo dire che me la cavo comunque abbastanza bene. Ho amiche che hanno messo ai loro figli il caschetto quando iniziavano a camminare per paura che sbattessero la testa, altre che appena il bimbo ha una linea di febbre lo blindano in casa, altre ancora che quando vanno al mare fanno indossare al figlio in contemporanea braccioli, salvagente e giubbottino galleggiante per star tranquille. 

Ecco, io a questo non arrivo. Ma ultimamente mi rendo conto che certe ansie sono davvero difficili da combattere. Mio figlio è uno scatenato. Corre come un pazzo, vuole esplorare i boschi da solo accompagnato dal suo fedele cagnolone, salta cinque gradini alla volta, si arrampica sugli alberi. Fermarlo è impossibile, ma nemmeno mi va di farlo ogni volta. Perchè è sperimentando che scopre i propri limiti, impara ad aver fiducia in se stesso, si mette in gioco. 

Così punto su una strategia che mi ha insegnato un’amica. “Conta fino a dieci e guardalo solo con la coda dell’occhio”. Beh, un po’ funziona. In quei dieci secondi in genere io evito di urlare inutilmente e lui ha già portato a termine la sua impresa con successo. Ovvio, non lo faccio sempre. Ma ho scoperto che il “lasciare andare” e il “lasciare fare” sono dimensioni che è giusto riscoprire con i propri figli. Se non provi a scivolare come fai a imparare a pattinare? Se non sei pronto al ginocchio sbucciato come scoprirai l’adrenalina di una corsa in bicicletta?

Sì, mio figlio è ammaccato. Ha gambe da far paura, tra lividi e punture di zanzare. Ma a lui piace la sua libertà. E anche a me.

Silvia Butera da: santalessandro.org

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