letterina 20180107

Gesù e Perù

Una maestra di una scuola primaria del Pordenonese fa cantare ai suoi alunni una canzoncina di Natale; qualcuno la canticchia anche a casa e i genitori, sorpresi, sentono che la canterellano dicendo «Perù» là dove la canzone dice «Gesù».
Peccato non ci siano, nella canzone, parole quali cuor, amor, o dolor, perché in tal caso ci sarebbe posto anche per l’Ecuador. La maestra ha sostituito Gesù con Perù per non offendere alunni di altre religioni, soprattutto musulmani. Ma questa insegnante ha dato un esempio oggi particolarmente pericoloso di rifiuto del dialogo e della diversità. Dialogo significa conoscenza reciproca e dunque conoscere l’identità — culturale, religiosa, politica... — dell’altro e far conoscere la propria, ovviamente senza alcuna supponenza aggressiva e senza fanatismo, con naturalezza e libertà, senza imbarazzo.
Conoscere e far conoscere è l’unico modo di incontrarsi, altrimenti si resterà nella spirale del rifiuto e del falso riguardo — è offensivo nei confronti degli islamici ritenere che possano sentirsi offesi da una canzone cristiana di Natale in un Paese di cultura cristiana, come sarebbe offensivo pensare che la preghiera del muezzin possa offendere il non musulmano che la sente.
Non si dimentichi che Gesù nell’Islam è venerato dopo Maometto e Abramo, e la tradizione dice che ritornerà sulla terra alla fine dei tempi e apparirà sul minareto bianco della grande moschea di Damasco, nell’epifania della conciliazione finale. Che ci sia pure un Islam forsennato e omicida è una ragione di più per non mostrare alcuna timidezza nei suoi riguardi.
La questione fa emergere anche ciò che già Tocqueville chiamava dittatura delle minoranze. Poco prima di Natale, un treno partito da Parigi e diretto a Milano è rimasto bloccato per alcune ore dalla neve. Le ferrovie francesi hanno provveduto a ristorare i viaggiatori intrappolati nel freddo, offrendo loro un pasto. Un pasto unicamente e soltanto vegano. Altra stupidaggine, incosciente generatrice di futuri rifiuti violenti. Sarebbe stato corretto offrire pasti vegani e pasti non vegani, perché i vegani non sono né inferiori né superiori agli altri nelle loro esigenze e preferenze e qualcuno desideroso, nel freddo, di carne non è meno degno di attenzione di chi mangia altri cibi, contribuendo anch’egli a distruggere esseri viventi, sia pure così piccoli da non poter suscitare l’attenzione e la compassione degli umani.
Sciocchezze, come il Perù sostituito a Gesù.
E noi a fare il presepio in mezzo alla chiesa per ricordare che il centro del Natale è Lui...e non il Perù.

 

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letterina 20171231

Giornata mondiale della pace 2018

Leggiamo l’inizio del messaggio di Papa Francesco per la 51ª Giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio 2018. Il messaggio ha per titolo: «Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace».
Clicca qui per leggerlo in versione integrale

Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale, è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace». Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.

Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.

Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento». Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.

 

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letterina 20171224

Se vuoi...

Io so che le mie figlie si sono un po’ allontanate dalla chiesa in questo periodo della loro vita. Ogni Domenica mattina però io le sveglio e dico a ognuna di loro:” Io vado a messa. Se vuoi venire, hai il tempo di prepararti anche tu.”

Poi io vado alla messa delle 10.30. Anche se loro non ci vengono.

