letterina 20151121

Dio glielo dirà...

Vasari

Ci sono la tv e i social media, ci sono le chiacchiere da bar, i racconti, ma soprattutto i discorsi di quei grandi di cui hanno fiducia. Quelli che hanno visto piangere in televisione, quelli che li hanno così colpiti. «Si piange quando si è tristi» spiega una maestra, spiega la mamma dalla cucina. Si piange perché il dolore è troppo forte. «Si piange anche dalla paura» risponde un bambino.
Hanno otto anni questi ragazzi composti sui loro banchi, con l’insegnante che ha preparato la lezione. «Perché bisogna dire la verità, spiegare i fatti, raccontarsi senza troppe edulcorazioni quanto capita in un mondo che non ha più confini definiti» spiega.
Avere quindi il coraggio, in una società come la nostra dove si tende a proteggere sempre e comunque i bambini dalla sofferenza. Raccontare però è anche una grande responsabilità ed è vero quanto dicono alcuni sociologi in questi giorni: le nostre nuove generazioni sono poco abituate al concetto di tragedia. Bambini al riparo dal dolore? «Io li proteggo dal male» dice una mamma fuori da scuola. Ma siamo sicuri di poterci riuscire? Loro, i più piccoli, arrivano a scuola pieni di storie da raccontare. Dei soldati «con i mitra per le strade, come quelli dei videogiochi delle guerre», con frasi che non sanno bene spiegare ma che hanno sentito dal papà: «Il terrorismo lo abbiamo da anni sotto il naso», «ormai è scoppiata la terza guerra mondiale». Bambini che prima di questi giorni non conoscevano la parola Islam, che faticano – giustamente – a capire come si possa uccidere in nome di Dio. Bambini che sanno rielaborare con la semplicità che svela grandi cuori. Come le frasi scritte a scuola, ieri, in una classe che si ferma a pensare, a cercare le parole: “Sono delusa da chi mi sta dimostrando che non apprezza la vita: ogni essere umano è un gioiello da custodire”. E poi: «Sono fortunato ad essere un bambino, i grandi non possono più fare nulla, mentre noi piccoli possiamo ancora fare qualcosa»; «Dico agli adulti, ai genitori: abbiate coraggio».
Infine una domanda: «Ma il loro Dio è il nostro?» si chiede una ragazzina. «Dio è quello buono che noi preghiamo, quello che ci ascolta dal cielo» dice allora un altro bambino. E i compagni citano Papa Francesco, perché lo conoscono, lo vedono in tv, riconoscono la sua voce e quel modo di parlare semplice che lo rende ancora più vicino al mondo dei piccoli: «Il Papa ha detto che non si può parlare di Dio per uccidere delle persone» spiega una bambina di 6 anni, prima elementare. Poi c’è il fratello, che risponde così senza fare una piega: «Vedrete che dal cielo, il loro Dio che è buono come il nostro, glielo dirà che stanno facendo del male ai bambini».

 

    Scarica qui la Lette...Rina

    In cammino per... Avvento 2015

   Ascolta le Omelie della Domenica