E’ la testimonianza di un papà nel confronto a piccoli gruppi di Domenica scorsa, terza d’Avvento. Nel bibliodramma, infatti, abbiamo ripreso il Vangelo, con Giovanni Battista, testimone della luce. Ed è interessante che dalla domanda “Io chi sono?” si è arrivati, senza accorgersi, a parlare delle famiglie, dei figli, dei ragazzi della catechesi…Siamo andati fuori tema? Non penso proprio, perché alla fine, parlare della nostra identità è sentirci in relazione. Addirittura, ognuno di noi può dire “io” soltanto di fronte ad un “tu”. Se poi questo “tu” è la figlia, il marito, la moglie, il figlio, l’amico...allora sentiamo di essere proprio nel mezzo della vita e degli affetti.
Mi è molto piaciuto quello che fa questo papà e mi piacerebbe che ogni genitore cercasse il modo, il suo modo, di essere testimone anche verso i figli che “si sono un po’ allontanati”.  Anche, mi piace molto quel “se vuoi” perché ha molto a che fare con la pedagogia di un Dio che non impone, non obbliga, non fa ricatti e, se qualche volta l’abbiamo visto così o così ce l’hanno presentato, non è il Dio di Gesù.
“Se vuoi…” e si aprono strade.
“Se vuoi...” ed è appello alla libertà.
“Se vuoi…” e ci vorrà tempo, ma sarà il tempo della consapevolezza e della gratuità.
Come è vicino al modo di venirci incontro di Dio nel Natale!
Un bambino - Gesù Bambino - è questo “se vuoi...”
Buon Natale... se vuoi...

 

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letterina 20171217

Perché andare a Messa la domenica?

E’ la domanda da cui è partita la catechesi del mercoledì di papa Francesco
La celebrazione domenicale dell’Eucaristia è al centro della vita della Chiesa. Noi cristiani andiamo a Messa la domenica per incontrare il Signore risorto, o meglio per lasciarci incontrare da Lui, ascoltare la sua parola, nutrirci alla sua mensa, e così diventare Chiesa, ossia suo mistico Corpo vivente nel mondo. Lo hanno compreso, fin dalla prima ora, i discepoli di Gesù, i quali hanno celebrato l’incontro eucaristico con il Signore nel giorno della settimana che gli ebrei chiamavano “il primo della settimana” e i romani “giorno del sole”, perché in quel giorno Gesù era risorto dai morti ed era apparso ai discepoli, parlando con loro, mangiando con loro, donando loro lo Spirito Santo. Anche la grande effusione dello Spirito a Pentecoste avvenne di domenica, il cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di Gesù. Per queste ragioni, la domenica è un giorno santo per noi, santificato dalla celebrazione eucaristica, presenza viva del Signore tra noi e per noi.
E’ la Messa, dunque, che fa la domenica cristiana! La domenica cristiana gira intorno alla Messa. Che domenica è, per un cristiano, quella in cui manca l’incontro con il Signore?
Ci sono comunità cristiane che, purtroppo, non possono godere della Messa ogni domenica; anch’esse tuttavia, in questo santo giorno, sono chiamate a raccogliersi in preghiera nel nome del Signore, ascoltando la Parola di Dio e tenendo vivo il desiderio dell’Eucaristia.
Alcune società secolarizzate hanno smarrito il senso cristiano della domenica illuminata dall’Eucaristia. E’ peccato, questo! In questi contesti è necessario ravvivare questa consapevolezza, per recuperare il significato della festa, il significato della gioia, della comunità parrocchiale, della solidarietà, del riposo che ristora l’anima e il corpo... Senza Cristo siamo condannati ad essere dominati dalla stanchezza del quotidiano, con le sue preoccupazioni, e dalla paura del domani.
L’incontro domenicale con il Signore ci dà la forza di vivere l’oggi con fiducia e coraggio e di andare avanti con speranza... Cosa possiamo rispondere a chi dice che non serve andare a Messa, nemmeno la domenica, perché l’importante è vivere bene, amare il prossimo? E’ vero che la qualità della vita cristiana si misura dalla capacità di amare, come ha detto Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35); ma come possiamo praticare il Vangelo senza attingere l’energia necessaria per farlo, una domenica dopo l’altra, alla fonte inesauribile dell’Eucaristia? Non andiamo a Messa per dare qualcosa a Dio, ma per ricevere da Lui ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Lo ricorda la preghiera della Chiesa, che così si rivolge a Dio: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva.» (Messale Romano, Prefazio comune IV).

 

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letterina 20171210

“A Natale anche i muri mangino carne”

E’ bello e persino commovente vedere le nostre città e paesi rivestirsi di luci, perché dovrebbero raccontare ed esprimere l’esultanza e la letizia per il Natale del Figlio di Dio nella nostra carne mortale. L’Incarnazione del Signore, infatti, va celebrata con molta solennità! Niente e nessuno deve essere escluso da questa gioia.
San Francesco d’Assisi diceva che nel Natale del Signore, “anche i muri mangino carne, e se questo non fosse possibile, almeno ne siano spalmati all’esterno”. Egli voleva che in questo giorno i poveri ed i mendicanti fossero saziati dai ricchi, e che i buoi e gli asini ricevessero una razione di cibo e di fieno più abbondante del solito.
Se potrò parlare all’imperatore — diceva — lo supplicherò di emanare un editto generale, per cui tutti quelli che ne hanno possibilità, debbano spargere per le vie frumento e granaglie, affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne abbiano in abbondanza»” ( cfr. Vita Seconda di San Francesco d’Assisi).
Sappiamo bene, tuttavia, che questa ricorrenza è, nostro malgrado, assai strumentalizzata a fini esclusivamente commerciali così da snaturarla nel suo vero significato e ridurla a pura esteriorità: con superficialità abbiamo sostituito “il fine con i mezzi”, creando confusione e disorientamento. Se, infatti, dal Natale eliminiamo il protagonista principale, esso rimane completamente vuoto. In questo caso è, allora, lecito chiedersi che senso ha colorare a festa le vie e le piazze delle nostre città e perché si investa moltissimo in luci, addobbi, pranzi, regali e musiche. Pensiamo a un matrimonio: se da una festa di nozze (e il Natale è realmente la festa di nozze tra il cielo e la terra) non consideriamo più gli sposi, per quale motivo la celebriamo? Mentre ci apprestiamo ai consueti preparativi proviamo, allora, a lasciare risuonare nei nostri cuori questi interrogativi, ricordandoci che il Natale è esclusivamente a motivo di Cristo! Se non c’è Lui, non sussiste il Natale! Non esiste, perciò, il Natale laico e quello cristiano, perché il Natale o è a causa di Cristo o non è. Restituiamo, perciò, “il cuore” a questa ricorrenza celebrandola al meglio, senza... “badare a spese”, sull’esempio di quel “famoso” padre misericordioso che, per esprimere la gioia del ritorno a casa del proprio figlio minore, non esita ad ammazzare il vitello grasso, a mangiare e fare festa, allietato persino dall’orchestra del villaggio (cfr Lc 15).

 

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letterina 20171203

In viaggio nell’Avvento

È giunto il momento di destarsi, di alzarsi presto e mettersi in viaggio per non mancare all'incontro che speri e intuisci essere quello atteso da sempre. Viviamo in un mondo che ha fatto del viaggio uno dei suoi paradigmi: tutti siamo esperti di smartbox, di last minute, o di low cost, e non manca nel nostro repertorio il racconto di mete raggiunte prima degli altri, con mezzi e fatiche che ricordano imprese epiche. Eppure, la sensazione che si respira, è quella di una stanca mediocrità, appiattita al livello della moda del momento.
Una parola viene oggi lanciata nell'acqua stagnante della vita: "Vigila! Sveglia!"
È un invito a non lasciarci rubare il tempo prezioso dalla noia inquieta, descritta da san Paolo: "Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione" (2 Tes 3,11).
Svegli, non per il piacere di vivere da nottambuli, ma per affrontare il viaggio più affascinate della vita, quello dell'incontro con una Persona che arricchisce la vita e non ingolfa lo smartphone di inutili foto.
E’ stato così anche per alcuni uomini di tempi passati, che conoscevano senz'altro il sapore del viaggio, al punto di non ripetere nemmeno la strada di casa "per un 'altra strada fecero ritorno al loro paese" (Mt 2,12). Perché alla fine, il vero viaggiatore, è colui che resta sulla Via che profuma di Verità e attraversa la Vita (Cv 14,6), al punto da portarla per sempre nel cuore, "ha le tue vie nel suo cuore " (Sal 84,6) e si lascia "appartenere alla Via " (At 9,2). Perché questo scopri, meravigliato, nel tempo di Avvento: non sei tu a viaggiare e poi raccontare avventure infinite. E’ l'Atteso che viaggia per te e non si stanca di ripetere Parole " antiche e sempre nuove" (Mt 13,52). "L'uomo che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, non v'è dubbio che sia Cristo. ( ... ) Veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza". (San Beda il Venerabile, dall'esposizione sul Vangelo di Marco)

 

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